Ho sciolto i grovigli del mio cuore
Così sono riuscito a laurearmi

La vita è disseminata di battaglie e le più dure, spesso, sono quelle che combattiamo contro noi stessi, per mille ragioni, a volte perché perdiamo la fiducia nel futuro. Walter Orrù da molti anni deve fare i conti con una patologia psichica, vive in una piccola comunità della Fondazione Bosis, in città, ma nonostante tutte le prove che ha dovuto affrontare, oppure proprio grazie ad esse, ha imparato a fare tesoro del consiglio del grande stratega Winston Churchill: «Non cedete mai, mai - in nulla, grande o piccolo, rilevante o insignificante - non arrendetevi mai, se non per convinzioni di onore e di buon senso. Mai cedere alla forza. Mai cedere alla apparentemente schiacciante potenza del nemico».

Il nemico di Walter è impalpabile come un’ombra, si nasconde nell’anima, ma lui in qualche modo è riuscito a relegarlo in un angolo, e lo racconta con fierezza: «Sono riuscito a laurearmi in Giurisprudenza all’Università di Bergamo. Ci ho messo otto anni, ma ce l’ho fatta, e lo considero un ottimo risultato. Ho una patologia psichica, ma ognuno è un caso è a sé. Se sono riuscito a concludere gli studi significa che potrei anche prendere la strada di un parziale miglioramento e avere un giorno una vita più serena, con una maggiore indipendenza. È la mia nuova sfida. Per prima cosa vorrei trovarmi un lavoro».

Nel percorso di Walter la malattia psichica ha incominciato a manifestarsi intorno ai trent’anni: «Mi sono diplomato in ragioneria, ho svolto il servizio militare poi ho trovato impieghi diversi, prima in un’azienda che si occupava di sicurezza e poi in un ipermercato. In seguito ho trovato un posto a tempo determinato in una tipografia, e poi più nulla. La precarietà della mia condizione e la difficoltà di trovare una nuova occupazione probabilmente hanno contribuito a mandarmi in crisi, quella situazione per me era fonte di molta ansia».

All’epoca in cui si sono manifestati i primi problemi Walter viveva con sua madre: «Ha sempre cercato di aiutarmi e mi è stata molto vicina, purtroppo è morta pochi giorni dopo la mia laurea. Sono contento che abbia fatto in tempo a vedermi raggiungere questo traguardo: ci teneva moltissimo».

Quando la patologia si è manifestata Walter è stato ricoverato in psichiatria: «Ho iniziato un percorso di cura anche farmacologico, che gradualmente mi ha restituito un po’ di tranquillità. Poi ho seguito un percorso riabilitativo, prima alla comunità Biplano, poi nella comunità di Boccaleone, infine nella comunità Bosis, perché allo stato attuale non sono ancora in grado di vivere da solo».

Ci sono stati alti e bassi, periodi buoni e altri difficili, momenti in cui Walter alternava il soggiorno in comunità con qualche giornata trascorsa in famiglia. «Sono stato ospitato in strutture di diverso tipo, in alcune condividevo un appartamento con altre persone, sempre con la presenza, almeno diurna, di medici e assistenti. Poi, però, abbiamo cercato un posto che potesse offrirmi una sistemazione stabile, dove potessi condurre una vita regolare, che non mi creasse confusione». C’erano abbastanza grovigli nel suo cuore, come gomitoli pieni di nodi che Walter doveva dipanare e sciogliere per poter stare meglio, per mettere ordine e pensare al suo futuro. Alla Comunità Bosis ha trovato ritmi quotidiani adatti alle sue esigenze e una collocazione strategica a breve distanza dalle abitazioni dei suoi genitori: «Mio padre e mia madre erano separati già da molti anni, ma avevano mantenuto un rapporto di amicizia. Mia madre aveva un nuovo compagno con cui sono sempre andato d’accordo. Andavo a trovarli quasi ogni giorno, saltando solo i giorni di pioggia, quando non esco volentieri».

Sono trascorsi molti anni da quando Walter è stato dichiarato invalido, nel 1999. Lui non ha mai rinunciato a mantenersi attivo, a cercare piccoli lavori che gli permettessero di sentirsi almeno in minima parte indipendente. Ha fatto il pony pizza, ha frequentato anche un corso di formazione professionale della Regione Lombardia ottenendo la qualifica di pizzaiolo: «Ho seguito il consiglio di un amico - spiega - ma strada facendo mi sono reso conto che non era una mansione adatta alle mie capacità. Non sono molto veloce nell’impastare, ci vogliono manualità ed esperienza per riuscire a farlo bene, ho tentato poi di propormi ad alcuni ristoranti ma non ho avuto un buon riscontro». Anche per questo la sua famiglia lo ha appoggiato quando ha deciso di proseguire gli studi, con la convinzione che potesse rappresentare davvero una svolta per lui.

