Il Vescovo ai pellegrini a Vienna: «È la fede che ci libera dalle paure della vita»

IL PELLEGRINAGGIO DIOCESANO. La riflessione attorno al verbo «liberare». Monsignor Beschi ha rivolto un pensiero anche a chi «vive la situazione molto dura delle carceri».

È «liberare» il verbo scelto dal Vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, per il terzo giorno del pellegrinaggio diocesano tra l’Austria e l’Ungheria. Lo ha condiviso con i fedeli durante la Messa di sabato 29 giugno, celebrata nella chiesa gotica di Santa Maria sulla Riva a Vienna, chiamata così perché alle sue spalle scorre il Danubio. Liberare dalle catene del peccato e della paura che rischiano di travolgere il genere umano. Ma anche un pensiero a chi in catene c’è fisicamente e a chi lavora nelle prigioni: «È una situazione molto dura quella delle carceri, ricordiamo anche loro», ha detto monsignor Beschi.

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Le «catene» della vita

Sabato si sono inoltre celebrati i Santi Pietro e Paolo, le cui vicende rappresentano proprio una storia di liberazione. Negli Atti degli Apostoli è narrata quella di Pietro dalle catene, che si sciolgono e cadono. E la certezza di Paolo, ha ricordato il Vescovo nell’omelia, è che «il Signore mi libererà da ogni male». Proprio come nella storia dei due apostoli, anche nella vita di tutti noi possono esserci delle catene che ci imprigionano e costringono. «Ci sono tante catene che attraversano la vita delle persone – ha affermato monsignor Beschi –. Qualcuno a volte avverte le relazioni familiari come una catena: ciò che dovrebbe rappresentare la vita, la gioia di vivere, la speranza di vivere viene percepita come una catena. Poi ci sono alcune situazioni che ci sembrano senza vie d’uscita, ci sentiamo incatenati, e non solo ai piedi alle mani». Anche le abitudini di tutti i giorni, se trasformate in vizi, possono privare della libertà: «Penso alle dipendenze, come la droga e il gioco, da cui non è facile liberarsi – ha evidenziato ancora il Vescovo –. Liberarsi dalle catene è una cosa immensa, ma normalmente non ce la facciamo da soli». Come nell’esempio di San Pietro, serve un sostegno per tornare a essere liberi. Infatti, «c’è tutta la Chiesa che prega per Pietro: ecco che anche noi, se preghiamo per le persone che ci sono care e che avvertiamo hanno bisogno di liberazione, stiamo facendo una gran cosa».

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La fede più forte della paura

Le catene possono presentarsi anche nella forma della paura. «La paura serpeggia, mi sembra che in questi anni l’abbiamo vista crescere. È come un qualcosa di sottile che condiziona un po’ le nostre vite. La guerra recente si è aggiunta ad altre paure», come la crisi finanziaria del 2008 e la pandemia che ha messo in ginocchio Bergamo. Come si può sconfiggere la paura? «Quando Gesù dice “non abbiate paura” non evoca il coraggio, evoca piuttosto la fede: è la fede che ci libera dalla paura – ha aggiunto Beschi –. Anche a me capita di essere angosciato, però, nel momento in cui torno ad attingere alla fede, avverto una forza che mi fa resistere alla potenza della paura». È il Signore, dunque, che libera da questa catena, come si legge nel Salmo: «Il signore mi ha liberato da ogni paura».

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Verso l’Ungheria

Infine, la liberazione dal male. Certamente dal male fisico, dal male morale, ma anche «dal male del peccato: questa grande gioia del dono del perdono di Dio ci libera veramente dal potere del peccato, dal potere del male», ha concluso il Vescovo Beschi. Domenica mattina i 127 pellegrini lasceranno la capitale austriaca in direzione dell’Ungheria. Una prima sosta sarà fatta nella città di Fuori, a metà strada tra Budapest, Bratislava e Vienna. Nel pomeriggio è previsto poi l’ingresso nella città di Pannonhalma, famosa per il maestoso monastero benedettino millenario, il primo fondato in terra magiara. Qui si tramanda, tra l’altro, sia nato il santo vescovo Martino di Tours, uno dei fondatori del monachesimo in Occidente.

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