Cronaca / Bergamo Città
Venerdì 12 Marzo 2021
In 23 anni 100 mila pensionati in più
«Donne penalizzate, serve una riforma»
Bergamo, l’analisi della Cisl. I numeri testimoniano l’invecchiamento della popolazione. L’assegno per le lavoratrici vale in media la metà di quello degli uomini. Corona (Fnp): «Si tenga conto del lavoro di cura che svolgono in famiglia».
Centomila pensionati in più negli ultimi 23 anni. Il dato relativo all’evoluzione pensionistica dal 1998 ad oggi evidenzia in primis l’invecchiamento della popolazione bergamasca. Se nel 1998 la nostra provincia contava 256.880 pensionati, oggi siamo arrivati a 355.821. In mezzo si registra un ventennio di crescita nel numero di trattamenti pensionistici erogati, 98.941 in più, e di aumenti delle singole pensioni (pochi euro, soprattutto negli ultimi anni a causa dell’inflazione virata addirittura in negativo). Nello specifico, nel 1998 si contavano 200.296 pensionati da lavoro dipendente (79.260 uomini e 121.036 donne), 48.570 autonomi, equamente divisi fra maschi e femmine, cui si sommavano poco più di 600 trattamenti fra fondi sostitutivi e integrativi, 517 da altre gestioni e 6.877 per prestazioni assistenziali.
Dal 2001 tra i pensionati rientrano anche i lavoratori parasubordinati, che negli anni sono cresciuti fino a raggiungere gli 11.714 trattamenti pensionistici del 2020 (8.140 uomini e 3.574 donne) con un assegno medio di 254,9 euro mensili. I dati chiusi a dicembre 2020 indicano anche 203.079 pensionati tra i lavoratori dipendenti, 86.449 autonomi, 3.024 fondi sostitutivi, 197 fondi integrativi, 2.387 da altre gestioni e 48.971 per prestazioni assistenziali.
Un altro elemento che balza all’occhio è rappresentato dalla differenza dell’importo erogato per le pensioni maschili e femminili, che risultano spesso dimezzate rispetto ai colleghi uomini, con la forbice che si è ulteriormente allargata negli ultimi anni. L’importo medio, calcolato su tutte le categorie di pensionati, ammontava a 577,95 euro nel 1998 (808,53 per gli uomini e 418,39 per le donne), mentre nel 2020 si è attestato a 983,05 (1.319,56 per i maschi e 687,73 per le femmine). Nel 2020 in media gli uomini guadagnano praticamente il doppio delle donne (1.594 euro contro i 765 per le pensionate da lavoro dipendente e 1.299 euro contro i 658 delle lavoratrici autonome).
«La lettura dell’evoluzione pensionistica a Bergamo dal 1998 a oggi consente alcuni spunti di riflessione – commenta Roberto Corona, segretario Fnp Cisl di Bergamo -. Innanzitutto, i 100 mila pensionati in più negli ultimi 20 anni danno il senso dell’invecchiamento della popolazione e della necessità di interventi, in ambito sociale, oltre che previdenziale. Fnp da tempo cerca di favorire il dialogo e l’incontro tra amministratori, gruppi di impegno civile e sindacato, che tramite il progetto “Città misura d’anziano” si è fatto portatore di proposte e idee per una città accogliente. Va considerato poi che il numero delle pensioni anche nel 2020 è cresciuto di oltre 3 mila unità rispetto all’anno precedente, nonostante l’incremento di quasi il 50% di pensionati morti nell’anno della pandemia causata dal Covid-19, grazie soprattutto al successo degli anticipi pensionistici, Quota 100 e Opzione Donna. Diventa sempre più necessario - sostiene Corona – pensare con forza all’idea di flessibilità nell’accesso alla pensione, per rispondere alle esigenze di tutti i lavoratori e le lavoratrici del Paese, senza che questo comporti per loro forme improprie di penalizzazione. Quest’anno, tra l’altro, vista la drammatica emergenza sanitaria, molti lavoratori autonomi hanno pensato di ottenere un’entrata sicura affidandosi a Quota 100 e Opzione Donna, di conseguenza è il loro settore che vede l’incremento percentuale più consistente».
Le pensioni rosa più leggere
Relativamente al trattamento pensionistico femminile «constatiamo che oggi, come 22 anni fa le donne prendono un assegno che è la metà di quanto percepiscono i colleghi maschi - rileva Corona -. Nel frattempo però è cambiato il mondo, perché allora si poteva andare in pensione con 15, 20 o 25 anni di età contributiva e l’assegno era calcolato sulle ultime retribuzioni, mentre oggi, a meno che non si riesca, dietro penalizzazioni, ad ottenere qualche anticipo, si va in pensione a 67 anni e il calcolo è sul contributivo. In conclusione, sempre troppe donne pagano lo scotto di essersi dovute assentare, se non farsi licenziare, per cure familiari o per la nascita e l’accudimento dei figli. Per questo motivo Fnp sta chiedendo da tempo una riforma che tenga conto per le donne del lavoro di cura. Per affrontare in modo completo e coordinato i vari aspetti critici del nostro sistema previdenziale, è auspicabile che riprenda subito il confronto tra governo e parti sociali».
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