
Cronaca / Bergamo Città
Martedì 22 Aprile 2025
Le «carezze» di Francesco durante la pandemia di Covid
L’ATTENZIONE DEL PAPA. Il gesto di cura nel solco di San Giovanni XXIII. Le chiamate al Vescovo di Bergamo e al direttore de «L’Eco» nel 2020.
Il 17 marzo 2020, quando a Bergamo le strade sono deserte per il lockdown e risuonano solo le sirene delle ambulanze che portano i malati più gravi di coronavirus negli ospedali della provincia, il Vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi si reca a Sotto il Monte per affidare a Papa Giovanni XXIII, il Pontefice bergamasco, i malati di Covid e le loro famiglie, ma anche i medici, gli infermieri e il personale ausiliario impegnati nelle cure dei pazienti a casa o nelle corsie degli istituti di cura.
La telefonata-carezza del Papa a Francesco Beschi
Il giorno dopo in episcopio, nella tarda mattinata del 18 marzo 2020 , giunge una telefonata che risuona come una « carezza », quasi a ricordare il gesto che concludeva il celebre «Discorso alla luna» pronunciato da Papa Roncalli nella giornata di apertura del Concilio, la sera dell’11 ottobre 1962. Questa volta a dispensare un gesto di tenerezza e affetto è la voce
di Papa Francesco. A ricevere la telefonata, e poi a farsene portavoce a tutta la Diocesi, è proprio il Vescovo di Bergamo. «Il Santo Padre – racconterà commosso monsignor Beschi – è stato molto affettuoso manifestando la sua paterna vicinanza, a me, ai sacerdoti, ai malati, a coloro che li curano e a tutta la nostra Comunità. Ha voluto chiedere dettagli sulla situazione che Bergamo sta vivendo, sulla quale era molto informato. È rimasto molto colpito dalla sofferenza per i moltissimi defunti e per il distacco che le famiglie sono costrette a vivere in modo così doloroso. Mi ha pregato di portare a tutti e a ciascuno la sua benedizione confortatrice e portatrice di grazia, di luce e di forza. In modo particolare, mi ha chiesto di far giungere la sua vicinanza ai malati e a tutti coloro che in diverso modo stanno prodigandosi in modo eroico per il bene degli altri: medici, infermieri, autorità civili e sanitarie, forze dell’ordine».
«Un sentimento di profondo compiacimento lo ha espresso verso i nostri sacerdoti – ricordava ancora il Vescovo di Bergamo –, colpito dal numero dei morti e dei ricoverati, ma anche impressionato in positivo dalla fantasia pastorale con cui è stata inventata ogni forma possibile di vicinanza alle famiglie, agli anziani e ai bambini, segno della vicinanza stessa di Dio. Papa Francesco ha promesso che ci porta nel suo cuore e nelle sue preghiere quotidiane. Questo suo gesto così delicato di premura e la sua benedizione di padre è stata una eco, una continuazione, una realizzazione concreta per me, e sono convinto per l’intera diocesi e per ciascuno di noi, di quella carezza del nostro santo Giovanni XXIII che abbiamo invocato nella supplica e che la natura coi primi germogli di primavera ci sta riconsegnando».
La chiamata a L’Eco del 14 aprile
Proprio il 18 marzo, in serata, i bergamaschi affrontano forse la giornata più dura dall’inizio della pandemia: quella del trasferimento dei morti per Covid dal cimitero di Bergamo in altri cimiteri italiani, per essere cremati. Le immagini di quel momento – i feretri trasportati dai camion dell’esercito – fanno il giro del mondo, fissando nella memoria di ciascuno di noi la tragicità della pandemia. Non a caso la Giornata nazionale delle vittime del Covid viene celebrata proprio il 18 marzo.
Papa Francesco però non rinuncia a infondere speranza e preghiere e il 14 aprile chiama la redazione de «L’Eco di Bergamo» per ringraziare il giornale per «la grande opera di carità che state facendo nel ricordare quotidianamente le vittime del coronavirus». La telefonata
arriva sul far della sera, una manciata di minuti dopo le 18.30, al direttore Alberto Ceresoli. «Arrivava da un numero sconosciuto – ricorderà proprio Ceresoli -. Sono stato tentato di non rispondere, ma sono state molte le telefonate di colleghi di mezzo mondo che volevano parlare con il giornale e non mi sembrava corretto lasciare qualcuno di loro senza risposta. Così rispondo: “Sono il Papa” mi sento dire. In effetti la voce era proprio la sua, ma deve essermi uscito un “Santità?” talmente sorpreso che il Papa sgombra subito il campo con la sua consueta bonomia: “Si, si, sono il Papa. Ogni volta che chiamo qualcuno al telefono pensano tutti a uno scherzo, ma sono io davvero”». E la «carezza» arriva subito, carica di commozione e di compartecipazione al dolore di tutta la terra bergamasca.
Il «grazie» del Pontefice
«Io vorrei ringraziare voi – dice subito Papa Francesco – per il ricordo che fate tutti i giorni dei defunti e per il vostro prezioso lavoro. Dare i nomi alla gente che muore e raccontare le loro storie è un’opera di carità molto grande per la quale vi ringrazio davvero tanto». Nel breve scambio di battute, emerge «il dramma nel dramma», il fatto cioè che spessissimo chi ha perso la vita a causa del coronavirus, l’ha fatto in totale solitudine, senza nessuno degli affetti più cari che potesse tener loro la mano all’esalare dell’ultimo respiro, senza nessuno in commosso raccoglimento dietro il feretro lungo i viali dei cimiteri. «Sì, è molto triste – commenta il Papa – e credo che questo renda ancora più difficile il vostro lavoro, ma credo anche lo impreziosisca ancor di più. E proprio per questo torno a ringraziare lei, e attraverso di lei, tutto il giornale, per la grande, grande opera di carità che fate tutti i giorni».
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