Europee, Fratelli d’Italia in testa. Passano Gori (Pd) e Magoni (FdI)

I DATI. Lo spoglio delle europee: Giorgio Gori con oltre 210 mila preferenze nel Nord-Ovest è secondo nel Pd solo a Cecilia Strada. Lara Magoni di Fratelli d’Italia eletta con più di 20mila voti. In provincia vola FdI, in città il Pd, crolla la Lega.

Fratelli d’Italia conferma il trend di crescita e si pone come primo partito in Italia con il 28,8%, ben oltre l’asticella posta da Giorgia Meloni a quota 26. Buon risultato anche per il Pd targato Elly Schlein che dagli scrutini quasi completi supera il 24% in forte crescita rispetto alle politiche del 2022 in cui, tra l’altro, correva assieme a Renzi e Calenda. Quest’ultimo non supera lo sbarramento con il 3,3% cui risponde il 3,8% della lista Stati Uniti d’Europa. Il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte è al 9,9%, Forza Italia al 9,6% supera la Lega, di poco sopra al 9%. Alleanza Verdi e Sinistra è al 6,7%.

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Nord Ovest, Lombardia e Bergamasca

Nella circoscrizione Nord-Ovest, di cui fa parte anche la Lombardia, Fratelli d’Italia raggiunge il 30,9%, il Pd il 23, la Lega è all’11,9%, Forza Italia al 9,4%, Alleanza Verdi e Sinistra al 7,1%, M5S al 6,7%, Azione al 3,8, Stati uniti d’Europa al 3,8.

In Lombardia Fratelli d’Italia è al 31,79%, il Pd al 22,63%, Lega al 13,09%, Forza Italia al 9,31%, Avs al 6,78%, Movimento 5 Stelle al 5,67%, Azione al 4,02%, Stati uniti d’Europa al 3,73%

In provincia di Bergamo Fratelli d’Italia è al 35,25%, Pd al 22,55%, Lega al 16,19%, Forza Italia all’8,19%, Alleanza Verdi e sinistra al 5,44%, M5S al 4,10%, Azione al 3,07, Stati Uniti d’Europa al 2,64.

Nella città di Bergamo, sempre per le europee, con tutte le sezioni scrutinate il Pd raggiunge il 36,78%, Fratelli d’Italia il 25,9%, la Lega l’8,04%, Forza Italia il 7,68%, Alleanza Verdi Sinistra il 7,67%, Azione il 3,99%, Stati uniti d’Europa il 3,65%, Movimento 5 Stelle al 3,62.

Come cambia il voto in Bergamasca

Rispetto al 2019, cambia così il voto in Bergamasca: Fratelli d’Italia guadagna 29,62 punti (nel 2019 prese il 5,63%), il Pd sale di 2,72 punti (nel 2019 era al 19,83%), la Lega perde 34,92 punti (era al 51,11% cinque anni fa), Forza Italia cresce lievemente (+0,69 punti) e Alleanza Verdi e Sinistra discretamente (+2,14 punti rispetto alla somma di Europa Verde e La Sinistra, liste presenti nel 2019). I 5 Stelle arretrano di 2,78 punti.

In città, alle europee i partiti che sostengono Elena Carnevali superano il 50%: col Pd al 36,78%, Alleanza Verdi e Sinistra al 7,67%, Azione (che alle Comunali ha dei candidati all’interno della Lista Carnevali) al 3,99% e Stati Uniti d’Europa (alle Comunali presenti come Bergamo Europea) al 3,65%, la somma è poco sopra il 52%; di contro, i partiti del centrodestra (Fratelli d’Italia al 25,79%, Lega all’8,04, Forza Italia al 7,68%) si attestano al 41,5%. Mentre i 5 Stelle come detto sono al 3,62. I voti per le Europee in città sembrano allinearsi con gli exit poll Rai per le comunali (Carnevali era indicata con una forchetta dal 53% al 57%, Pezzotta tra il 39% e il 43%, Apicella tra il 3% e il 5%). Ovviamente, le scelte per le comunali possono essere diverse e la differenza la faranno anche le liste civiche.

Candidati bergamaschi

Giorgio Gori (Pd) con oltre 210mila preferenze è il secondo candidato più votato del Pd nella circoscrizione Nord-Ovest, praticamente certa l’elezione.

