Cronaca / Bergamo Città
Mercoledì 03 Giugno 2020
«Il coronavirus? Una guerra
ma con un nemico più subdolo»
Il colonnello Piasente, capo ufficio operazioni: «Periodo intenso, riflessi sul Paese in ogni decisione». I militari impegnati in controlli stradali, trasporti in biocontenimento e 244 sanificazioni tra Bergamo e Brescia.
La prima domanda, inevitabile, sarebbe stata sul trasporto da Bergamo dei feretri dei nostri cari con i mezzi dell’Esercito: un’immagine che ha fatto il giro del mondo. Ma su quei momenti così delicati l’Esercito preferisce mantenere una comprensibile scelta di silenzio, rispettoso di quel grande dolore che ha toccato tutti noi bergamaschi e anche loro, i militari che ci sono stati accanto nei momenti più drammatici dell’emergenza coronavirus. Come il colonnello Nicola Piasente, capo ufficio operazioni del comando operativo dell’Esercito.
Colonnello, l’Esercito è stato sempre presente a Bergamo, negli ultimi anni, per i controlli dell’operazione «Strade sicure»: i militari, durante l’emergenza Covid-19, sono stati dirottati ai controlli per il rispetto delle normative contro la diffusione del virus. Com’è stato gestire questo genere di attività?
«Con l’operazione “Strade Sicure” l’Esercito opera da quasi 12 anni su tutto il territorio nazionale con compiti connessi con la vigilanza a siti e obiettivi sensibili, in concorso con le forze di polizia. Le procedure oramai consolidate e l’integrazione nel sistema di sicurezza nazionale hanno consentito di ottenere risultati concreti. Il contingente attualmente schierato conta circa 7.800 militari, di cui circa 1.000 stanno prestando servizio in Lombardia e 50 a Bergamo per garantire il rispetto delle norme contro la diffusione del virus con tutti gli equipaggiamenti e gli assetti ad alta connotazione tecnologica di cui dispone l’Esercito. Il contingente è stato, di volta in volta, riconfigurato per rispondere alle diverse esigenze di sicurezza e di contrasto al fenomeno epidemiologico rappresentate dalle locali autorità di pubblica sicurezza».
A livello personale, lei come ha vissuto il periodo clou dell’epidemia?
«Con commozione e tanta voglia di aiutare con il mio lavoro i nostri connazionali. È stato un periodo intenso, vissuto nella profonda consapevolezza che ogni scelta e ogni decisione avrebbe avuto un riflesso diretto sulla sicurezza dei militari impiegati e sul supporto assicurato alla Nazione. Non posso che rilevare con orgoglio che, nell’evoluzione infausta del quadro epidemiologico, più il personale ne ha percepito la gravità, più si è dimostrata forte la motivazione e ampia la disponibilità a operare».
Si sarebbe mai immaginato che l’Esercito avrebbe dovuto un giorno far fronte a questo genere di problematica in Italia e a Bergamo?
«Non avrei mai voluto immaginare che l’Esercito avrebbe dovuto contrastare un’epidemia sul nostro territorio, ma la nostra missione è quella di difendere i nostri concittadini da qualsiasi minaccia, tra le quali ora possiamo annoverare anche il Covid-19. Inoltre l’Esercito ha maturato una naturale propensione a operare nell’emergenza e a pianificare costantemente i possibili interventi. Anche nell’ambito del Covid-19, sono stati preventivati i possibili interventi e predisposte forze su base regionale (circa 6.000 uomini) per poter rispondere alle possibili attivazioni delle altre istituzioni dello Stato».
Quanto hanno contato la preparazione dei militari e le loro conoscenze da mettere a frutto nel momento più importante dell’emergenza?
«La capacità dei comandanti di individuare l’essenza dei problemi e la professionalità dei nostri soldati sono stati componenti fondamentali per rispondere in tempi rapidissimi alle richieste che provenivano dai territori. Sono stati schierati in più di 40 prefetture degli ufficiali di collegamento che potessero recepire tempestivamente le istanze delle autorità locali e veicolarle affinché si potesse attuare la soluzione più idonea e nei tempi richiesti. Per esempio, l’allestimento dei due ospedali da campo a Crema e Piacenza, in meno di 72 ore».
