La ripresa ha bisogno
del metodo Morandi

I 400 miliardi del «Cura Italia» sembrano tanti, e il sotteso ulteriore debito è già approvato dall’Europa. Ma non sono soldi cash come si fa credere, si tratta solo di una maxi garanzia per le banche ed è legittimo chiedersi se funzionerà alla prova burocratica. I miliardi «veri» sono meno di una decina e un moltiplicatore 20 è tutto da verificare. Salvo forse i 25 mila euro per le piccole aziende, le condizioni sono tante e alcune come la cogestione con i sindacati, spaventano le imprese. Ma cosa possiamo aspettarci da un decreto di 72 pagine e 127 articoli, incomprensibile anche per gli specialisti?

Il tutto, con una parte della classe politica che si offende, pensate un pò, perché i prestiti debbono essere restituiti (!). E comunque un conto sono i paracadute e un conto sono le azioni propulsive. Un conto evitare di sfracellarsi e un conto rialzarsi. Sarebbe invece bene pensarci già ora.

La strada principale resta la capacità pubblica di restituire e regolare, ma rilanciare, la naturale forza del mercato, cioè il ritorno di un elastico che faccia da molla per il rimbalzo indispensabile. L’altro pilastro è rappresentato dagli investimenti: circa 100 miliardi «veri» sono già in cassa, da spendere subito, dando lavoro e facendo girare l’economia dei consumi, dei salari, della vitalità di famiglie e imprese. Dobbiamo metterli in circuito senza formalismi e rinvii, accantonando le litanie sui controlli, sui rischi ambientali, sulle resistenze localistiche. E non c’entra solo la burocrazia, troppo comodo. Le scelte sono sempre politiche e stavolta devono essere liberatorie. Si pensi al codice degli appalti, capolavoro bizantino da cancellare il giorno dopo il suo varo e invece rinnovato mettendo in campo qualcosa di ancor più complicato. Oggi da abrogare, sospendere, limitare. Si scandalizzino pure le anime belle.

Non è più tempo di tergiversare, e il metodo buono è sotto gli occhi di tutti. Si chiama metodo-Morandi, l’unico cantiere importante oggi aperto in Italia, che presto ci darà la sola bella notizia di questo disgraziato 2020: la riapertura del viadotto crollato due anni fa. Se non si fosse affidato tutto ad un Commissario vicino al territorio, saremmo ancora qui a trastullarci nella scelta tra il progetto di Renzo Piano e quello di qualche formalista capace di farsi ascoltare al Tar.

Metodo Morandi significa il coraggio di prendersi le responsabilità, e fare in fretta e bene, con i decisori giusti, le imprese giuste, le maestranze giuste. Poi l’infiltrazione mafiosa magari c’è (è accaduto anche a Genova), ma allora basta reprimere con la stessa velocità, perché la lentezza e i decreti da 127 articoli facilitano la corruzione. Si tornerà ai bei tempi dei triplici controlli. Vorrà dire che potremo permettercelo. Oggi, no. È mai possibile che per approvare una grande opera non bastino 20 anni? E quand’anche si arrivi ad un progetto mettendolo a gara, si debba poi ricominciare tutto da capo? Per piccole opere di interesse regionale – una volta esaminati per anni tutti i dettagli – perché si deve passare alla fine per Roma, ministero dell’Ambiente, per rivedere tutto, con la certezza che occorre almeno un altro paio di anni di verifiche? Parliamo di centinaia di milioni pronti da spendere per la ripresa, che ricadrebbero tutti su un territorio.

Quante pizzerie, quanti negozi, quanti studi professionali sarebbero coinvolti dalla macchia d’olio del lavoro vero? Per salvarli dalla strage, devono avere clienti! Si è salutato di recente con entusiasmo la notizia che le verifiche per realizzare la Trescore-Entratico sono state positive, sottolineando che le modalità indicate otto anni fa – otto anni fa – erano giuste. Una notizia del genere dovrebbe provocare scandalo, non soddisfazione. Cosa è successo in otto anni? Chi li ha fatti trascorrere? Se non si esce da queste contraddizioni, anche 400 miliardi non servono… Il fatto è che l’Italia procede a strati, che si sovrappongono gli uni agli altri. Un arresto per tangenti provoca quasi mai una condanna, ma di sicuro si scrivono due pagine di decreto in più, una circolare più stringente, un nuovo comma del codice. Cambiamo metodo, o non si rinasce.

© RIPRODUZIONE RISERVATA