Il «New York Times»: solo la Spagnola peggio del Covid a Bergamo

Il prestigioso quotidiano statunitense ha messo a confronto gli eventi più catastrofici dell’ultimo secolo in un’analisi grafica intitolata «How the Coronavirus Compares With 100 Years of Deadly Events».

Le catastrofi e le epidemie di un secolo scorrono una dietro l’altra, in una catena del dolore. Sino all’ultima, la pandemia di Covid-19. E ciò che è successo a Bergamo, da qualunque prospettiva lo si guardi, resta un dramma di proporzioni infinite, mondiali. L’ultima testimonianza è condensata in una elaborazione del New York Times, uno dei quotidiani più prestigiosi del globo, che nei giorni scorsi, sul proprio sito, ha proposto un’analisi grafica intitolata «How the Coronavirus Compares With 100 Years of Deadly Events», cioè un paragone tra il Covid-19 e le tragedie che si sono succedute nell’ultimo secolo. Al centro della comparazione c’è l’impatto di questi eventi sulla mortalità.

«Solo i peggiori disastri sconvolgono totalmente i normali schemi della morte, oscurando, anche se solo brevemente, le cause quotidiane come il cancro, le malattie cardiache, gli incidenti stradali. Ecco come la devastazione causata dalla pandemia di Covid-19 in 25 città e regioni si confronta con gli eventi storici», è la premessa del primo quotidiano newyorkese. La sintesi del lavoro, visto da Bergamo, è netta: solo il terremoto (e conseguente tsunami) del 2011 a Miyagi, in Giappone, e l’impatto dell’influenza spagnola a Filadelfia nell’ottobre del 1918 hanno determinato su quei territori un aumento della mortalità superiore a ciò che il coronavirus ha fatto in Bergamasca nello scorso mese di marzo. Perché la provincia di Bergamo quel mese vide la mortalità aumentare di 6,67 volte. «Finora, il posto più colpito del mondo», è il commento del quotidiano a stelle e strisce.

Appunto, l’avvicendarsi di eventi negativi nell’ultimo secolo abbondante ha pochi paragoni con quanto accaduto sul suolo orobico. L’epidemia di Aids nel settembre 1995 a New York aumentò la mortalità di 1,15 volte. Nella triste classifica scorrono parecchi eventi: l’uragano Maria a Porto Rico, che pure tra settembre e ottobre 2017 uccise migliaia di persone, aumentò la mortalità di 1,29 volte; l’ondata anomala di caldo registrata a Chicago nel luglio 1995 portò a un incremento dei decessi di 1,31 volte. La ferita più profonda nel cuore dell’America, gli attentati dell’11 settembre, determinarono un incremento della mortalità di New York di 1,61 volte. Tra le pandemie, quella di influenza del 1957, l’«asiatica», vide Santiago del Cile tra le aree più martoriate nell’agosto di quell’anno: eppure, la mortalità salì «solo» di 1,99 volte, molto meno di quanto il Covid-19 ha fatto a Bergamo. Katrina, il tremendo uragano che spazzò New Orleans nell’agosto del 2005, influì sulla mortalità della città con un aumento di 2,42 volte.

La «spagnola» nell’ottobre 1918 flagellò particolarmente Boston, con i decessi che si moltiplicarono di 3,61 volte, mentre a New Work salirono di 3,97 volte. Nella catena delle tragedie, resa con forza vivida dall’infografica proposta dal New York Times, c’è poi un abisso: è quello che introduce appunto l’impatto del coronavirus a Bergamo lo scorso marzo, con l’aumento della mortalità di 6,67 volte. Di più, come detto, hanno fatto solo due altri eventi censiti dal quotidiano: il terremoto-maremoto nipponico del marzo 2011 che nella sola prefettura di Miyagi provocò oltre 11 mila morti e una crescita della mortalità di 6,85 volte, e lo sprigionarsi della «spagnola» a Filadelfia nell’ottobre 1918, con almeno 15 mila vittime in città e una mortalità moltiplicata di 7,27 volte. «È improbabile che il coronavirus uccida tante persone come l’influenza spagnola, ma nella storia moderna delle catastrofi naturali il Covid-19 avrà pochi rivali», è la chiosa del New York Times.

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