«Lavoratori della logistica, paghe ferme da 7 anni e a casa da un giorno all’altro»

L’INCHIESTA . Costelli (Cgil) racconta alcuni casi di lavoratori impiegati in cooperative per conto di aziende logistiche. «Solo 2 su 10 fanno causa». Approfondimento e testimonianze su L’Eco di Bergamo del 4 luglio.

«Ufficialmente si chiama intermediazione di manodopera, ma in realtà si tratta di caporalato vero e proprio. I lavoratori delle logistiche vengono in realtà assunti da società cooperative o anche Srl e fatti lavorare o lasciati a casa senza stipendi in base alle necessità del committente, che ne esce, diciamo così, pulito. Il tutto in una logica di estremo ribasso, di cui beneficia, sia chiaro, anche l’utente finale, il cittadino che poi va a fare la spesa al supermercato e vuole pagare di meno. Le cause vengono fatte, è chiaro, ma durano anni e su dieci lavoratori sono due quelli che chiamano a giudizio la coop che li aveva presi e lasciati a casa».

Non usa mezzi termini Pierluigi Costelli, della Filt-Cgil di Bergamo, per raccontare come, di fatto, anche il mondo dei trasporti e della logistica della Bergamasca – settore che ha registrato una vera esplosione negli ultimi anni nella nostra provincia – celi dietro l’apparenza di una forma contrattuale regolare aspetti che lasciano quantomeno a desiderare: «Paghe basse, sottomansionamenti e la necessità di essere sempre disponibile – aggiunge –: e chi ne ha colpa? Le stesse coop o srl che gestiscono i lavoratori si trovano tra l’incudine e il martello. Hanno magari assunto a tempo determinato tot lavoratori pensando poi di occuparli in centri logistici e poi si trovano a doverli lasciare a casa perché la committenza ha periodi di lavoro alterni. A quel punto il lavoro cessa e si resta a casa senza stipendio. Sono metodi non illegali, ma al limite della legalità e sulla testa della gente. Contratti subordinati che poi vengono fatti cessare con trasferimenti a 150 chilometri di distanza da un giorno con l’altro: o vai o sei a casa. È una scelta questa?».

Paghe basse

Anche le paghe sono basse: «Alcuni consorzi pagano in base a tabelle di 7 anni fa – aggiunge Costelli –: questo consente alle società logistiche di crearsi un larghissimo margine. Sanno che un giorno forse dovranno rimborsare qualcuno, ma nel frattempo, per anni, vanno avanti a crearsi un solido margine. Non a caso a noi si rivolge soltanto chi ha già trovato un altro lavoro sicuro: mai più un lavoratore assunto da una coop inizia a fare casino dopo qualche mese o qualche anno perché verrebbe spostato qua e là in continuazione». Va detto, a onor del vero, che non tutte le grosse realtà che operano nel settore della logistica agiscono così: c’è chi assume manodopera tramite agenzie. «Purtroppo, però, il fenomeno è diffusissimo – prosegue il sindacalista –: con alcune realtà siamo dovuti arrivare, dopo anni, a pignoramenti sui conti correnti delle logistiche, ma i tempi, come detto, sono davvero lunghissimi e intanto a metterci la faccia e lasciare a casa i lavoratori sono i capi delle cooperative o delle srl che li avevano assunti. È successo settimana scorsa: una cooperativa ha dovuto lasciare a casa una trentina di persone perché la committenza aveva rescisso il contratto visto il periodo di lavoro in calo. La cassa integrazione non viene chiesta praticamente mai, proprio perché poi per 6 mesi non potrebbero più assumere. Ci si comporta in modo da assecondare le necessità di questi colossi che, alla bisogna, pretendono di avere tot lavoratori».

«Numeri difficili dal calcolare»

Un sistema comunque rodato: «Gli appalti e i contratti ci sono, ma è chiaro che la logica è la stessa che muove il caporalato in altre realtà come l’edilizia o l’agricoltura. Il rapporto di lavoro è in qualche maniera regolare. Il costo di questa flessibilità viene fatto ricadere dalle società logistiche su aziende terze, che sono quelle che assumono, anche con contratti a tempo determinato, le persone, salvo poi lasciarle a casa in base alle necessità della committenza che richiede un servizio completo e tempestivo, pagandolo il meno possibile e liberandosene quando il lavoro diminuisce. Per questo i veri numeri di chi lavora nel settore della logistica in provincia di Bergamo sono in realtà molto difficili da calcolare: si parla comunque di migliaia di persone, chiamate a lavorare o lasciare a casa a seconda delle necessità, in condizioni di ribasso assoluto».

Approfondisci l'argomento sulla copia digitale de L'Eco di Bergamo del 4 luglio.

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