
Cronaca / Bergamo Città
Domenica 16 Marzo 2025
Il ricordo del Covid, 5 anni dopo: «Una dignità che è indistruttibile»
LA LETTERA. Giovanni Albano, primario di Anestesia e Terapia intensiva di Humanitas Gavazzeni e Humanitas Castelli si ammalò. Suo un libro che fa memoria dei mesi a Bergamo. Qui il suo ricordo in occasione del quinto anniversario della pandemia a Bergamo.
Bergamo, avrei voluto (ri)conoscerti prima…La mia prima conoscenza con la città è stata con gli sfottò dei milanesi... una mamma che in un supermercato diceva a suo figlio piccolo: smettila, mi sembri di Bergamo…Era esattamente il 1992, l’anno del mio trasferimento da Palermo a Milano. Da allora fino al 2013 non mi sono più chiesto, vivendone ai margini, che città fosse e come fossero i suoi abitanti. Neanche dal 2013, per la verità, quando ho iniziato a lavorare in Humanitas Gavazzeni. Liquidavo, come molti del resto, lo stile di vita dei bergamaschi con la solita definizione di «freddezza» che tutti appiccicano quando superficialmente non si ha voglia o interesse ad approfondire la storia che sta dietro un popolo, una città, una comunità.
Mi sono trovato di fronte a persone che davanti all’avversario più terribile, la morte, non hanno indietreggiato, non hanno pianto né mostrato paura, mai un lamento, solo un’indistruttibile dignità
Il 2020 e tutto ciò che ci ha travolto mi hanno aperto gli occhi. Quei mesi mi hanno messo di fronte all’obbligo di farmi questa domanda e di cercare questa risposta: cos’è questa comunità? Mi sono trovato di fronte a persone che davanti all’avversario più terribile, la morte, non hanno indietreggiato, non hanno pianto né mostrato paura, mai un lamento, solo un’indistruttibile dignità. Ho capito allora che «non fare il piangina» da dire a un bambino a cui capitano le piccole cose che innescano un pianto non è un semplice modo di dire. È addestrarlo a contenere le emozioni.
Ma ho compreso anche che dentro un bergamasco, in realtà, alberga un oceano di emozioni che puoi vedere solo se hai sguardo attento e lo fissi negli occhi
Perché le emozioni sono una cosa preziosa, sono strumento di vita vera, da condividere in modo riservato e con chi merita, mai sbandierarle ai quattro venti, mai devono essere teatro. Ma ho compreso anche che dentro un bergamasco, in realtà, alberga un oceano di emozioni che puoi vedere solo se hai sguardo attento e lo fissi negli occhi. Quegli occhi che ho visto guardando pazienti e colleghi in quei terribili mesi del 2020. Occhi impossibili da dimenticare. Occhi di coraggio e consapevolezza, occhi che dicevano che le «cose da fare», siano esse curare o affidarsi, non hanno bisogno di orpelli. L’ amore per la vita, il senso del dovere, il valore della fatica, la riconoscenza, sono cose definite e semplici. La loro bellezza è l’essenzialità.Oggi, finalmente e grazie anche a questo sto cercando di trasformare una ferita dolorante in dolce memoria, istinto di sopravvivenza dell’anima, direi.
.Oggi, finalmente e grazie anche a questo sto cercando di trasformare una ferita dolorante in dolce memoria, istinto di sopravvivenza dell’anima
L’ unico rimpianto è che alcune cose non le devi far passare davanti senza accorgertene. Vanno osservate, colte, afferrate. Bisogna essere curiosi sempre e avrei voluto farlo prima; ti avrei voluto riconoscere prima.
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