«Le paghe degli infermieri sono basse. E uno su tre viene aggredito»

LA GIORNATA INTERNAZIONALE. In Bergamasca ne mancano mille. Solitro: «Carriere non valorizzate». Mazzoleni: «Serve nuovo modello». Cesa: «Si investa di più sul territorio».

La quotidianità dell’infermiere intreccia sentimenti diversi: c’è l’onda lunga della pandemia, di tre anni di emergenza, e un presente fatto di «recupero» ma anche di situazioni critiche, tra carenze d’organico, aggressioni, la ricerca di una nuova attrattività professionale; è anche un giorno di festa, perché venerdì 12 maggio è la Giornata internazionale dell’infermiere. «La professione attraversa un momento difficile - ricorda Gianluca Solitro, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche di Bergamo -: usciamo dalla pandemia con stanchezza, ma anche con l’impegno per rilanciarla». Sono 7mila gli infermieri bergamaschi, ma ne servirebbero mille in più.

Ma come si può rilanciare la professione? «Consentendo adeguati percorsi di carriera – ragiona Solitro - e risolvendo la questione è economica: la retribuzione media è attorno ai 1.500 euro netti al mese, tra le più basse in Europa». Di «difficoltà e affaticamento» parla anche Beatrice Mazzoleni, segretaria nazionale della Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche. Nei mesi scorsi, una ricerca nazionale della Fnopi ha indicato che un infermiere su tre è stato vittima di aggressioni fisiche o verbali nell’anno precedente. «I pronto soccorso sono i luoghi dove queste tensioni si manifestano maggiormente, ma accade in quasi tutte le realtà assistenziali – prosegue Mazzoleni -. Serve un nuovo modello per decomprimere le realtà intasate». «La pandemia ha aperto un focus sulle professioni sanitarie, e gli infermieri hanno un ruolo centrale nelle strutture previste dal Pnrr. Bisogna investire sul territorio», riflette Simonetta Cesa, direttore sociosanitario dell’Asst Papa Giovanni.

Approfondisci l'argomento su L'Eco di Bergamo di venerdì 12 maggio 2023

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