Giallo di Colognola, le contraddizioni della colf: in tre ore versioni diverse a polizia e testimoni

BERGAMO. Il gip nell’ordinanza sottolinea i racconti discordanti forniti il giorno della morte di Rosanna Aber sul luogo in cui si trovava, cosa stava facendo, il tentativo di salvarla.

Tante, troppe contraddizioni nel raccontare ciò che avvenne il 22 aprile 2022 quando Rosanna Aber, 77 anni, cadde dalla finestra della sua camera da letto al quarto piano della palazzina di via Einstein 1. Nell’ordinanza del gip Alessia Solombrino, che il 15 novembre ha mandato in carcere K. M., la colf ucraina di 25 anni accusata di avere ucciso la pensionata, emergono le diverse versioni che la ragazza ha fornito agli agenti, sentita lo stesso giorno a distanza di tre ore, alle 14,35 e alle 17,25. Ma anche le versioni diverse fornite ai testimoni che per primi prestarono soccorso all’anziana. I pm Emanuele Marchisio e Guido Schininà accusano la colf – difesa dall’avvocato Andrea Pezzotta – dell’omicidio della donna con l’aggravante di voler nascondere un altro reato, quei furti di denaro (duemila euro in tutto) tramite tre prelievi con il bancomat (il 5, 13 e 21 aprile) che l’anziana aveva scoperto e per i quali era intenzionata a presentare denuncia contro ignoti quel pomeriggio. Aggravante da ergastolo, per cui se si andrà a processo non potrà accedere al rito abbreviato che prevede lo sconto di pena. I soldi, secondo gli investigatori, servivano alla colf per pagare la sua dipendenza da videopoker.

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Nella prima versione delle 14,35 agli agenti delle Volanti, K. M. ricostruisce così quei momenti: Rosanna Aber rincasa alle 13, va in camera da letto mentre lei si dirige in corridoio a fare le pulizie. Dopo circa 20 minuti sente delle urla provenire dalla camera da letto, nota la finestra aperta, si affaccia e vede l’anziana a terra, sente che mormora parole di aiuto e chiede ai passanti di chiamare il 118. Nella seconda versione delle 17,25 ai poliziotti della Squadra mobile racconta un’altra storia: Rosanna Aber torna a casa alle 13,20-13,30, si reca in cucina mentre lei va in camera da letto a fare le pulizie, sollevando la tapparella della finestra già aperta. La Aber le dice che avrebbe pulito da sola quella stanza e lei prende un tappeto in corridoio e lo porta sul balcone della cucina. Rientrando sente un forte urlo provenire dalla strada, ma non lo collega subito alla voce della pensionata. Va in camera da letto, l’unica stanza con la finestra aperta, si accorge che la signora non c’è, guarda nel bagno e poi sente delle voci di ragazzi che dicono di chiamare il 118. Solo in quel momento si affaccia alla finestra della camera e vede il corpo della donna a terra.

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Non solo: il giudice sottolinea anche le versioni discordanti fornite dalla colf ai testimoni, a distanza di pochi istanti l’uno dall’altro, per allontanare i sospetti da lei. Il primo testimone – un ragazzo che insieme a un’amica era in piazzale della Scienza e ha visto l’anziana cadere di schiena dalla finestra – fa mettere a verbale che la colf prima dice ad alcune persone in strada di aver cercato di afferrare la donna, simulando il gesto con la mano. A lui, invece, di essere stata in corridoio a pulire il pavimento, senza menzionare il tentativo di salvare l’anziana. A un altro testimone, che passava col cane e ha sentito le voci di due donne che discutevano, la colf riferisce che, mentre puliva il bagno, ha visto la signora alla finestra e si è avvicinata cercando di afferrarla. Ma pochi istanti dopo, a due donne in strada, dice che al momento della caduta stava pulendo il pavimento del corridoio.

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Perché questi repentini cambi di versione? Secondo l’accusa, K. M. quando scende in strada non sa se la signora è ancora viva né se sia stata vista mentre la spingeva giù dalla finestra. In questa eventualità, per giustificare la sua presenza nei pressi della finestra, racconta di aver tentato di afferrarla. Una volta accertata la morte della donna, cambia versione e si colloca il più lontano possibile dalla camera da letto. Anche la dinamica della caduta ricostruita dai testimoni (tre l’hanno vista cadere, due hanno sentito la discussione) e dagli agenti dell’Aisc (Analisi investigativa della scena del crimine) di Milano hanno pesato sulla decisione del gip: i primi hanno riferito che Rosanna Aber era di schiena, quasi sdraiata sul fianco destro sul davanzale, che faceva dei movimenti delle braccia come a voler «rientrare» nell’appartamento prima di cadere con un movimento quasi forzato. Nessuno ha però visto la colf che la spingeva. I rilievi dei poliziotti hanno escluso, per come è caduta, per l’altezza del davanzale, l’assenza di sedie o sgabelli sotto la finestra, ipotesi diverse da quella dell’omicidio.

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