I decessi nelle case di riposo
Sospetto Covid nel 16,5% dei casi

Lombardia maglia nera in Italia, nella Bergamasca la percentuale più alta. Censite 24 strutture: tra febbraio e aprile 534 decessi, ma «solo» 20 positivi al tampone.

Sono numeri che vanno moltiplicati, moltiplicando il dramma. Ma il dato, anche se parziale, è comunque importante: in 24 Rsa bergamasche censite dall’Istituto superiore di sanità (nell’intera provincia sono 65, dunque il campione è rappresentativo di poco più di un terzo del totale), tra inizio febbraio e fine aprile sono morti 534 ospiti; di questi, «solo» 20 erano positivi al tampone per il Covid, mentre altri 334 presentavano sintomi simil-influenzali. Tradotto: è morto con sintomi simil-influenzali il 16,5% degli ospiti di quelle strutture, mentre la porzione di decessi ufficiali per Covid è dell’1% del totale dei residenti. Una prima considerazione, guardando alla voce dei lutti certificati per coronavirus, è che pare un numero significativamente basso: ed è basso perché i tamponi eseguiti nelle Rsa orobiche fino a quel momento (fine aprile) sarebbero stati pochi.

L’indagine dell’Iss, in collaborazione col Garante nazionale delle persone private della libertà, copre l’intera Italia; tra le province campione, solo Brescia (418) e Milano (375) hanno avuto più decessi di ospiti con sintomi simil-influenzali, ma a fronte di un numero ben maggiore di strutture censite (58 a Brescia, 63 a Milano). Tant’è che il 16,5% di mortalità con sintomi simil-influenzali registrato in terra orobica è il più alto rilevato dall’Iss: e nelle 15 province con più alto tasso di mortalità, sette sono lombarde (oltre a Bergamo, Brescia e Milano, ci sono anche Cremona, Lodi, Lecco e Sondrio).

Nel report, pagina dopo pagina scorrono le cifre dell’emergenza. Il focus sulla Lombardia, dove ha risposto all’«interrogazione» dell’Iss il 43,1% delle strutture (292 su 678), racconta di 3.793 decessi totali da metà febbraio a fine aprile: 281 (il 7,4%) era ufficialmente positivo al Covid, altre 1.807 morti (il 47,6%) presentava invece sintomi simil-influenzali. Rapportato al numero degli ospiti, l’1% dei residenti è morto per coronavirus, il 6,5% ha avuto un decorso simile (il dato bergamasco, s’è visto, è più che doppio). I numeri lombardi sono i più consistenti: criticità elevate si sono avute però anche nella provincia autonoma di Trento, dove il 2,7% degli ospiti è morto per Covid e il 3,7% con sintomi simili; nelle Marche, il tasso di mortalità con sintomi simil-influenzali ha toccato il 4,3%. Complessivamente, nelle Rsa dell’intero Paese censite dall’Iss sono morti 9.154 anziani, di cui 680 positivi al tampone (tasso di mortalità dello 0,7%) e altri 3.092 con sintomi analoghi (tasso di mortalità del 3,1%). «Questa variabile risente delle politiche adottate da ciascuna Regione, e a volte da ciascuna Asl o distretto sanitario, sull’indicazione ad eseguire i tamponi», annota l’Istituto superiore di sanità.

I giorni più duri sono stati quelli tra il 16 e il 31 marzo, dove in Lombardia è maturato il 42% dei decessi nelle Rsa. Da febbraio a fine aprile, poi, 719 ospiti delle Rsa sono stati ricoverati in ospedale (non solo per Covid, ma per qualsiasi altra patologia), con una media di 2,5 anziani ospedalizzati per casa di riposo, una delle medie più basse dell’intero Paese; di questo totale, 198 sono stati ufficialmente riconosciuti come malati di coronavirus, altri 370 invece presentavano sintomi simil-influenzali. A fine aprile, 733 ospiti delle Rsa lombarde erano positivi al Covid.

Tra le criticità, infine, le Rsa hanno segnalato la mancanza di dispositivi di protezione individuale e la scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da seguire per contenere i contagi, ma anche la mancanza di farmaci, l’assenza di personale sanitario, la difficoltà a trasferire i residenti Covid-positivi in strutture ospedaliere. Circa l’11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici in attività nella struttura fra le figure professionali coinvolte nell’assistenza.

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