Infortuni sul lavoro, il 2023 un anno drammatico: 22 incidenti mortali

IL REPORT INAIL. La Bergamasca è la provincia lombarda dove sono aumentati di più (+ 46,7%): erano 15 nel 2022. I sindacati: «Serve una formazione più incisiva e concreta».

Nessuna inversione di tendenza, il 2023 resta drammatico sul fronte della sicurezza sul lavoro in Bergamasca. Anche il nuovo report sulle denunce d’infortunio presentate all’Inail, ora aggiornate sino a fine novembre, conferma la Bergamasca come maglia nera della Lombardia: in regione è la provincia in cui le denunce d’infortunio si sono ridotte meno rispetto al 2022, e soprattutto è la provincia in cui – in valore assoluto – gli infortuni mortali sono aumentati di più.

È quest’ultima voce la più tragica del bilancio: dalle 15 denunce per infortunio mortale sul lavoro registrate tra gennaio e novembre 2022, si ora è passati alle 22 di gennaio-novembre 2023. Sette incidenti mortali in più (+46,7%), mentre il dato complessivo lombardo è invece in discesa (seppur lieve, ma c’è comunque una flessione dai 164 mortali del 2022 ai 160 del 2023) così come pure la media nazionale (-3,8%); complessivamente le province lombarde con più «mortali», ma senza l’escalation bergamasca, si confermano Milano (dove però calano dai 51 del 2022 ai 42 del 2023) e Brescia (da 32 a 38 infortuni mortali).

«Dietro ai numeri ci sono persone, famiglie che nel 2023 hanno sofferto la perdita dei propri cari mentre svolgevano il proprio lavoro», ricorda Danilo Mazzola, che nella segreteria provinciale della Cisl Bergamo segue i temi della sicurezza sul lavoro. Così, quella degli infortuni sul lavoro resta «una realtà che pesa sulla nostra provincia – ribadisce Mazzola – e che non può essere considerata come un “prezzo” da pagare nel segno dello sviluppo e della crescita economica».

Denunce totali 12.408: 37 al giorno

Il totale delle denunce per infortunio presentate nei primi undici mesi del 2023 in Bergamasca è così arrivato a quota 12.408: più di 1.100 ogni mese, oltre 37 al giorno. Vero, la tendenza – da questo punto di vista – è leggermente in miglioramento, visto che c’è un calo dello 0,2% rispetto alle 12.434 denunce di gennaio-novembre 2022 (26 denunce in meno, in sostanza). Ma il trend stride se si allarga il confronto al resto della Lombardia, dove quest’anno si osserva una riduzione del 17,4% (oltre 21mila denunce in meno), e anche alla media nazionale (-16,8%); nella vicina Brescia, ad esempio, la frenata è stata del 25%. «Una quota importante di infortuni si rileva nella logistica, settore che nella nostra provincia è cresciuto molto, specie nella Bassa – ragiona Angelo Chiari, responsabile delle Politiche su salute e sicurezza della segreteria provinciale della Cgil Bergamo –, e nel conto sono inclusi anche molti infortuni in itinere. Ma anche nell’industria c’è un riacutizzarsi del fenomeno, dopo anni di miglioramento. Sono dati che preoccupano».

«Prima la salute»

«Il lavoro è composto da persone che si impegnano quotidianamente, e la loro salute e la loro sicurezza viene prima di ogni altra esigenza tecnico-organizzativa e produttiva – rimarca Mazzola –. Purtroppo i dati di Bergamo evidenziano che quanto si fa non è sufficiente, serve fare più formazione con un approccio più incisivo e concreto, anche tra i datori di lavoro, su un tema che non può prescindere dai dovuti e necessari controlli nei luoghi di lavoro che gli organismi istituzionali sono chiamati a svolgere». Se il confronto si tara sul 2019, cioè sull’ultimo anno di normalità pre-Covid, l’esito per Bergamo sempre dei dati negativi rispetto alla media lombarda. Il totale degli infortuni in Bergamasca è calato sì del 3,6% rispetto al 2019, ma in Lombardia la flessione è del 7,7%; quanto agli infortuni mortali, mentre in Lombardia la crescita media è del 3,9%, in Bergamasca siamo al +22,2%. Difficile, a fronte di dati ormai così consolidati, che il prossimo consuntivo con le denunce pervenute anche nel mese di dicembre possa lenire il bilancio di un 2023 che si è rivelato «nero» sul fronte della sicurezza sul lavoro.

«Poco personale per le ispezioni»

«Sul territorio e tra le istituzioni c’è volontà, ma serve fare di più per calare concretamente nel sistema produttivo le azioni intraprese col nuovo protocollo provinciale (rinnovato a fine ottobre, ndr) – rimarca Chiari –. Le ispezioni sono un tema delicato, purtroppo si soffre carenza di personale. Servirebbe che le grandi aziende diano vita a una filiera della sicurezza che presti grande attenzione agli appalti e ai subappalti: è in quegli snodi che si corrono i rischi maggiori». C’è anche un tema di stretta attualità che può incidere: «In edilizia sono tornati gli infortuni per caduta dall’alto, come vent’anni fa – spiega Chiari –. La corsa ai bonus e agli appalti ha creato dei problemi in tema di sicurezza: molti si sono improvvisati nel settore, spesso sono stati assunti lavoratori stranieri che non conoscono la lingua o le regole, ma che accettano le condizioni dettate da chi gestisce quei cantieri. La preoccupazione è alta anche rispetto alle scadenze imminenti per la consegna dei cantieri».

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