Grave marginalità: un tetto per 400, ma crescono le richieste

GRAVE MARGINALITÀ . Patronato e Caritas garantiscono posti letto, pasti e docce. Il Centro primo ascolto accoglie 25 persone al giorno.

Quindici nuove richieste in media al giorno fino a una settimana fa, poi l’impennata fino a 20-25 negli ultimi giorni. Sono perlopiù stranieri tra i 18 e i 25 anni coloro che si presentano al Centro di primo ascolto e coinvolgimento della Caritas alla ricerca di un riparo per la notte.

Le porte dell’accoglienza si aprono per ognuno di loro, ma l’incremento della domanda ha riempito tutti i posti a disposizione nei dormitori gestiti dalla Caritas (al Galgario) e dalla Comunità don Milani del Patronato a Sorisole. In città la lista d’attesa si allunga di giorno in giorno: venerdì 4 ottobre erano una cinquantina i senzatetto che aspettavano un posto letto, 92 quelli che le due strutture riescono ad ospitare (più 10 donne accolte al dormitorio femminile gestito ancora dalla Caritas). Tra una decina di giorni, in vista della stagione fredda, aprirà anche la seconda zona del Galgario e si renderanno così disponibili spazi per altre 15 persone.

«Non sappiamo più come fare»

«Quando si parla di grave emarginazione, però, non è solo una questione economica o sociale: è come se si stesse sfilacciando il rapporto tra le persone»

Con l’avvio dei lavori di ristrutturazione, i circa 200 ospiti della sede del Patronato (un altro centinaio sono alloggiati in strutture esterne) sono stati trasferiti in strutture provvisorie, in attesa che la casa di via Gavazzeni sia pronta ad ospitarli di nuovo. Ma a presentarsi ai cancelli sono ancora in tanti: «La domanda di coloro che vorrebbero entrare è alta e non sappiamo più come fare – spiega don Davide Rota, direttore del Patronato –. Gli stranieri fanno molta più fatica a trovare una sistemazione perché non trovano ospitalità da nessuna parte. Noi abbiamo cercato di ovviare a questo problema accogliendoli. Quando si parla di grave emarginazione, però, non è solo una questione economica o sociale: è come se si stesse sfilacciando il rapporto tra le persone. Quando questo accade, il numero di chi finisce per la strada aumenta». La difficoltà maggiore per gli operatori, secondo don Davide Rota, «è quella di abituare di nuovo la gente a stare insieme. Assistiamo ad aggressioni incredibili – prosegue – e ad atti di intolleranza sempre più frequenti. Ci sono persone che non hanno più rapporti con gli altri e che non riescono più a stare a galla. E le risposte che la società è chiamata a dare sono sempre più complesse».

I percorsi d’inserimento

«Noi non possiamo obbligare nessuno, la nostra porta rimane aperta a tutti ma di fronte alla libertà delle persone ci dobbiamo fermare, anche se ci costa fatica»

La partecipazione ai percorsi d’inserimento sociale è un’opportunità fondamentale che viene offerta a chi viene intercettato sul territorio. Non tutti, però, sono disposti a mettersi in gioco. E questo è un altro problema. A Sorisole la Comunità del Patronato ospita otto senzatetto in «degenza» e altri 20 in dormitorio. «Arrivano sempre più persone con problematiche complesse – spiega il direttore don Dario Acquaroli – e a mettere in difficoltà gli operatori è la cronicità di queste situazioni. Non si può più pensare di affrontare solo l’emergenza, bisogna provare a dare risposte diverse che prendano in considerazione la vita personale di ognuno». In altre parole, serve cambiare prospettiva e provare a trovare soluzioni che siano davvero alla portata di tutti: «Molte volte le persone rifiutano i progetti che proponiamo loro perché sanno di non riuscire a reggerne i percorsi – dice ancora don Acquaroli –. Non possiamo aiutare gli altri partendo dal nostro punto di vista, ma mettendoci nei loro panni e dialogando con loro per capire insieme cosa si può fare». Il rischio è di perdere qualcuno per strada e all’indomani della morte del clochard nella tenda di via Tommaseo, anche questo è un tema sul quale oggi ci si interroga: «Agganciare i senza fissa dimora è difficile, trattenerli lo è ancora di più – racconta don Roberto Trussardi, direttore della Caritas –. Noi proviamo ad insistere affinché tutti proseguano i loro rispettivi percorsi, ma non sempre è possibile. Noi non possiamo obbligare nessuno, la nostra porta rimane aperta a tutti ma di fronte alla libertà delle persone ci dobbiamo fermare, anche se ci costa fatica».

L’accoglienza in città

Il sistema messo in campo dagli enti ecclesiastici si occupa di ogni aspetto dell’accoglienza e oltre a dare un tetto a circa 400 persone, comprende anche le mense dei poveri dei frati cappuccini e del servizio Esodo (gestito ancora dalla Comunità don Milani), arrivate a distribuire rispettivamente 200 pasti a pranzo e circa 160 la sera, numeri mai così alti. Sono cresciuti anche i numeri delle docce, ora ospitate al Galgario e che da metà mese torneranno nella sede della Caritas: in pochi mesi si è passati da 15-20 a una quarantina al giorno. «I servizi stanno scoppiando – ribadisce don Trussardi –. Tanto è stato fatto in questi anni in termini di collaborazione tra enti educativi, ma si può fare di più anche nella costruzione di un coordinamento migliore con le forze di polizia. Voglio ricordare che i nostri servizi sono erogati grazie anche a una convenzione con il Comune e con il sostegno della Fondazione della Comunità Bergamasca, e alla dedizione di tanti operatori, volontari e associazioni, tra cui la Croce Rossa di Bergamo, che tre volte alla settimana fornisce assistenza ai nostri ospiti al Galgario. Una collaborazione necessaria e preziosa, per cui ringrazio tutti, e che dobbiamo insieme cercare di intensificare».

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