Cronaca / Bergamo Città
Giovedì 23 Febbraio 2023
Kenya, a fuoco un resort italiano a Watamu: ustioni gravi per una bergamasca
L’incendio. Duecento turisti in fuga, ricoverati tre connazionali per ustioni tra cui una turista di Bergamo che è in condizioni gravi.
Quasi 200 turisti italiani in fuga da un resort in Kenya, pochi minuti prima dell’inferno che lo ha ridotto in cenere e che ha causato ustioni da ricovero a tre connazionali, tra cui anche una bergamasca. Questa la disavventura per i clienti del «Barracuda Inn resort» in riva all’Oceano indiano nella cittadina di Watamu, una delle destinazioni più in voga del Paese africano.
Nella tarda mattinata di giovedì 22 febbraio la struttura di proprietà di italiani è stata attaccata dalle fiamme provenienti dal centro cittadino e sospinte dal forte vento. Grande spavento tra i circa 180 turisti provenienti dall’Italia, ma fortunatamente nessuna vittima. Tre persone - due donne e un uomo - sono state ricoverate all’ospedale distrettuale di Malindi con gravi ustioni, sebbene non siano in pericolo di vita, come riferito all’Ansa da personale della struttura sanitaria. Nella serata di mercoledì 22 febbraio, secondo quanto riferito dalle stesse fonti, una delle donne, originaria di Bergamo, sarebbe stata trasferita in una struttura più idonea a curarla, nella città di Mombasa: la donna è in gravi condizioni ma fortunatamente non è in pericolo di vita.
L’Ambasciata d’Italia in Kenya, tramite il Consolato onorario di Malindi e in contatto costante con l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, ha seguito la situazione dei connazionali.
«Altri trenta secondi e non ce l’avremmo fatta». A parlare, dal suo letto di ospedale a Malindi, è Mattia Ghilardi, trentaseienne panettiere di Grosotto, provincia di Sondrio. È uno dei tre italiani ricoverati con ustioni gravi ma non in pericolo di vita, secondo i medici dello Star Hospital, dopo l’incendio che ha distrutto l’hotel. La cugina , originaria di Bergamo, è stata invece trasferita a Mombasa, dove possono curare meglio la sua pelle bruciata e i gonfiori del volto. «Io e mia cugina saremmo dovuti tornare dal Kenya oggi (23 febbraio ndr), e per paura di perdere i passaporti, appena visto da lontano le fiamme, ci siamo diretti verso la stanza del Barracuda Inn. Ma nel giro di pochissimo un calore tremendo aveva già avvolto il resort», racconta Ghilardi all’Ansa.
«La vacanza era andata benissimo, fino alla tragica fatalità di mercoledì: mare, safari e relax. A ripensarci, dovevo correre in spiaggia come hanno fatto quasi tutti gli ospiti del resort, ma istintivamente ho pensato a salvare i documenti di viaggio, che alla fine non sono comunque riuscito a recuperare, al pari di tutti i miei effetti personali» ha continuato Ghilardi.
L’incendio, secondo le testimonianze degli abitanti di Watamu, sarebbe divampato dal Mbuyu Lodge, un bar ristorante con camere sulla via centrale della cittadina, dove sorgono anche negozi, discoteche e gelaterie che però non sono state colpite. Le indagini della polizia locale in serata erano ancora in corso. Sul banco degli imputati salgono ancora una volta i tradizionali tetti «makuti» fatti con foglie secche di palma che bruciano velocemente e che, trasportate dal vento, propagano gli incendi ad alberi e altri tetti. Nel luglio di 2 anni fa un incendio simile aveva distrutto a Watamu un boutique hotel italiano, l’Alawi, ed una serie di ville private.
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