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(Foto di Colleoni)
IN CATTEDRALE. Il Cardinale Parolin ha presieduto l’ordinazione episcopale di monsignor Bravi: «Sia artefice di dialogo per risolvere i conflitti». La preghiera per la salute di Papa Francesco.
È in un gesto semplice che si compie l’ordinazione episcopale di monsignor Maurizio Bravi. È nell’abbraccio di pace ricambiato tra i Vescovi, che il silenzio si scioglie in un applauso. La celebrazione è solenne: c’è il rito dell’imposizione delle mani del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, mentre monsignor Bravi è inginocchiato, la consegna dell’anello, della mitra e del pastorale. Il mandato che Papa Francesco ha dato al sacerdote bergamasco - nominandolo Arcivescovo titolare di Tolentino e Nunzio Apostolico in Papua Nuova Guinea e nelle Isole Salomone - è però ispirato alla frase di San Paolo Apostolo: «Non nutrite desideri di grandezza, volgetevi piuttosto a ciò che è umile». Andare in quelle terre sospese tra Asia e Oceania, «perché la Chiesa è come un cuore pulsante – ricorda il Cardinale Parolin – il cui sangue scorre incessante dal centro alla periferia e dalla periferia al centro, e ha come motore l’amore».
Prima delle 16 le campane suonano a festa, i rintocchi si diffondono per le piazze di Città Alta. La processione parte da Santa Maria Maggiore e arriva nella Cattedrale di Sant’Alessandro, dove l’altare è puntellato di margherite bianche e gialle. La presenza del Segretario di Stato Vaticano come celebrante principale e di tanti successori degli Apostoli (tra cui il Cardinale Oscar Cantoni, Vescovo di Como), nella Festa della Cattedra di San Pietro, con il Vescovo Francesco Beschi e il Nunzio Apostolico in Polonia monsignor Antonio Guido Filippazzi Vescovi ordinanti, racconta di un giorno speciale per la Chiesa, e per la Chiesa di Bergamo in particolare. Il pensiero del Cardinale Parolin, insieme a quello del Vescovo Beschi e del Nuzio apostolico, va subito al Santo Padre: «Per lui eleviamo qui una fervente preghiera, per il recupero della sua salute».
Il Nunzio apostolico, con semplicità, si fa proprio «strumento del Papa». A partire dal motto scelto dal nuovo «ambasciatore» della Santa Sede («Non alta sapientes»), l’invito è ad abbandonare l’autosufficienza intellettuale e l’ambizione, per perseguire la vera sapienza, con umiltà, sull’esempio di San Giovanni XXIII. «Consapevole dei limiti della natura umana e della necessità che la Grazia lo accompagni e sorregga in ogni passo», dice il Cardinale Parolin. Le Letture indicano «i compiti e le qualità» del ministero episcopale: «Essere pastore che preserva l’unità del suo gregge, pascendolo con giustizia e facendosi modello». «Caro don Maurizio», lo apostrofa nei passaggi in cui il tono si fa più familiare, richiamandolo al suo compito: «Rendere stretto il legame tra le chiese locali e la Sede di Pietro, essere presente per portare al Pontefice le gioie, le speranze e le preoccupazioni e le difficoltà delle chiese locali» e allo stesso tempo «trasmettere e illustrare la Parola del Papa e l’orientamento della Chiesa sui principali temi dibattuti, per essere artefice di pace e promotore occasioni di dialogo e incontro, per facilitare l’individuazione di soluzioni a spinose questioni o a conflitti che si trascinano nel tempo insoluti».
Ricorda il Cardinale Parolin: «La Chiesa è una e universale e tutte le membra gioiscono e soffrono insieme. La Chiesa universale si pone al servizio di tutte le Chiese particolari, mentre tutte le Chiese cooperano con la Chiesa universale affinché essa possa compiere al meglio il proprio compito». Un compito da svolgere con professionalità (e le precedenti esperienze diplomatiche di monsignor Bravi sono il bagaglio necessario) e con carità. Di fronte alle difficoltà che si potranno incontrare bisogna infatti farsi animare «da un ottimismo di fondo, la speranza che in questo anno giubilare è ancora più forte. Una speranza che non è frutto di sottovalutazione dei problemi, ma dell’abbandono fiducioso in Dio. Quella certezza che viene dalla fede che il Signore è il nostro Pastore e non ci abbandona ma ci segue passo dopo passo». Una fede che va alimentata di continuo: «È necessario che ogni giorno tu spenda tempo ed energie per approfondire la relazione personale col Signore».
La partecipazione dei tanti fedeli che riempiono il Duomo è sentita nei canti, accompagnati dalla Cappella Musicale, e nelle preghiere. Nei primi banchi ci sono i familiari e le autorità (tra cui le fasce tricolore dei sindaci: Elena Carnevali di Bergamo, Cristiano Esposito di Capriate San Gervasio, paese d’origine di monsignor Bravi, e Marco Gallizioli di Leffe, parrocchia dove ha esercitato all’inizio), arriva anche l’ambasciatore della Papua Nuova Guinea. Monsignor Bravi assume i suoi impegni, risponde fermo «Sì, lo voglio» alle domande dell’interrogatorio del Cardinale Parolin, ed esprime la volontà di custodire la fede e compiere il ministero che gli viene affidato. Solo alla fine, dopo i passaggi della liturgia, il nuovo Vescovo percorre la navata, per prendere poi la parola. Esprime la sua gratitudine per Papa Francesco (che lo ha nominato il 15 gennaio scorso, riconoscendone «l’onestà di vita e costumi, l’esperienza e le capacità saggiamente dimostrate sia in diverse Legazioni pontificie sia in Segreteria di Stato»), al Cardinale Parolin e agli altri Vescovi e ai sacerdoti per la presenza, «che ha arricchito questo incontro. Continuate a pregare per me», li sollecita. Perché le preghiere e i canti elevati insieme «interpretino la grazia necessaria per il ministero che mi è stato affidato». Monsignor Bravi fa sua la frase del Signore: «Senza di me non potete fare nulla». Perché il Signore «colmi le lacune della mia inadeguatezza con il dono della sua grazia». Il corteo si avvia poi verso il Seminario per un momento di ritrovo e festa. Il Nunzio apostolico si intrattiene con tutti, ha una carezza per alcuni bambini, e accoglie con affetto una delegazione arrivata dalla Papua Nuova Guinea.
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