Dal punto di vista logistico come eravate e siete organizzati?Quanti uomini e mezzi avete stanziato nella nostra città, dove e con quali funzioni?
«Nell’ambito delle capacità rese disponibili dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini per il contrasto all’emergenza Covid 19, le forze armate e in particolare, su Bergamo, l’Esercito sin dall’inizio dell’emergenza ha prontamente reso disponibili uomini e donne, mezzi, materiali ed equipaggiamenti. Inoltre il personale sanitario dell’Esercito ha assicurato il supporto in ambulatori e ospedali operando fianco a fianco con medici e infermieri del Servizio sanitario nazionale anche negli ospedali del Bergamasco e del Lodigiano. Nel periodo di picco sono state impiegate 261 unità tra ufficiali medici, sottufficiali infermieri e operatori. Inoltre è sempre stato assicurato in prontezza un elicottero con sistema di biocontenimento con relativo equipaggio pronto al trasporto di eventuali pazienti. Da un punto di vista logistico, con gli assetti dell’Esercito è stato realizzato un piano multimodale dei trasporti che, con circa 250 veicoli da trasporto pesante, 5 aerei e 38 elicotteri hanno trasportato su tutto il territorio nazionale circa 1.100 tonnellate di materiale sanitario a favore della Protezione civile, realizzando un gioco di squadra che ha portato l’Esercito a coprire oltre 550 tratte via terra e 80 via aerea, completando il trasporto di circa 130.000 colli con assoluta tempestività, mano a mano che i Dpi venivano resi disponibili e per assicurarli con immediatezza agli utilizzatori. Sempre a Bergamo, hanno operato alcune unità dell’Esercito specializzate nella decontaminazione, che hanno effettuato sino ad oggi oltre 830 interventi su infrastrutture sul territorio nazionale. In particolare a Bergamo e Brescia sono stati realizzati 244 interventi dei 278 realizzati in Lombardia».
Qualcuno ha detto che questa pandemia è stata come o forse anche peggio di una guerra: da militare concorda con questa visione?
«È un paragone di difficile realizzazione: di certo quello che il Paese ha affrontato è stato un periodo dolorosissimo, che ha mostrato un nuovo nemico, subdolo, silente, che ha segnato profondamente un’intera generazione. Questo virus ha imposto dei radicali cambiamenti nelle nostre abitudini, allontanato dalla quotidianità e talvolta anche fisicamente i nostri affetti. Sin dalle prime ore dell’emergenza è emerso un profondo senso di responsabilità da parte dell’intero Paese, che ha saputo cogliere la portata di un momento complesso e senza precedenti. In questo, l’Esercito come istituzione già intrinsecamente preparata a confrontarsi con scenari bellici o post bellici nelle missioni all’estero ha predisposto e pianificato l’impiego di tutte le sue risorse a sostegno del sistema paese».
Ora che si è passati alle fasi successive dell’emergenza sanitaria, con il Paese che si sta lentamente riprendendo, quale ruolo ha l’Esercito nella Bergamasca?
«Alla gestione della crisi contingente abbiamo associato da subito una pianificazione dei possibili scenari futuri. Siamo pronti a intervenire a Bergamo così come nel resto del paese con ulteriori unità nei settori medico-sanitario, della sicurezza e dei trasporti logistici andando a riprendere quel “gioco di squadra” che abbiamo impostato con le altre istituzioni del Paese. Abbiamo avviato il reintegro delle dotazioni impiegate e stiamo procedendo all’acquisizione di altri assetti ospedalieri campali, di ulteriori attrezzature per la decontaminazione e Dpi».
Il 2 Giugno ha avuto per lei quest’anno un significato particolare e più intenso?
«Il 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica, ricorrenza tra le più importanti del nostro Paese, istituita per ricordare lo storico passaggio dell’Italia dalla monarchia all’attuale sistema repubblicano che segnava anche l’inizio delle ricostruzione. Per ogni italiano avrà un significato speciale quest’anno, consci delle difficoltà appena vissute dal Paese, ma forti e coesi verso una rapida ma coscienziosa ripresa della normalità».
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