Cronaca / Bergamo Città
Domenica 03 Novembre 2024
La testimonianza da Valencia: «Qui vedo un paesaggio apocalittico»
IL DISASTRO. Jacopo Villa, 25 anni, da 7 vive a Valencia ed è fra i volontari che spalano il fango: «Tocco con mano la sofferenza delle persone». Lilia Parmigiani ha lasciato da poco la città spagnola e promosso una raccolta fondi.
L’angoscia di avere visto la morte intorno. Il dolore soffocato nel respiro per avere perso tutto. La desolazione della devastazione. Il silenzio delle vite ancora sepolte sotto il fango e le macerie. I racconti di chi ha visto il disastro di Valencia sono intrisi di questo, un’umanità smarrita e travolta dalla natura.
La «Dana», il fenomeno metereologico che martedì ha messo in ginocchio i paesini, i «pueblitos» nei dintorni di Valencia causando almeno 211 morti, è una «catastrofe inimmaginabile» dice Jacopo. Ha visto in faccia la distruzione di Alfafar, uno dei comuni più colpiti dall’alluvione dove venerdì è andato come volontario per spalare il fango. È uno delle centinaia di cittadini che in questi giorni ha marciato per chilometri a piedi per portare aiuto alla popolazione.
Un disastro di dimensioni enormi
«È impressionante, un disastro naturale di dimensioni enormi. I paesini sono devastati, ma finché non ci vai non puoi immaginare l’estensione e la gravità della situazione. Sono chilometri e chilometri di intere vie piene di macchine accatastate. Ci sono camion aperti, spezzati a metà. Il paesaggio è post apocalittico». Le immagini viste attraverso i social non rendono l’idea. E il dramma maggiore è toccare con mano la sofferenza delle persone. «Ho aiutato a spalare e a liberare le abitazioni. Abbiamo ammucchiato montagne di fango su altro fango. Ho parlato con tanti residenti di Alfafar, sono in mezzo alla strada, senza acqua, senza luce, hanno perso tutto». Jacopo Villa ha 25 anni e da 7 vive in città a Valencia, dove si è trasferito da Bergamo per studiare e lavorare come dentista. Alfafar si trova a 15 chilometri dal centro di Valencia che, fortunatamente, non è stato colpito dall’alluvione. Una distanza brevissima che alimenta il terrore. «Sono rimasto sconvolto dalla differenza che c’è tra dove sono io e Alfafar. Una differenza abissale. Qui, dove il centro non è stato toccato, dalla finestra si vede un posto paradisiaco, a soli dieci minuti di macchina invece quello che è successo ad Alfafar. È la stessa distanza che c’è tra Bergamo e Torre Boldone».
«La rapidità dell’acqua è stata tale che si vedeva il livello alzarsi ma non si riusciva ad aprire in tempo la portiera per uscire»
In 20 minuti l’allerta è passata da «amarilla» (gialla) a rossa, se non nera. «In 8 ore è caduta l’acqua di un anno: 500 litri per metro quadrato». Una quantità senza precedenti resa bene dalle immagini: «I segni dell’acqua in strada arrivavano a 20 centimetri sopra la mia testa. Io sono alto 1 metro e 80».
Le storie cariche di dolore
Le storie che ha ascoltato sono cariche di dolore, tra cui quelle della sua ex fidanzata. «Mi ha raccontato situazioni surreali di amici bloccati nelle macchine. La rapidità dell’acqua è stata tale che si vedeva il livello alzarsi ma non si riusciva ad aprire in tempo la portiera per uscire. Alcune persone hanno visto i cadaveri spuntare dall’acqua. Il cugino della mia ex usciva dalla palestra e aveva l’acqua alle caviglie, il tempo di arrivare a casa e l’aveva al collo. È dovuto salire sul tetto di una macchina per aggrapparsi a un palo. Una donna non ce l’ha fatta».
Il rischio sanitario
Jacopo ha passato le ore in mezzo al fango, pur di dare una mano, in condizioni sanitarie rischiose e che ora sono da monitorare. «Avevamo il fango ovunque, ma il problema è che non era solo di fango, è un’acqua stagnante carica di qualunque cosa: scarichi delle fognature, carcasse di animali. Diverse persone stanno riscontrando infezioni». La situazione è talmente critica che diventa difficile anche proteggersi: «Se anche volessi comprare mascherine e stivali non è possibile. È tutto finito al momento». Gli ospedali, racconta, sono pieni e per fare fronte all’emergenza si stanno aprendo hub temporanei per il soccorso medico con personale sanitario esterno.
La solidarietà a Valencia
Nonostante i rischi per la salute, era impossibile non rispondere al richiamo della solidarietà. «I paesini qui intorno si stanno mobilitando. Ho visto gente di ogni età camminare con me per venire ad aiutare: anziani, bambini, donne, uomini. È bello vedere che tutti stanno dando una mano». E così ha fatto anche lui. «Per me Valencia è la città più bella del mondo - aggiunge -. È la città che mi ha dato tutto». I valenciani stanno rialzando la testa nonostante la solitudine. I ritardi da parte del Governo nell’invio dei mezzi dell’esercito per il soccorso hanno provocato la rabbia della popolazione. Una comunità che resiste da sé, rimboccandosi le maniche e uniti nel motto «Sols el poble salva al poble», cioè «Solo il popolo salva il popolo». Servono aiuti umanitari - acqua, beni di prima necessità, coperte -. Servono finanziamenti. Servono mezzi pesanti come ruspe, gru ed elicotteri per tirare fuori dal pantano le auto e le persone ancora intrappolate. «Bisogna che l’Europa e ogni Paese europeo diano una mano» dice Jacopo.
La raccolta fondi
I bergamaschi a Valencia e non solo si stanno organizzando per dare sostegno. Lilia Parmigiani, 29 anni, è un’imprenditrice a Dubai ma ha studiato e vissuto nella città spagnola per 5 anni, dove ha lasciato amici da cui riceve costantemente notizie terribili. «Un’amica che vive a Picanya mi ha mandato il video del tornado che le ha distrutto la casa, con il frigorifero che fluttuava sul terrazzo. I ponti di cemento sono stati distrutti dalla potenza dell’acqua. Un’altra amica - aggiunge - ha perso suo zio. È rimasto intrappolato in macchina» dice. Le raccolte fondi aperte in questi giorni sono tantissime. Anche Lilia, insieme a un’amica, ha lanciato «People in Valencia need your help», una campagna di fundraising su GoFundMe. «Valencia è casa mia. Dovevo, dobbiamo, fare qualcosa» conclude Lilia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA