«Entriamo anche nelle case più lontane, in ascolto delle persone con umiltà»

IL VIAGGIO. Cuba, i racconti dei sacerdoti bergamaschi che operano nelle parrocchie della zona di Baracoa. «Le Messe, la catechesi, ma raccogliamo anche i bisogni più concreti: portiamo un seme per far generare frutti».

A Cuba dialoghiamo con i tre sacerdoti bergamaschi che operano nella zona di Baracoa. Si tratta di don Efrem Lazzaroni, 45 anni, di Cenate Sopra, a Cuba da dieci anni, parroco di Cabacú e Jamal; don Sergio Armentini, 40 anni, di Stezzano, missionario dal 2022, parroco di Maisí e don Massimo Peracchi, 52 anni, di Gazzaniga, a Cuba dal 2018, parroco di Baracoa. Chiediamo loro le caratteristiche della loro missione: come vivono la loro giornata e quale passo del Vangelo ispira maggiormente il loro servizio.

Come si svolgono le vostre giornate?

Don Efrem: «Vivo in luogo dove nel raggio di 25 chilometri sorgono una trentina di comunità. In alcune i fedeli cattolici si contano su una mano. Le case sono sparpagliate, inghiottite dalla natura. Al mattino resto a casa a Jamal per occuparmi delle cose di casa e delle parrocchie, per scrivere e preparare qualche attività pastorale. Tutti i pomeriggi esco e raggiungo una o più comunità. Celebro la Messa, condivido con le persone la Parola di Dio. La sera c’è la catechesi o qualche incontro. È un grande vantaggio avere l’auto che diventa anche luogo di incontro e di dialogo con chi condivide con me gli spostamenti: catechisti, collaboratori o persone raccolte lungo la strada. Quando arrivo a Yumuri suono il clacson che funge da campana per avvisare che a breve inizia la Messa. Il Covid che teneva tutti distanti mi ha fatto capire ancora di più quanto sia importante essere segno di una presenza che non abbandona nessuno. Sono straniero in questa terra, a volte provo solitudine e mi chiedo cosa sto facendo. Capisco però che non importa tanto il cosa fare, ma l’essere uomo, prete, credente credibile e accogliente e con questo puoi evangelizzare».

Don Sergio: «Cerco di vivere le mie giornate come uomo di Vangelo che è quello che le persone vedono in me. C’è un grande rispetto verso l’autorità e il ruolo che uno ha all’interno della comunità; cerco di porre il mio servizio in mezzo alla gente con umiltà e di essere punto di riferimento della loro fede. Mi alzo verso le 6,30 e alle 8 ho già pianificato la giornata con i miei collaboratori. Poi resto a casa a preparare quello che serve sotto tanti aspetti. Quasi tutti i pomeriggi raggiungo le comunità più lontane. L’annuncio del Vangelo è semplice e diretto. Per questa zona mi occupo anche della pastorale giovanile con proposte soprattutto nel periodo natalizio e pasquale. Percepisco ogni giorno l’incertezza che pervade la vita quotidiana della gente, un “se” che pone la condizione per tante cose: se c’è un mezzo di trasporto, se c’è la luce, se il fiume non è in piena, se c’è la benzina, se è reperibile ciò di cui si ha bisogno».

Don Massimo: «Oltre alla parrocchia della città seguo anche 16 comunità nel Campo. Abbiamo un’unica struttura parrocchiale che oltre a essere la mia casa è sede della segreteria, della Caritas ed è luogo di incontri. Al mattino ricevo la visita di molte persone che chiedono cibo, abiti, medicine. Sono in molti anche a richiedere il certificato di Battesimo dei nonni che può dare più possibilità di espatrio soprattutto verso la Spagna. Quattro pomeriggi alla settimana raggiungo le comunità lontane. La sera è dedicata ai incontri. Il venerdì è per i giovani che compongono un bel gruppo. Durante l’anno scolastico molti di loro studiano lontano e il periodo delle vacanze è un’occasione per trovarsi tutti insieme. Ci sono poi le riunioni della Caritas e il percorso del Catecumenato per prepararsi a ricevere i Sacramenti».

Quale passo del Vangelo sentite più vostro in questo servizio missionario?

Don Efrem: «Il Vangelo della Visitazione mi ha ispirato fin dall’inizio. La visita si dà e si riceve e rappresenta una Chiesa in movimento, capace di uscire e entrare nelle case e nella vita delle persone. Farlo in bicicletta o a piedi è ancora più bello».

Don Sergio: «Ho nel cuore due versetti. Uno è dell’Antico Testamento - “Ecco, manda me” - e l’altro è l’invio dei discepoli da parte di Gesù - “Vi mando due a due” - perché il mio servizio missionario è accompagnato quasi sempre dalla presenza di una religiosa cubana».

Don Massimo: «La parabola del seme. La sento fortemente vicina sia personalmente che a livello di comunità. Un seme che nella terra si spera porti frutto».

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