L’appello: «Tenere puliti i boschi è l’antidoto alle frane»

CLIMA E TERRITORIO. L’abbandono dei pascoli tra le cause dei dissesti, Mazzoleni (Uncem): «Diamo facoltà ai Comuni di gestire i prati privati».

Che il territorio di montagna sia sempre più fragile di fronte agli eventi meteorici straordinari appare ormai chiaro, ma altrettanto evidente sta diventando, sempre di più, in montagna l’abbandono dei pascoli. «Ci sono terreni che non si sa più nemmeno di chi siano», commenta Marco Bussone, presidente nazionale di Uncem, che di recente ha affrontato il tema al G7 dell’Agricoltura di Ortigia.

Lo scenario delineato da Uncem di fronte agli assessori regionali all’Agricoltura di tutta Italia è quello di una montagna che perde pascoli e ha sempre più foreste non gestite e i cui versanti si dimostrano quindi sempre più fragili. «La gestione attiva delle foreste è il principale antidoto alle frane: qualcuno pensa che far crescere le foreste, lasciando il territorio non antropizzato, sia positivo, ma esso diventa invece un fattore di crisi», dice Bussone, che sottolinea come «servirebbero delle iniziative strutturali: non è solo una questione di risorse, ma innanzitutto di approccio culturale».

«Ci sono purtroppo particelle di prati e boschi di cui ormai non si conosce nemmeno il proprietario»

Tra i principali problemi – forse il primo in assoluto – che ostacolano una cura attiva del territorio c’è la frammentazione delle proprietà fondiarie: al passaggio di poche generazioni, nella trasmissione ereditaria le proprietà si frammentano e spesso finiscono a persone che non sono interessate a quei beni. «In Italia non c’è mai stato un piano di ricomposizione fondiaria: la parcellizzazione impedisce l’utilizzo, ci sono purtroppo particelle di prati e boschi di cui ormai non si conosce nemmeno il proprietario».

Le possibili soluzioni

Alcuni casi rasentano l’assurdo: «Capita che, dove i terreni hanno poco valore, costi di più l’atto notarile per il passaggio di proprietà rispetto al valore dell’appezzamento in sé». Per questo Uncem ha avanzato una proposta già in passato: «Abbiamo chiesto che nei piccoli Comuni di montagna i passaggi di proprietà si possano fare semplicemente davanti al segretario comunale, senza andare dal notaio per il rogito, che comporta costi molto elevati. Abbiamo lavorato anche alla proposta delle associazioni fondiarie come antidoto alla frammentazione: se i proprietari si mettono insieme, possono poi assegnare la gestione di un fondo di grandi dimensioni a una o più aziende».

L’importanza degli alpeggi

Tra le attività che tengono viva e curata la montagna ci sono gli alpeggi: secondo i dati di Coldiretti, oggi in Lombardia sono circa 660, di cui 125 in provincia di Bergamo: nella metà dei casi le strutture svolgono anche la vendita diretta dei prodotti in malga. I numeri negli ultimi anni sarebbero rimasti stabili e confermerebbero un interesse turistico verso le attività degli alpeggiatori.

«Tanti terreni sono di proprietà privata, ma quando le generazioni cambiano, i proprietari aumentano ma spesso si disinteressano»

Parla di una «somma di problemi» dietro il fenomeno dell’abbandono dei pascoli il consigliere regionale Alberto Mazzoleni, della giunta nazionale di Uncem, anch’egli presente nei giorni scorsi al G7. Tra le proposte per il superamento della frammentazione fondiaria, Mazzoleni avanza anche l’idea che i Comuni possano intervenire sulla gestione dei terreni, anche se non di loro proprietà, laddove necessario: «Tanti terreni sono di proprietà privata, ma quando le generazioni cambiano, i proprietari aumentano ma spesso si disinteressano: nel caso conclamato di impossibilità dell’utilizzo di un pascolo da parte dei proprietari, i Comuni dovrebbero poter intervenire per darlo in gestione».

La burocrazia non aiuta

Mazzoleni sottolinea anche come la burocrazia spesso non aiuti nella gestione: «Nella precedente Politica agricola comune era prevista, per i bandi di assegnazione dei pascoli pubblici, la possibilità di utilizzare in montagna i crediti maturati in pianura: questo portava molti agricoltori di pianura in montagna e faceva alzare i prezzi di affitto che le amministrazioni potevano chiedere. Di conseguenza gli agricoltori di montagna, che non godevano di questi benefici, non riuscivano a reggere. Il risultato è stato che i pascoli di montagna venivano presi in gestione per un periodo dagli agricoltori di pianura, ma poi abbandonati. Giustamente, però, questa dinamica è già stata superata nella nuova Pac».

Sul tema delle fragilità del territorio nei giorni scorsi era intervenuta anche Coldiretti: il presidente Gabriele Borella aveva evidenziato che «se vogliamo bene al nostro territorio dobbiamo mettere gli agricoltori nella condizione di poter restare in montagna e un reddito adeguato perché con il loro lavoro svolgono una funzione di presidio fondamentale».

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