In via Sant’Alessandro artigiani da quattro generazioni: «A Bergamo facciamo risplendere l’argento»

LA STORIA. Luca Cattaneo: lavoriamo per la Chiesa e per i privati. «Ai tempi di papà c’erano anche quattro operai, ora ci sono solo io».

Una bottega medievale in centro città. È quello che sembra il negozio «Cattaneo» al numero 30 di via Sant’Alessandro dedicato al restauro di opere d’arte a Bergamo, per lo più argenteria, aperto dal 1915 e gestito da quattro generazioni di Cattaneo. Qui, l’argenteria e il metallo vengono sistemati, rimessi a nuovo, saldati, lucidati. Appesa a una delle pareti storiche del negozio fatta di mattoni rossi, una vecchia fotografia datata 1910 che mostra l’urna di argento con le reliquie di Sant’Alessandro appena messa a nuovo e lucidata. Tra le figure presenti, anche Vincenzo Cattaneo, fondatore della bottega in via Sant’Alessandro, sempre uguale ad allora, e bisnonno di Luca, attuale gestore del negozio e detentore dell’antico mestiere di famiglia. «La datazione di questa foto mette un po’ crisi la data di fondazione del negozio – precisa Luca, 51 anni – . Papà mi ha sempre detto che la nascita della bottega risale al 1915. Quindi mantengo questa data». Il negozio è uguale ad allora. Nella porta, nei muri, nelle vetrine fatte di vetro soffiato a bocca, nel pavimento a mosaico dell’ingresso c’è la storia di oltre un secolo.

Gli arredi sacri

Ma la vera meraviglia è il laboratorio nel retro del negozio che, passando da un piccolo cortile (dove, un tempo, c’erano le carrozze con i cavalli), riporta indietro nel tempo, attraverso racconti di sapienti mani che, con cura e minuziosità, davano nuova vita a oggetti su cui si vedevano i segni del tempo, grazie a strumenti antichi che non esistono più. Così come quelle mani. Anche se l’erede Luca Cattaneo porta alta la bandiera di quel mestiere di tradizione e saggezza. Da allora la bottega mette a nuovo l’arredo sacro in metallo per le chiese come pissidi, calici e ostensori, ma anche per privati per i quali Cattaneo restaura vassoi, posate e tutto quello che è argenteria. «Il lavoro più grande è per la Chiesa. Lavoro tanto per le chiese della Val Brembana, della Val Seriana, della Bassa bergamasca. Vengono da me quando hanno bisogno di rimettere a nuovo tutto quello che è l’arredo sacro in metallo», spiega Cattaneo. Un lavoro di fino, di alta manualità.

«Il lavoro è calato»

Uno di quei mestieri artigianali che, purtroppo, stanno scomparendo. Per il cambiamento delle abitudini delle persone, ma anche per una diversa propensione verso questi lavori da parte dei giovani. «Noi resistiamo, ma il lavoro è calato. Tanto. Ai tempi di mio papà Stefano, anche solo 30-40 anni fa si lavorava moltissimo. C’erano anche dai tre ai quattro operai in laboratorio e si lavorava otto ore consecutive tutti i giorni. Se un cliente portava un lavoro da fare doveva aspettare anche due o tre mesi per riaverlo, tanti erano gli ordini – racconta Luca – .Adesso, invece, è calato tantissimo. Sono solo io che lavoro qui. Sia per le chiese che per i privati». Ad incidere, specialmente per i privati, è il cambio generazionale e delle abitudini all’interno delle case. «L’argenteria non viene più usata dai giovani. Non ne sono attratti. Chi mi porta l’argenteria da mettere a nuovo sono persone di una certa età . Un quarantenne, un trentacinquenne che mi porti qualcosa d’argento da sistemare non l’ho mai visto. Figuriamoci se verranno quelli che, ora, sono adolescenti o ventenni. Anche dalle tavole l’argento è sparito. Si preferisce la rapidità che ti possono dare le stoviglie, diciamo, più moderne.È un cambiamento che è avvenuto gradualmente, nel corso degli anni. Tanti giovani, addirittura, danno via l’argento che hanno in casa o avuto in eredità», fa presente. E il futuro qualche volta sembra più incerto.

Non si trovano giovani leve

«Ho una figlia, ma non credo che prenderà in mano questo mestiere – fa presente Luca – . E faccio fatica a trovare un giovane che voglia continuare questo mestiere. Prima di tutto perché ci vogliono anni e anni di affiancamento ed è difficile trovare chi abbia interesse a prendersi tutto questo tempo per imparare. Se prendessi un ragazzo da formare, dopo cinque giorni che sta in laboratorio mi saluterebbe. Così come è complesso trovare qualcuno che abbia voglia di sporcarsi le mani. Perché così si deve fare. Per rimettere a nuovo un oggetto del genere – spiega, indicando un ostensorio – ci vogliono almeno dieci giorni. Va smontato completamente, ripulito, sgrassato, spazzolat o. Ci sono molti passaggi prima di passare alla doratura o alla pittura, affinché l’effetto possa durare. Tutti gli effetti che si vedono qui, in questi oggetti, sono realizzati a mano, anche solo per fare un lavoro più veloce, come ridonargli brillantezza. Si deve stare anche ore e ore seduti davanti a un oggetto, è un lavoro di precisione e pazienza. Ai ragazzi manca la voglia di dedicarsi a imparare un mestiere di così grande manualità e attenzione al dettaglio».

Eppure questo mestiere ha un grandissimo fascino. E, in città, Luca Cattaneo è l’unico a portarlo avanti. «Mi auguro che si riscopra la bellezza della cura, della precisione, della manualità e degli oggetti di valore», dice.

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