Il Circolino ceduto all’asta
per pagare i debiti de L’Unità

Da 60 anni il locale della Malpensata è simbolo della sinistra: pignorato e messo a gara da Unicredit, comprato a 145 mila euro da un’immobiliare. L’appello: «Salviamolo».

Dopo quasi 60 anni - li compirà nel 2020 - «La piccola Russia» diventa proprietà privata. La sinistra bergamasca, infatti, perde uno dei suoi simboli, il Circolino della Malpensata, il cui futuro si fa ora più incerto. Il locale (ma è molto di più, da sempre punto di riferimento socio-culturale del quartiere «operaio e popolare», attraverso la cooperativa Paci e dell’Orto, in memoria dei due partigiani uccisi dai fascisti) di via Luzzatti 6/b è stato acquistato all’asta dalla Domus investimenti srl, immobiliare di Bergamo, il 12 dicembre scorso. I 145 mila euro a cui è stato venduto andranno a ripianare i debiti de L’Unità. La vicenda è intricata, e intreccia la lunga storia dei partiti, dal Pci in poi.

Nel 2008 il Circolino («eredità» dell’allora Pdup) viene donato dai Ds nazionali alla Fondazione Gritti Minetti, già «depositaria» del patrimonio immobiliare dei Ds provinciali nel momento del passaggio al Pd (56 immobili, del valore di circa 4 milioni di euro, soprattutto sedi costruite dal Pci tra gli Anni ’70 e ’80 con le Feste dell’Unità e gli «oboli» dei militanti). Sin da subito Unicredit impugna la donazione e chiede la revoca, perché vanta dei crediti (circa 30 milioni di euro) nei confronti dei Ds nazionali per i debiti de L’Unità.

La revocatoria viene concessa nel 2016, seguono, nel 2017 il pignoramento dei locali e quest’anno (l’8 maggio e il 19 settembre scorso) due aste, che vanno però deserte. Nel frattempo, da un valore dell’immobile stimato dal consulente tecnico del tribunale in 345 mila euro, la base e le offerte minime a gara continuano a scendere, finché al terzo tentativo (quando tutti davano per scontato che anche questa volta nessuno si sarebbe presentato), il 12 dicembre, a sorpresa, si fa avanti la Domus investimenti srl, che si aggiudica per 145 mila euro l’immobile di 290 metri quadri.

È un duro colpo per tutti. Per la Fondazione Gritti Minetti (che tra il 2017 e il 2018 ha cercato, senza successo, una mediazione con la banca, fino a a offrire 165 mila euro), e per la Cooperativa Dante Paci e Ferruccio dell’Orto, nata 60 anni fa, «dalla parte dei lavoratori», proprio per gestire il Circolino. La Fondazione ha con la cooperativa un contratto di locazione (di sei anni più sei, per circa 12 mila euro all’anno, pagamento sospeso col pignoramento), che riguarda il bar e il ristorante al piano terra, il cortile-giardino e un magazzino (mentre la sala interrata è in affitto a Sinistra italiana, ndr) che scade nel 2023. La coop ha a sua volta affittato il ramo d’azienda a un gestore privato (la Demos srl, che in pratica si occupa del bar). Tutti, insomma, rimasti con un pugno di mosche in mano, in attesa di capire quali sono le intenzioni dell’immobiliare (che ora ha 120 giorni di tempo per chiudere l’acquisto). Con i primi veleni che iniziano a circolare negli ambienti della sinistra: «Come è stato possibile che nessuno sia riuscito a salvare il Circolino?». Dalla Fondazione Gritti Minetti fanno sapere di aver cercato anche di organizzare iniziative di raccolta fondi - «ma con poca fortuna» -, e a nulla è servito che alcuni membri (almeno cinque) abbiano anticipato 10 mila euro a testa per cercare di risolvere positivamente la vicenda. «Dal canto nostro – spiega Gianluigi Gregis, presidente della cooperativa Paci e dell’Orto, che conta un centinaio di soci (alle prese anche con un cambio generazionale: da sede del Manifesto e del Pci, il Circolino sta diventando sempre più luogo d’incontro di giovani e universitari, a prescindere dalla militanza politica) –, dopo molti e tormentati Cda, siamo arrivati alla conclusione che non avevamo le forze per presentarci all’asta, perché significava accendere mutui e fidejussioni».

Fino al 2023 (data di scadenza del contratto d’affitto) non dovrebbero esserci problemi per l’attività, perché l’atto è antecedente al pignoramento. Da qui a quel termine, però, bisogna capire il da farsi. «Siamo preoccupati, in realtà siamo rimasti sorpresi che qualcuno si presentasse all’asta: ora dovremo cercare di capire cosa intende fare l’immobiliare», ammette Gregis, che valuterà anche l’iter per far diventare il Circolino «negozio storico», per avere una tutela in più. Così come sono vincolati i murales - inno alla solidarietà e all’accoglienza - che colorano i muri esterni. «Non è ancora troppo tardi perché qualcuno si svegli e segua questa vicenda come merita, per mantenere vivo il Circolino, un presidio sociale importante per il quartiere, con una storia. Non è un circolo qualsiasi», è l’augurio della Fondazione, che fa appello anche al Comune perché intraprenda una trattativa con l’imprenditore privato. «Rammaricato», si dice anche Luciano Ongaro, che però preferisce non esprimere giudizi sul caso.

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