Emergenza carcere, sale l’attenzione: «Numeri al collasso e il disagio cresce»

L’ALLARME . Quello di Bergamo è il sesto più affollato d’Italia: 570 i reclusi a fronte di 319 posti. Il personale è sottodimensionato. Le associazioni e i penalisti: «Situazione esplosiva».

l sole sbatte sul muro di cinta e sulle finestre, illuminando ancora una volta i problemi ormai cronici. A Bergamo come in tutte le carceri d’Italia: la calda estate penitenziaria racconta di un disagio diffuso, reso rovente dai numeri del sovraffollamento, mentre gli organici restano sottodimensionati. Perché se vivere dietro le sbarre – il discorso vale anche per chi con i detenuti ci convive, cioè la polizia penitenziaria e gli operatori – è una dura condizione tutto l’anno, l’estate è il periodo più difficile.

La situazione

Al 31 luglio, secondo i dati del ministero della Giustizia, la casa circondariale di Bergamo ospitava 570 reclusi a fronte di 319 posti regolamentari: il tasso di affollamento è così al 178,7%, il sesto più alto d’Italia; come una piccola città nella città, il «quartiere» del carcere ospita 38 donne e in totale 265 stranieri. «Purtroppo, facciamo i conti con problematiche che durano da tempo e ovunque – sospira Valentina Lanfranchi, garante dei detenuti di Bergamo –. Il caldo rende tutto più difficile, e in questa situazione c’è sempre il timore che possa verificarsi qualche evento critico: a Bergamo fortunatamente non si sono verificate tragedie quest’anno, ma la paura c’è».

Le nuove misure

« I problemi di base sono il sovraffollamento e la scarsità di personale, da cui a cascata discende l’impossibilità di occuparsi concretamente dei detenuti».

La questione carceraria ha occupato le pagine estive del dibattito politico: il primo decreto varato dal Governo su proposta del ministro della Giustizia Carlo Nordio, la sua conversione in legge (tra i punti: mille agenti assunti da qui al 2026, un commissario per l’edilizia straordinaria, l’ampliamento delle possibilità di accesso alle comunità terapeutiche per i detenuti tossicodipendenti), le nuove ipotesi sui futuri interventi. «Queste misure non sono però risolutive – commenta Lanfranchi –: una delle tematiche prioritarie è la sanità penitenziaria, e in particolare il disagio psichico». Per l’avvocato Enrico Pelillo, presidente della Camera penale di Bergamo, il decreto «somiglia più a una dichiarazione di intenti, per quanto lodevole, ma che tale rimane: servirebbero invece interventi organici e immediati, perché la situazione è drammatica».

Drammatico è lo stillicidio della cronaca, dai suicidi alle rivolte: «Per fortuna a Bergamo non si sono registrati episodi di questo tipo – rileva il penalista –, ma non possiamo farne un vanto né escluderlo in futuro. I problemi di base sono il sovraffollamento e la scarsità di personale, da cui a cascata discende l’impossibilità di occuparsi concretamente dei detenuti». I dati ufficiali del Dipartimento per le Politiche antidroga segnalano che il 50% dei carcerati lombardi ha un problema di tossicodipendenza, situazione che molto spesso si lega anche al disagio psichico.

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«Estate non semplice»

È la vicinanza umana l’antidoto alla solitudine estiva, quando tipicamente le attività interne si diradano. Alla vigilia di Ferragosto è stato organizzato un piccolo momento di socialità per i reclusi e le loro famiglie: negli spazi all’aperto del carcere è stato allestito un rinfresco e un’anguriata. Gesti piccoli ma concreti per cercare uno scampolo di leggerezza: «È stato un momento molto bello che ha coinvolto il circondariale, il penale e il femminile – racconta Valentina Lanfranchi –: educatori, volontari, associazioni e agenti di polizia penitenziaria hanno voluto mostrare la propria vicinanza»

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Da novembre, l’applicazione delle nuove disposizioni del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha limitato ulteriormente la socialità dei detenuti: è il ritorno al regime delle «celle chiuse», con i detenuti che devono così rimanere anche 22 ore su 24 nelle proprie stanze, salvo che per le ore d’aria e l’eventuale partecipazione ad attività sociali, educative o trattamentali. Ne consegue «un’estate non semplice – riflette don Dario Acquaroli, uno dei cappellani di via Gleno –, e il caldo rende tutto più complesso. C’è il forte lavoro di tutto il personale, dalla polizia penitenziaria agli educatori, per permettere di superare questo periodo impegnativo: in carcere si vive una situazione di costante fatica». Questo disagio non sarà scalfito nemmeno dagli ultimi provvedimenti.

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I fronti aperti

«Una delle priorità è la questione del lavoro: lanciamo un appello a imprenditori e aziende affinché scommettano su questo tema».

«Faccio un esempio concreto – approfondisce don Acquaroli –. Il decreto si propone di rendere più agile la procedura per l’accesso nelle comunità terapeutiche per detenuti tossicodipendenti: già oggi, però, nelle comunità terapeutiche mancano i posti. Dall’altra parte, e chi opera nel settore lo sa, l’inserimento in una comunità funziona se una persona ci vuole davvero entrare: se anche ci fossero posti sufficienti, l’esito positivo di quel percorso non sarebbe automatico. In questi ultimi provvedimenti mancano alcuni temi: l’importanza dei percorsi di consapevolezza del reato, l’aumento del personale educativo, il potenziamento del reinserimento lavorativo». La drammatica contabilità umana di «Ristretti Orizzonti», storico osservatorio sulla situazione penitenziaria in Italia, racconta che da inizio anno sono già stati 67 i suicidi nelle carceri: agosto non è nemmeno finito e già si è quasi eguagliato il totale di 69 suicidi dell’intero 2023. A questi si aggiungono poi 100 reclusi morti per altre cause: malattia, overdose, «cause da accertare». Notizie che periodicamente passano anche sulle televisioni nelle celle dei detenuti, e che fanno paura.

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«In carcere si cerca di esorcizzare queste notizie – spiega don Luciano Tengattini, cappellano della casa circondariale –: quasi si preferisce non parlarne, anche per la paura che succeda qualcosa anche qui. Queste vicende le ricordiamo però nei momenti della preghiera, con un pensiero alle vittime e ai loro familiari. Una delle priorità, oltre al disagio psichico che rende difficile la situazione per detenuti e agenti, è la questione del lavoro: lanciamo un appello a imprenditori e aziende affinché scommettano su questo tema».

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