Fuga dall’eccidio in Ucraina: «Io manager a Bucha, accolta a Bergamo»

La storia Trentaseienne dirigente d’azienda nella cittadina ucraina teatro dei massacri, è scappata in Italia con la figlia di 10 anni. Con lei anche un’altra mamma e una bimba di neppure due anni.

Per la seconda volta nella sua vita ha aperto le porte di casa all’Ucraina. Tiziana, residente a Bergamo, lo aveva fatto nel 2012 per accogliere i suoi figli di 19 e 17 anni, originari proprio del Paese dell’Est Europa. Ed ora, con l’invasione russa in Ucraina, ha deciso di ospitare quattro profughe in fuga dalla guerra. Si tratta di due mamme, Svetlana, manager a Bucha, cittadina nell’oblast’ di Kiev divenuta tristemente nota per le recenti e drammatiche cronache di guerra, e Tania, infermiera di Ternopil con il marito al fronte, e le rispettive bimbe.

La generosità di Tiziana

«Sono da noi dallo scorso 27 marzo: prima erano al seminario di Città Alta – ha spiegato Tiziana, 51 anni -. H o l’Ucraina nel cuore e il mio pensiero è stato subito quello di dare la disponibilità alla Caritas per queste famiglie in difficoltà. Alloggiano nell’appartamento dove viveva mio suocero, morto da poco, e risentire rumori in casa è stato significativo. La nostra è un’ospitalità con il cuore: sono donne con un grande coraggio perché hanno lasciato tutta la loro vita e sono arrivate qua da sole. Alcune sere mangiamo insieme la pizza, altre i cibi tipici ucraini: si è creato un bel clima in questa casa quasi tutta al femminile».

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La fuga in auto: 22 ore di viaggio

Svetlana è scappata fino a Bergamo in macchina. E per lei è stato un ritorno in Italia. «Ho lavorato come domestica dal 2006 al 2017: poi sono tornata a Kiev per lavorare, da manager commerciale, a Bucha, la località sede del recente massacro da parte russa – ha raccontato la donna, 36 anni, mamma di una bambina di 10 -. Non so come tornerò in quell’inferno e cosa troverò, ma non voglio piangere perché siamo un popolo fiero e forte. Vinceremo la guerra e ricostruiremo il Paese più bello del mondo. Se perderemo, tornerò comunque e distruggerò con le mie mani la casa che ho costruito da sola alle porte di Kiev: il frutto di mille sacrifici non cadrà nelle mani dei russi. Non voglio più parlare russo, lingua che conosciamo tutti in Ucraina: da quando è scoppiata la guerra uso solo l’ucraino».

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«La guerra finirà presto, l’Ucraina vincerà»

Alla vigilia del conflitto Svetlana, che abita vicino all’aeroporto, era inquieta. «Avevo preparato la macchina con vestiti e documenti già il 20 febbraio. Il 24 siamo scappate: oltre 22 ore di guida attraverso Romania, Ungheria, Slovenia e Italia, fino in Italia dove avevo lavorato anni fa. Letto su internet dei volontari bergamaschi, sono arrivata in seminario, dove ho dato una mano agli altri profughi con la lingua, dato che parlo italiano. Soffro per i miei cari rimasti a casa e mia figlia piange per i suoi amici. Tramite i social mi sono arrivate, dal sindaco di Boryspol, le immagini e i video dell’inferno che sta capitando da noi. Eppure ho fiducia che la guerra finirà presto, perché siamo nel 2022 e non può essere tollerata una brutalità del genere. Intanto distribuisco il mio curriculum nella Bergamasca: voglio lavorare e non stare con le mani in mano. Sono stata fortunata a capitare da Tiziana e dalla sua famiglia: li aspetto in Ucraina alla fine della guerra. Ci hanno accolti con fiori e palloncini. Da qualche giorno manca il gas in casa: non lo ordiniamo per boicottare Putin».

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«Mio marito dentista, ora è al fronte»

Tania invece ha 28 anni e ha passato 20 giorni in seminario con la figlia di neppure due anni, che ora frequenta l’asilo. «In Ucraina ho lasciato mio marito, un dentista che combatte da volontario contro i russi, a difesa del nostro Paese, e i miei genitori, che non volevano abbandonare la loro fattoria e gli animali – ha raccontato -. Siamo arrivate a Bergamo, dove ho una parente, in pullman, passando per Polonia, Ungheria e Slovenia. Soffro la mancanza da mio marito e ogni giorno voglio tornare da lui. Ci sentiamo spesso ma non può parlare molto: l’unica cosa che dice è che mi ama».

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