Lara Magoni (Fratelli d’Italia) è quinta con oltre 20mila preferenze (virtualmente quarta considerando che la prima è Meloni, che ovviamente rinuncerà al seggio): sulla base delle dinamiche del 2019, dovrebbe farcela a centrare il seggio. Niente da fare per Giovanni Malanchini nella Lega, a oltre 9.400 preferenze.

Per il dato della sola provincia di Bergamo, Gori è in testa per preferenze tra i dem con oltre 51mila preferenze, mentre sono oltre 11.610 le preferenze nella sola città di Bergamo - nella quale ha trainato il Pd, primo partito con oltre il 36,78% dei voti, con un affluenza superiore al 60%, molto sopra la media nazionale -, più di 51mila preferenze nella sola provincia di Bergamo, 30mila preferenze in provincia di Brescia (quasi 10mila nella città capoluogo), oltre 21,5mila nella città di Milano, Gori si conferma uno dei nomi forti del Pd lombardo. Lara Magoni con oltre 12.800 preferenze è seconda dopo Giorgia Meloni per Fratelli d’Italia e Giovanni Malanchini con oltre 8.300 preferenze è secondo dopo Vannacci per la Lega.

Per quanto riguarda gli altri bergamaschi in corsa per le europee, più distaccate le posizioni di Luca Perego di Stati Uniti d’Europa (oltre 770 preferenze complessive nella circoscrizione Nord-Ovest), Simonetta Fiaccadori di Azione (oltre 720 preferenze), e Ermanno Gavazzi per Libertà (60). Tutte le info su Eligendo.

Europee, le preferenze in Bergamasca

I dati principali sulle preferenze espresse in Bergamasca alle Europee, tra candidati locali e big nazionali:

Gori (Pd, bergamasco): 51.110

Meloni (FdI): 45.039

Strada (Pd): 17.023

Vannacci (Lega): 13.345

Magoni (FdI, bergamasca): 12.860

Malanchini (Lega, bergamasco): 8.390

Salis (Avs): 5.746

Tajani (FI): 6.980

Renzi (Stati uniti d’Europa): 3.266

Moratti (FI): 3.237

Lucano (Avs): 1.905

Bonino (Stati uniti d’Europa): 1.828

Santoro (Pace terra dignità): 1.580

Calenda (Azione): 1.236

Pedullà (M5S): 722

Fiaccadori (Azione, bergamasca): 284

Gavazzi (Libertà, bergamasco): 33.

Le prime reazioni nella notte

Intorno all’1.45 è arrivata la prima reazione di Alessandro Sorte, deputato coordinatore lombardo di Forza Italia ai risultati elettorali: «Forza Italia esiste, resiste e cresce. Cito Silvio Berlusconi e dico che grazie al coraggio di Antonio Tajani e della nostra comunità stiamo compiendo un vero e proprio miracolo elettorale».

Le stime sui seggi italiani in Europa

Fratelli d’Italia quadruplica i propri seggi al Parlamento europeo, passando dagli attuali 6 ai futuri 23-25. Lo si evince dalla stima fatta da Opinio Italia per la Rai su un campione del 68%. Pesante crollo, invece, per la Lega che dai 29 seggi conquistati nel 2019 passa ai 6-8 di questa tornata elettorale. Stabile il Partito Democratico che passa dai 19 seggi attuali ai 20-22, mentre è in calo il Movimento 5 Stelle, da 14 a 8-10 seggi. Stabile anche Forza Italia, che occupa attualmente 7 seggi e ne ha conquistati tra i 7 e i 9.

Le proiezioni, vale la pena ricordarlo sono basate non su sondaggi ma su dati reali, sui primi scrutini. Sono considerati di solito più affidabili degli exit poll. Lo spoglio delle europee proseguirà per tutta la notte: al mattino di lunedì 10 giugno dunque saranno acquisiti i risultati. Per le comunali i dati saranno «definitivi» nella serata di lunedì.