«L’idea di iniziare a studiare giurisprudenza - racconta - è arrivata inizialmente un po’ per caso. Volevo iscrivermi all’Università, mi piacciono molto anche le materie scientifiche come l’elettronica, ma mi sembravano poco accessibili data la mia età e la mia situazione, perciò ho pensato di iniziare con il diritto, senza troppe aspettative, ma coltivando il desiderio e la speranza di esprimere e valorizzare meglio le mie capacità con la speranza di ottenere risultati migliori nel mondo del lavoro. Ho scoperto, studiando, che ci sono oltre 35 mila leggi in Italia». Districarsi in questo percorso è impegnativo, fortunatamente Walter ha un’ottima memoria.

Frequentare l’Università di Bergamo è stata una bella esperienza per lui, gli ha permesso di mettersi alla prova, cimentarsi in attività diverse, intrecciare nuove relazioni. «Mi sono ambientato bene, ho trovato molti motivi d’interesse nelle diverse materie d’esame, questo mi ha portato a proseguire con determinazione, anche se ovviamente in alcuni momenti è stato davvero faticoso. Sono stato seguito con attenzione e disponibilità dal Servizio disabili dell’università, che mi ha fatto da punto di riferimento lungo il cammino e mi ha sostenuto nella realizzazione della tesi, aiutandomi a realizzarne anche l’aspetto grafico».

Walter aveva ben chiaro l’obiettivo finale, e ha avuto la forza d’animo, la tenacia e il coraggio di non farsi disarmare dagli insuccessi: «Sono pochi gli esami che sono riuscito a passare al primo colpo, molti li ho dovuti rifare anche tre o quattro volte. In comunità mi lasciavano tranquillo ma non c’era nessuno che potesse aiutarmi a studiare. Era un’impresa che io stesso avevo scelto e che dovevo portare avanti per conto mio, non mi faceva neanche molto piacere parlarne con altri». Walter è fatto così: la riservatezza è uno dei tratti più evidenti del suo carattere.

Ha scelto l’argomento della sua tesi partendo dalla sua esperienza personale e dalla sua storia: «Ho deciso di occuparmi di diritto alla salute, specialmente psichiatrico, e in particolare delle norme che riguardano il trattamento sanitario obbligatorio per le malattie psichiche. Ho dovuto lavorare sulla ricerca del materiale e poi sulla stesura per un anno e mezzo, ma ho scelto questo tema con reale interesse, perché lo avevo sperimentato sulla mia pelle. Avevo molti timori per la discussione finale, ho trascorso tre mesi studiando con grande impegno. Alla fine, in realtà, si è trattato di un esame breve, che si è risolto con un paio di domande e poi con la proclamazione. A me ne resta sicuramente un bel ricordo. È venuto con me solo lo psichiatra della comunità, Eugenio Allaria, non ho invitato altre persone, perché temevo davvero di non superarlo».

Walter ora che questo capitolo si è chiuso, ripensa al suo percorso con un pizzico di auto-ironia: «Data la costanza che ho avuto durante il corso di studi - dice sorridendo -, ripetendo più volte gli esami, hanno sicuramente pensato che se non mi avessero promosso in questa sessione di laurea avrebbero dovuto rivedermi a quella successiva».

Terminati gli studi, è arrivato il momento di pensare seriamente al futuro, con qualche preoccupazione in più: «Nonostante abbia conseguito la laurea temo di non poterne beneficiare: iniziare il praticantato come avvocato a cinquant’anni mi sembra un po’ arduo. Mi sono iscritto ma non credo di poter seguire davvero quella strada. Spero di potermi preparare per qualche concorso statale. Mi piacerebbe anche informarmi per capire che cosa potrei fare per insegnare Diritto a scuola. Mi hanno spiegato che devo proseguire gli studi e dare altri esami per ottenere l’abilitazione. Mi appassionano le materie che ho studiato, soprattutto il Diritto e l’Economia, e penso che potrei trasmetterle bene agli studenti, magari ai futuri ragionieri».

Le lezioni all’università, i colloqui con i professori e lo studio in biblioteca in questi anni sono stati il perno intorno al quale ruotavano le giornate di Walter, e da quando si è laureato la sua vita è cambiata. Lo ha segnato profondamente anche la perdita della madre, un punto di riferimento importante: «Sento molto la sua mancanza e capisco che devo trovare nuovi orizzonti e nuovi obiettivi sui quali concentrare il mio impegno, come lei stessa mi consigliava».

Nonostante le asprezze e la sofferenza, Walter continua ad avere il coraggio di sognare, di riconoscere le opportunità che si presentano e di impegnarsi a raggiungere i traguardi che desidera: «Continuo a seguire le terapie e a sottopormi ai controlli. Spero che in futuro la patologia di cui soffro possa migliorare ancora, fino a consentirmi una maggiore autonomia. Spero di trovare presto un impiego, ma nel frattempo non voglio fermarmi: la vita da studente mi piace molto e sto pensando di iscrivermi alla Facoltà di ingegneria». Come dargli torto, in fondo sono le nuove sfide e la capacità di accoglierle a illuminare la vita, tenendo accesa la speranza.

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