Famiglie in affanno, in Lombardia il 7,2% rinuncia alle cure

LA SALUTE. Nel 2023 il 7,2% delle famiglie lombarde – la stima deriva da una rilevazione dell’Istat – ha rinunciato alle prestazioni sanitarie. Seppur al di sotto della media nazionale (che si attesta al 7,6%), il dato lombardo è in aumento rispetto al 6,8% del 2022.

Voce dopo voce prende forma un elenco di note dolenti. La sanità vive una fase difficile ovunque, e anche in Lombardia, secondo quanto emerge dal «7° Rapporto Gimbe», il dossier pubblicato annualmente dall’omonima Fondazione per mettere a sistema un’ampia serie di dati ufficiali sul Servizio sanitario nazionale nelle diverse regioni del Paese. Si parte, ad esempio, da un indicatore tra i più sentiti: nel 2023 il 7,2% delle famiglie lombarde – la stima deriva da una rilevazione dell’Istat – ha rinunciato alle prestazioni sanitarie; seppur al di sotto della media nazionale (che si attesta al 7,6%), il dato lombardo è in aumento rispetto al 6,8% del 2022. Si rinuncia per via dei tempi d’attesa troppo lunghi o dei costi insostenibili nel privato.

Il personale sanitario

Quanto al personale sanitario, la Lombardia presenta organici proporzionalmente più esigui rispetto alla media nazionale: in regione sono infatti presenti 2 medici dipendenti (cioè assunti dal Servizio sanitario regionale) ogni mille abitanti (la media italiana è di 2,11 abitanti) e 4,65 infermieri ogni mille abitanti (la media italiana è di 5,13 ogni mille abitanti); allo stesso tempo il rapporto infermieri/medici, indicatore che dà conto del lavoro di équipe e delle proporzioni tra professioni, è di 2,32 infermieri per ogni medico, contro la media nazionale di 2,44.

Personale sanitario, la Lombardia presenta organici proporzionalmente più esigui rispetto alla media nazionale

La Lombardia ottiene invece i risultati migliori d’Italia per ciò che riguarda il potenziamento delle strutture della medicina territoriale legate alle risorse del Pnrr. Partendo dai dati di Agenas aggiornati a metà 2024, emerge come in Lombardia siano attive (o meglio, «dichiarate attive») 129 Case di comunità sulle 196 previste, il 66% del totale: in Italia, invece, è attivo solo il 19% di queste strutture. Le Centrali operative territoriali «pienamente funzionanti» sono l’84% (10a miglior performance tra le regioni del Paese), contro una media nazionale del 59%, mentre gli Ospedali di comunità attivi sono il 33% (3° miglior risultato), contro il 13% a livello nazionale.

La situazone dei medici di base

Nel dossier prende poi forma l’«identikit» dei professionisti della medicina di famiglia. Il 71% dei medici di base lombardi ha oltre 1.500 assistiti a testa, ben più del 47,7% di media nazionale; per rispettare il «rapporto ideale» che prevede un medico di base ogni 1.250 assistiti, in Lombardia mancherebbero 1.237 camici bianchi. Anche perché, aggiunge Gimbe, solo tra il 2019 e il 2022 la Lombardia ha perso il 10% dei medici di base. Infine, i pediatri di libera scelta. In Lombardia i pediatri hanno in media 979 assistiti, «sopra la media nazionale (898 assistiti per pediatra) e al di sopra del massimale senza deroghe (ovvero 880 assistiti)». E si stima una carenza di 244 pediatri.

«La carenza di personale riguarda, in generale, tutto il Servizio sanitario lombardo, che è l’unico, tra le Regioni che non sono in piano di rientro, ad avere numeri al di sotto della media nazionale»

«I dati del rapporto Gimbe sono davvero allarmanti per la Lombardia». Davide Casati, consigliere regionale del Pd e componente della Commissione Sanità, riassume così quanto messo in evidenza dalla Fondazione. «La carenza di personale riguarda, in generale, tutto il Servizio sanitario lombardo, che è l’unico, tra le Regioni che non sono in piano di rientro, ad avere numeri al di sotto della media nazionale». Per l’esponente dem, «questi dati ci confermano che è necessaria una svolta ed ecco perché abbiamo depositato la legge di iniziativa popolare che approderà in Commissione Sanità per essere discussa».

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