«Elnajar ad Azzano era un fantasma». Permesso in scadenza e pericolo di fuga

L’INDAGINE TERRORISMO. Il sindaco: il pizzaiolo non risulta residente o domiciliato, forse ospitato irregolarmente da connazionali. Il gip: cercava siti relativi alla produzione di documenti falsi.

Viveva come un fantasma ad Azzano San Paolo Sajed Elnajar, il pizzaiolo egiziano di 22 anni presunto jihadista arrestato venerdì per apologia di delitti di terrorismo.

«Non risulta residente, domiciliato e nemmeno ospitato in via ufficiale da qualcuno» spiega il sindaco Sergio Suardi, ma d’altra parte è difficile pensare che volesse essere in qualsiasi modo rintracciabile. «Dal nome che abbiamo letto sui giornali, perché a noi la Polizia di Stato non ha comunicato nulla, non risulta neanche titolare di un contratto d’affitto. Può darsi che fosse ospite di qualche connazionale, la prossima settimana chiederemo alla Polizia dov’era alloggiato in modo da contattare la persona che lo aveva in casa».

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Anche al lavoro, in una pizzeria da asporto in via Garibaldi, nel pieno centro di Bergamo, il titolare lo descrive come una persona gentile, irreprensibile, di poche parole. La Polizia locale di Azzano non lo ha mai fermato per controlli, da solo o in compagnia di altre persone. Eppure, dalle indagini della Digos di Bergamo e Brescia, il giovane era in procinto di mettere in pratica un attentato insieme a un altro connazionale , perquisito

Una telefonata lunghissima su Whatsapp con un amico, all’origine del blitz e dell’arresto

venerdì ma su cui gli inquirenti mantengono il più stretto riservo perché le indagini sono ancora in corso. In particolare, in una telefonata Whatsapp tra i due intercettata il 29 settembre poco dopo le 23, e durata ben 11 ore e 11 minuti, Elnajar dice che al «momento» mancano 2-3 mesi, «rappresentando in modo inequivoco – scrive il gip nell’ordinanza – l’intenzione di passare all’azione, tanto da essere incitato dall’amico il quale afferma che Dio sarà con lui, qualsiasi sia la sua idea».

Le conversazioni del giovane

Cosa volesse fare, lo si intuisce da un altro passaggio della telefonata: «Il posto dove lavoro è al piano terra, e le finestre erano aperte, c’erano delle persone davanti alla chiesa (di San Giuseppe, ndr), vestite di nero (i sacerdoti, ndr) e io ero in piedi con un coltello in mano, ho pensato: “Se questo coltello entra nel corpo di un umano... che faccio? Esco o non esco?”».

Dopo aver ascoltato quella telefonata, la Procura di Brescia che coordina le indagini ha deciso che attendere oltre sarebbe stato troppo pericoloso, da qui l’arresto di venerdì. La prossima settimana Elnajar sarà interrogato dal gip di Brescia e se vorrà potrà fornire la sua versione dei fatti.

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Il giovane è in carcere

Il giudice ha deciso per la custodia in carcere per il concreto pericolo che «commetta altri gravi delitti della stessa specie di quelli per cui si procede» e sottolinea «la programmazione di un atto fortemente violento e pericoloso», la «personalità dalle posizioni estremamente radicali e con un’ideologia intrisa di esecuzioni cruente, sparatorie e decapitazioni, in nome della Jihad». Per capire cosa pensasse, la Polizia ha seguito tutti i suoi profili social, i suoi post, le persone e i profili che seguiva e condivideva. La Procura lo accusa di sostenere l’Islamic State Khorasan Province, associazione di stampo jihadista. «Sussiste inoltre il pericolo di fuga – scrive ancora il gip motivando le esigenze cautelari – dal momento che, tenuto conto dell’imminente scadenza del permesso di soggiorno (lo aveva ottenuto per motivi di lavoro il 20 giugno, ndr) e della consultazione da parte dello stesso di siti relativi alla produzione di documenti falsi, è ravvisabile la ragionevole probabilità che l’indagato, ove non si intervenisse, fuggirebbe».

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