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Regge la maggioranza Ursula

Ecco invece come è andato il voto negli altri Paesi europei: la maggioranza Ursula è salva, la vittoria dei Popolari è netta, Ursula von der Leyen è più vicina al suo bis alla Commissione Ue. Le elezioni europee registrano l’ondata sovranista ma non determinano il sovvertimento degli equilibri nelle istituzioni comunitari.L’estrema destra ha travolto Emmanuel Macron in Francia e in Germania ha umiliato Olaf Scholz e il suo Spd. I risultati del voto in Italia consolidano anche quelle destre considerata a Bruxelles meno estremiste. Eppure il terremoto sovranista alla fine a livello Ue non c’è stato. La maggioranza composta da Ppe, Socialisti e Renew, stando alle proiezioni, si attesta attorno ai 400 seggi, con un margine piuttosto netto rispetto alla soglia minima di 360. Un margine che allontana l’ipotesi di un dialogo con Giorgia Meloni.

«Invitiamo i Socialisti e Renew ad un’alleanza pro-europea», è la mano tesa del leader del Ppe, Manfred Weber, e poi della stessa von der Leyen, convinta che si debba continuare «con una piattaforma pro-Ue, pro-Ucraina e pro-Stato di diritto».Teoricamente i tre partiti filo-Ue possono fare a meno di qualsiasi supporto esterno. Il Ppe potrà contare su 189 seggi, S&d su 135, i Liberali (che hanno perso ventidue eurodeputati) su 80. Il gruppo dei Conservatori e Riformisti è avanzato di poco (da 68 a 72) a causa delle cattive performance di Vox in Spagna e del PiS in Polonia. Il gruppo Identità e Democrazia (passato da 59 a 58 seggi, ma nel conteggio ora sono esclusi i 17 membri di Afd) ha risentito della caduta della Lega rispetto al 2019. Dall’altra parte dell’emiciclo, la Sinistra ha retto il colpo passando da 37 a 36 seggi.

La vera novità è il grande fronte dei non iscritti da 98 seggi, che dà vita ad un insieme estremamente eterogeneo, che certamente non resterà nel limbo di chi non appartiene a nessun gruppo. Tanto per fare alcuni esempi, gli orbaniani di Fidesz bussano alla porta di Ecr, i tedeschi di AfD potrebbe tornare in Id, l’opposizione ungherese si avvia ad entrare nel Ppe assieme al partito degli agricoltori olandesi.

In questo quadro il Ppe, pressato da Scholz e Macron, non può più giustificare alcun dialogo con la destra, a cominciare da quella guidata da Giorgia Meloni. Manfred Weber, in merito ad un eventuale dialogo con Ecr, non si è sbilanciato ma ha chiarito due punti: qualsiasi ipotesi di alleanza partirà da Ppe, S&D e Renew. Allo stesso tempo, ha avvertito che «l’esito delle elezioni dovrà essere rispettato» nella distribuzione dei top jobs. In altre parole, i partiti filo-Ue dovranno concordare sulla scelta di von der Leyen e Roberta Metsola per la guida della Commissione e per quella (almeno per la prima metà della legislatura) dell’Eurocamera. I Socialisti, con il vice presidente Pedro Marques, hanno ammesso la sconfitta e hanno fatto una netta apertura alla Spitzenkandidat precisando tuttavia che «mai saranno in coalizione con l’ultradestra di Ecr e Id». Da giorni, invece, il Ppe tornando sui suoi passi ha riaperto un canale con i Verdi. Affidarsi solo ai tre partiti dell’asse europeista, per von der Leyen, resta rischioso a causa dei franchi tiratori, che il 18 luglio prossimo potrebbero manifestarsi a Strasburgo in tutta la loro pericolosità: nel Ppe calcolano una quota del 15% di voti in meno nel segreto dell’urna.

La sponda dei Verdi per blindarsi sarebbe decisiva ed eliminerebbe qualsiasi torsione a destra della maggioranza, consolidando al tempo stesso il sostegno all’Ucraina, pilastro di tutti i partiti filo-Ue. «Chiediamo impegni sul Green Deal per sostenere von der Leyen», è la prima condizione posta dai Greens. Dall’altro un gruppo unico delle destre, nel segno di Marine Le Pen e Giorgia Meloni, è tutt’altro che escluso soprattutto se nessuna delle delegazioni di Ecr sosterrà l’ex ministra della Difesa tedesca.

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