La riforma della legittima difesa
«In quattro anni solo quattro processi»

Dal 2015 al 2018 le sentenze si contano sulle dita di una mano. Gli avvocati della camera penale di Bergamo: «Non c’è emergenza: una legge manifesto».

Quattro sentenze in quattro anni, dal 2015 al 2018. Sono i numeri della legittima difesa a Bergamo, o meglio, delle sentenze emesse in via Borfuro chiamando in causa la cosiddetta «scriminante» di cui all’articolo 52 del Codice penale, oggetto della riforma approvata mercoledì alla Camera (il 26 marzo è atteso il sì definitivo al Senato). Numeri davvero bassi, se si pensa che solo nell’ultimo anno giudiziario (2017/2018) i procedimenti penali definiti a dibattimento sono stati 3.201 (il dato schizza a oltre 15 mila se si considerano anche i fascicoli definiti dall’ufficio gip/gup).

Venendo ai casi concreti, la «legittima difesa» è stata invocata e applicata nel 2015 per assolvere un imputato accusato di lesioni aggravate, mai nel 2016 e 2017, mentre è stata utilizzata tre volte nel 2018 per assolvere altrettanti imputati in un processo per rissa e in altri due per lesioni aggravate. Episodi minori, mai balzati all’attenzione delle cronache. Bisogna andare indietro di alcuni anni per ricordare fatti che hanno destato scalpore: quello di Antonio Monella, condannato per aver sparato a un giovane albanese che gli stava rubando l’auto nel cortile di casa nel 2006 ad Arzago (graziato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 2015) e quello di Angelo Cerioli, commerciante di Caravaggio finito a giudizio e poi assolto per l’uccisione di un romeno che, nel 2012, insieme ad alcuni complici tentava un colpo, l’ennesimo, nella sua proprietà.

Nonostante i casi di legittima difesa siano numericamente pochi (mentre restano senz’altro troppi i furti in casa) alla riforma a trazione leghista il governo ha dato priorità assoluta. La riforma amplia i confini della legittima difesa introducendo alcune novità. Primo: in caso di violazione di domicilio sussiste «sempre» il rapporto di proporzione tra difesa e offesa subita. Secondo: agisce sempre in legittima difesa anche chi «compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi». Terzo: viene esclusa la punibilità per eccesso colposo di legittima difesa se chi ha commesso il fatto «ha agito in stato di grave turbamento».

La riforma ha diviso la politica: ha ricompattato il centrodestra (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia), è stata «digerita» dai grillini e apertamente avversata dal centrosinistra come una «resa dello Stato» o una privatizzazione della giustizia. E i «tecnici», che in caso di approvazione definitiva, dovranno applicare le nuove regole, come hanno accolto le modifche al Codice?

«Ci troviamo di fronte a una riforma inutile e ingannevole – dichiara l’avvocato Riccardo Tropea, presidente della Camera penale di Bergamo, sezione della Camera penale della Lombardia orientale –. Inutile perché si propone di fronteggiare un’emergenza che tale non è: le situazioni concrete in cui si dibatte di legittima difesa sono oggettivamente pochissime. Si tratta di una legge manifesto. E ingannevole perché, al contrario di quanto sembra prospettato, non sarà in alcun modo possibile evitare l’apertura di un’indagine nei confronti di un cittadino che spara a un ladro. La legittima difesa agisce come scriminante rispetto a una condotta illecita, ma dovrà esserci sempre il vaglio della magistratura per verificare se ricorrano o meno le circostanze per poterla applicare».

Quanto alle toghe, l’Associazione nazionale magistrati era stata netta già nel corso dell’audizione in commissione Giustizia alla Camera: «Sulla legittima difesa è nota la nostra valutazione critica, essendo un istituto già sufficientemente regolamentato – dichiarava il presidente dell’Anm, Francesco Minsci – ogni intervento rischia di comportare distorsioni che potrebbero fare più danni di quelli che, invece, vorrebbero evitare».

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