Inchiesta Promoberg, il gip archivia le posizioni di Rodeschini e Ceruti

L’ex presidente del Cda e l’ex presidente di Teb ritenuti estranei ai fatti. Esce di scena anche il commercialista Cocco

A novembre, quando fu chiusa l’inchiesta sui presunti peculati e appropriazioni indebite alla Promoberg, l’ente che gestisce la Fiera di Bergamo, i loro nomi negli atti di conclusione delle indagini non figuravano più, destinati a un’archiviazione che è stata sancita nei giorni scorsi dal gip Federica Gaudino su richiesta degli stessi pm Silvia Marchina ed Emanuele Marchisio. Si tratta dell’ex presidente del Cda di Promoberg, Ivan Rodeschini e dei membri del collegio sindacale Gianfranco Ceruti, ex presidente della Provincia e di Teb, e Pierluigi Cocco.

Nell’inchiesta da cui sono usciti i tre restano sette indagati, a cominciare dall’ex direttore Stefano Cristini, che la Procura ha sempre ritenuto essere il protagonista principale della vicenda. È lui, per l’accusa, che avrebbe fatto sparire dalla casse di Promoberg 908.265 euro attraverso falsi rimborsi e altri presunti magheggi contabili tra il 2006 e il 2019. Tutto nasce poco prima del Natale del 2018 quando una dipendente di Promoberg trova casualmente una richiesta di rimborso di una collega che non era solita presentarne. Si insospettisce e trova nel magazzino della Fiera altre centinaia di note spese intestate ai dipendenti (che le disconoscono) per un totale 139.500 euro. Si tratta per lo più di rimborsi chilometrici o per pernottamenti. Gli inquirenti sostengono che a compilarli fosse Cristini, con l’avallo dell’allora segretario generale Luigi Trigona (indagato).

«Non ho mai parlato prima per rispetto del lavoro della magistratura, ma ora posso dire di essere molto contento che la vicenda, per quanto riguarda la mia posizione, si sia conclusa in questo modo - dichiara Ceruti -. Mi porto dentro qualche rammarico per il pesante trattamento ricevuto da qualche soggetto. Su di me sono state espresse valutazioni pesanti e condanne a priori, non coerenti con la mia vita politica e pubblica. Sono stato presidente dell’Amministrazione provinciale, consigliere regionale, ho gestito da presidente della Teb un appalto da 150 milioni e non sono mai stato sfiorato da ombre, mai ho ricevuto un avviso di garanzia. Ero sereno, so che il mio comportamento è sempre stato coerente, corretto e teso a non nascondere nulla e mi fa piacere che l’abbia riconosciuto anche la magistratura. Ringrazio il mio avvocato Paolo Maestroni che mi ha sempre seguito con professionalità e saggezza».

Rodeschini confida di essere «contento che la verità sia venuta a galla». Quando scoppiò il caso si era dimesso. Ora non si sente danneggiato? «All’epoca era un atto dovuto - risponde -. Danneggiato? Potrei dire di sì o di no. Mi dispiace più per la mia figura: gli amici veri sono rimasti, gli amici di parola invece non si sono fatti più vivi». Sente di rimproverarsi qualcosa? «Cristini aveva la mia fiducia e così purtroppo non doveva essere. Ma non posso rimproverarmi di aver concesso fiducia a una persona che ho scoperto diversa dopo aver letto gli atti messi a disposizione dalla Procura».

Soddisfatto dell’esito dell’indagine si dichiara il suo avvocato, Tomaso Cortesi.

Cocco tira un sospiro di sollievo: «È un bel peso che se ne va», poi rimanda al suo legale, Massimo Asdrubali. Il quale spiega che «non c’erano gli estremi per una richiesta di rinvio a giudizio».

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