Gandi: più vicini alle fragilità nei quartieri. «Sì a soluzioni per agevolare il commercio»

L’INTERVISTA. Il vicesindaco, al terzo mandato, ha assunto anche la delega alla Cultura: «È stata una scelta politica ma che testimonia la centralità del settore». «Felice di rappresentare il trait d’union con la giunta precedente».

C’è stato un momento, nell’autunno scorso, in cui la sua esperienza in politica sembrava ai titoli di coda. Da «erede» naturale di Giorgio Gori, di cui è stato il vice per 10 anni, alla rinuncia per lasciare campo libero ad Elena Carnevali. Poi la decisione di appoggiare la candidatura dell’aspirante sindaca e di ripresentarsi al giudizio degli elettori. Oggi l’avvocato Sergio Gandi si candida a diventare il vicesindaco più longevo della città. In carica dal 2014 – anche come assessore al Bilancio –, è stato riconfermato da Carnevali, che gli ha affidato anche due deleghe nuove di zecca, quella al Commercio e (a sorpresa) quella alla Cultura.

Partiamo da quel fatidico passo indietro.

«In quel periodo credevo che fosse arrivato il momento di fermarmi. Poi ho maturato un’opinione diversa, ho pensato di poter dare ancora un contributo, seppure in un ruolo diverso da quello del sindaco».

Cosa le ha fatto cambiare idea?

«Ha prevalso la passione per la politica e per la città. Amo la mia professione, che spero di poter continuare a svolgere, ma le deleghe che mi sono state affidate sono impegnative e dovrò tenerne conto».

Lei, forse più di altri, rappresenta il segno della continuità.

«Effettivamente mi è stato chiesto di ricoprire anche un po’ quel ruolo, visto che Elena Carnevali si è posta in maniera diversa, più innovativa rispetto al passato».

Una sorta di «garante»?

«Diciamo che sono molto orgoglioso di quello che abbiamo fatto negli anni passati, ed essere visto come trait d’union non può che farmi piacere. Elena ha il vantaggio di non dover replicare quello che è stato fatto; ci sono progetti già definiti che vanno portati a termine, penso ad esempio alla continuità con la Capitale della Cultura, ma credo che il suo compito sia diverso».

Cioè?

«Serve un’opera più attenta alla dimensione dei quartieri, dove c’è bisogno di una ricucitura di alcune situazioni critiche e di sostegno alle fragilità».

La città è passata da un sindaco «decisionista» a una sindaca più «inclusiva». Ci sarà da abituarsi a una gestione diversa.

«Non è una differenza da poco, ma è un cambio in linea con le esigenze che riteniamo prioritarie oggi. E in quanto a determinazione, Elena Carnevali non ha nulla da invidiare a Giorgio Gori. È partita bene anche sulla composizione della giunta: ha ascoltato tutti, cercando di ottemperare a tutte le necessità e alle esigenze di rappresentanza, poi però ha deciso senza farsi condizionare. Ma non c’è solo una “sindaca”: la squadra è composta al 50% da uomini e al 50% da donne e anche questo è un passo avanti».

Si è parlato anche di un vicesindaco donna.

«A lungo, sì. È stata una decisione che Elena si è riservata per sé e che non ha discusso con nessuno».

È stato lei voler lasciare la delega alla Sicurezza?

«L’idea era di affidarmi alcune deleghe impegnative e siccome non si può fare tutto, la Sicurezza è stata affidata a Giacomo Angeloni. Parliamo di una delega che comporta un certo logoramento per la quale serviva un’energia diversa. Io però resto a disposizione, ho persino aperto una chat con la comandante di vigili e l’assessore Angeloni, un po’ perché sono rimasto legato a un settore che mi ha dato molto, e un po’ perché serve un raccordo di carattere operativo per consentire ad Angeloni di fare al meglio il suo mestiere».

Il tema della sicurezza è stato uno dei più dibattuti in campagna elettorale. Lei si sente di aver fatto qualche passo avanti?

«Ci sono state innovazioni dal punto di vista tecnologico, organizzativo e normativo: abbiamo raddoppiato il sistema di videosorveglianza, utilizzato i droni, le unità cinofile e quelle mobili di quartiere. Abbiamo introdotto il fotosegnalamento, organizzato una serie di iniziative sul tema della partecipazione, girando per i quartieri, e istituito un osservatorio per la sicurezza presidiato dal sottoscritto e dall’assessore alle Reti di quartiere, che non a caso era proprio Giacomo Angeloni. Lui è la persona più adatta a raccogliere l’eredità della Sicurezza perché conosce bene il territorio».

Per il Commercio, da subito si è parlato di lei; è un altro settore sul quale le aspettative sono molto alte.

«È un tema che mi appassiona. C’è la questione della desertificazione commerciale di alcuni punti della città. I motivi sono diversi: in via Masone, per esempio, la chiusura di alcuni studi professionali ha impoverito le attività commerciali. C’è il tema dell’apertura dei piccoli supermercati, che sono comodi, ma che possono far patire i piccoli negozi. Il Comune non ha tante leve per determinare quante e quali tipologie merceologiche possono insediarsi, serve però fare delle riflessioni, per esempio, sul tema dell’accessibilità e dei parcheggi. L’idea è di creare delle condizioni per poter parcheggiare a prezzi calmierati o beneficiando della prima ora gratis, attraverso convenzioni con strutture private o pubbliche».

C’è la sensazione che negli ultimi 10 anni sia stato fatto poco.

«Non credo. Del resto, guardando i numeri le attività non sono diminuite: è cambiata per la popolazione e c’è un fortissimo turnover».

Che però non è segno di un commercio in buona salute.

«No, ma è un aspetto sul quale bisogna lavorare. L’amministrazione c’è e il ruolo dei commercianti rappresenta una ricchezza non solo economica, ma anche sociale. Ho già chiamato le associazioni di categoria, che incontrerò presto. Voglio incontrarle tutte, anche quelle di quartiere».

In pochi si aspettavano di vederla alla Cultura. Com’è maturata questa decisione?

«È maturata nella testa della sindaca e io sono molto onorato. Non è banale fare l’assessore alla Cultura subito dopo l’anno della Capitale. Per me si tratta di un mondo nuovo rispetto a ciò di cui mi sono sempre occupato».

Cosa diciamo a chi si chiede cosa c’entri Sergio Gandi con la Cultura?

«Capisco, ma in questi casi o si sceglie un tecnico particolarmente competente e innovativo, oppure una figura con una certa esperienza e politicamente “solida” da riuscire a fare da raccordo a ciò che la città può esprimere».

È stata quindi una scelta politica?

«Direi di sì, ma non estranea alle istituzioni della città. La scelta che Elena Carnevali ha fatto di mettere la Cultura nelle mani del vicesindaco è anche un segno di come la cultura sia un elemento centrale dell’Amministrazione».

Lei come l’ha presa?

«Con spirito di servizio, sperando di poter dare un contributo. Ci sono progetti di grande importanza, dalla nuova Gamec al recupero di San Michele all’Arco, fino al completamento dell’ex Mercato ortofrutticolo. Sulla produzione culturale mi metterò al tavolo con chi la promuove per allargare la partecipazione e proseguire sul tema della coprogettazione e della valorizzazione delle realtà associative».

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