«Ho prelevato i soldi per giocare alle slot. Ma non ho ucciso, lei è caduta da sola»

BERGAMO. La difesa della colf al processo per la morte di Rosanna Aber, precipitata dal quarto piano a Colognola nel 2022. La consulenza dei legali: l’anziana era sul davanzale per sbloccare la tapparella.

«Si ritiene colpevole o innocente?», le chiede a bruciapelo il pm Guido Schininà. La risposta tarda ad arrivare, l’aula trattiene il fiato precipitando in un silenzio denso che induce a pensare al clamoroso colpo di scena. Ma è questione di attimi: «Per i soldi colpevole, per l’omicidio innocente», dichiara qualche secondo dopo Krystyna Mykhalchuk, 28 anni, colf ucraina di Scanzorosciate. E d’improvviso il processo torna a scorrere in uno di quegli alvei che, tra anse di indizi e dubbi da diradare, attraversano la maggior parte delle vicende giudiziarie.

Dopo aver sempre negato gli addebiti sull’omicidio volontario aggravato che le viene contestato, prova ora a difendersi in aula la donna accusata di aver fatto precipitare dalla finestra del quarto piano la padrona di casa, Rosanna Aber, 77 anni. Erano le 13,30 il 22 aprile 2022 e da quel corpo steso nel cortile di un condominio di via Einstein cominciava a prendere forma quello che sarebbe diventato il giallo di Colognola.

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«Potete dire che sono una ladra, ma non un’assassina - ribadirà poco dopo -. I soldi li ho prelevati io senza consenso perché ho il vizio di giocare alle slot». In preda alla ludopatia, l’imputata aveva prelevato 2.000 euro col bancomat della pensionata, che dopo essersi accorta avrebbe minacciato di denunciarla.

È emerso che la 28enne per nascondere il suo vizio era solita mentire. Anche al cospetto della madre, 54 anni, e del convivente, romeno di 34 anni (martedì, chiamato a deporre come testimone, s’è avvalso della facoltà di non rispondere). «Mi diceva “non gioco più”, ma continuava a giocare – è il racconto della mamma in aula –. Al mio compagno ha rubato 4.000 euro prelevandoli col bancomat. Ha ammesso, dicendomi che le servivano per pagare l’affitto, poi ha confidato che li aveva persi al gioco. Li ha però pian piano restituiti, così come ha fatto coi 3.000 euro presi dalla cassa del bar dove faceva le pulizie».

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«Crede a sua figlia?», le domanda, ancora una volta a bruciapelo, il pm Schininà, che con il collega Emanuele Marchisio regge l’accusa, a proposito della versione della colf sulla morte della 77enne. «Certo, e non perché è mia figlia», ribatte lei. Versione che martedì 1° ottobre Mykhalchuk ha avuto modo di esporre ai giudici della Corte d’assise presieduta da Patrizia Ingrascì (a latere Donatella Nava). «Ero in cucina a bere un bicchiere d’acqua quando ho sentito un urlo – ricorda l’imputata, da gennaio ai domiciliari –. Sono andata nel soggiorno e poi in camera del marito (all’epoca da poco scomparso, ndr) per cercarla. Poi sono entrata nella sua camera da letto, mi sono affacciata alla finestra e ho visto il corpo lì sotto». Nessun litigio, ha assicurato la 28enne, liquidando come inattendibile il testimone che aveva sentito un diverbio: «Se avessi litigato mi avrebbe sentito tutto il palazzo, non solo una persona». «La signora non mi ha rinfacciato nulla», rintuzza la giovane ucraina durante un esame che l’ha vista costretta a spiegare le incongruenze con quanto dichiarato nei precedenti verbali.

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«Se sono stata io a buttarla dalla finestra, spiegatemi come ho fatto?», è l’invocazione che spende. E a insinuare dubbi sulla dinamica della caduta ci ha provato l’ingegner Luigi Fiumana, autore di una consulenza cinematica per i difensori Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta. Per il consulente, se davvero l’imputata ha sollevato la 77enne (poi precipitata di schiena) fino al davanzale della finestra, è impossibile che la vittima non le sia rimasta aggrappata per evitare di finire di sotto. Ed è strano che il testimone che ha visto cadere la pensionata non abbia scorto alle spalle un'altra figura. Ma, su domanda del pm Marchisio, l’ingegnere ha ammesso che sarebbe stato possibile, se l’aggressore avesse sollevato dal basso l’anziana rimanendo accovacciato sotto il parapetto della finestra. Nella relazione di Fiumana si legge che Rosanna Aber era salita di sua spontanea volontà sul davanzale per abbassare la tapparella con la cinghia di scorrimento incastrata («era ossessionata dalla tapparella», scrive il consulente) ed era caduta dopo aver perso l’equilibrio. L’accusa ha liquidato come non scientifico l’elaborato, sollevando perplessità sul fatto che una 77enne alta 155 centimetri fosse riuscita a salire su un parapetto di 93 cm senza che in stanza sia stato trovato almeno uno sgabello che le facesse da gradino. La Corte ha rigettato la richiesta di perizia avanzata dalla difesa e ha ammesso gli esiti delle analisi biologiche sotto le unghie della vittima, dove non fu riscontrato il Dna della colf. Il 26 novembre via alla discussione.

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