Di Naro, il bergamasco dello Sputnik
Da giugno produrrà 10 milioni di dosi

È nato a Bergamo il fondatore della «Adienne», prima azienda europea che produrrà il vaccino russo. L’ex sede in città, poi il trasloco forzato causa burocrazia di due Comuni orobici a Caponago, al posto di AstraZeneca.

Si chiama Antonio Francesco Di Naro, ha 54 anni ed è l’«anima bergamasca» della Adienne, la prima azienda europea che dovrebbe produrre lo Sputnik V, l’ormai noto vaccino anticovid russo. Di Naro è infatti nato a Bergamo e proprio a Bergamo fondò, nell’ottobre del 2004, la «Adienne Pharma & Biotech», una volta fatto ritorno nella sua città natale quando, a 38 anni, a sorpresa si dimise dall’ultima delle varie esperienze lavorative in case farmaceutiche internazionali come dirigente sia scientifico che manageriale. Lo fece – disse – per inseguire un sogno che, 16 anni dopo, potrebbe concretizzarsi in un incarico in prima linea nella lotta al coronavirus.

Oggi la Adienne – che è l’acronimo delle iniziali del suo primo nome e del cognome – ha la sede operativa a Caponago, paese di cinquemila abitanti vicino all’uscita di Agrate dell’A4; lo stabilimento si trova, ironia della sorte, proprio sull’area che in passato ha ospitato una sede di AstraZeneca, il colosso a sua volta in campo per l’altro omonimo vaccino anti-Covid già in distribuzione anche nel nostro Paese. Fino a qualche anno fa la sede legale della Adienne era invece in via Broseta a Bergamo, mentre un’altra attuale sede è in Svizzera, a Lugano.

A 28 anni ruolo già dirigenziale

«Di Naro, socio unico, ha deciso di gestire interamente e personalmente ogni aspetto di questo progetto, compresa l’informazione», spiega il sindaco del paese in provincia di Monza e Brianza, Monica Bruzzini. Laureato in Chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Milano, sposato, due figli, ex alunno del Collegio Vescovile Sant’Alessandro e maturità scientifica al liceo Lussana, comincia a lavorare da giovanissimo, ancora studente, alla Janssen di Roma.

A soli 28 anni – dopo due di studi ulteriori all’Istituto Mario Negri di Bergamo – viene assunto come direttore generale dalla Pasteur Merieux Italia, società con 200 dipendenti. Diventa quindi vicepresidente delle filiali europee di multinazionali farmaceutiche americane quali SangStat e Genzyme, che operano nel campo dei trapianti e delle malattie rare.

L’idea: seguire un sogno

Nel 2003 si dimette a sorpresa perché vuole fondare una sua piccola società che si occupi di quelle nicchie trascurate dalla grande industria farmaceutica: l’oncoematologia e i trapianti di midollo, per poi specializzarsi nella produzione anche di farmaci per la cura delle cosiddette malattie rare. L’anno seguente nasce «Adienne Pharma & Biotech», che diventa subito la prima azienda italiana per la produzione di farmaci biologici con tecnologie «usa e getta». E che ottiene nel giro di poco tempo una decina di designazioni di farmaci «orfani» (la cui diffusione è inferiore ai cinque casi ogni 10 mila persone) da parte dell’Ema, l’Agenzia europea dei medicinali, e della Fda, l’americana Food and Drug administration.

Le collaborazioni con i centri di ricerca italiani e stranieri sono all’ordine del giorno. Nel 2011 arriva il Premio di Innovazione tecnologica della Camera di commercio di Bergamo. È un riconoscimento per l’Anticorpo umano Anti-C5: una scoperta il cui campo di applicazione medico interessa alcune malattie rare molto gravi, tra cui la sindrome emolitica uremica e la glomerulo nefrite mieloproliferativa.

Da Bergamo a Caponago

Inizialmente l’idea di Di Naro era quella di aprire lo stabilimento operativo della sua società nella Bergamasca: «Sono orgoglioso di portare avanti nel mondo il nome di Bergamo – raccontava otto anni fa a L’Eco – e ho quindi cercato un’area per il nuovo stabilimento in due comuni della Bergamasca. Ebbene, mi hanno tenuto in ballo sei mesi e poi ho lasciato perdere, perché non si concludeva niente. Peccato, perché la maggior parte dei miei 25 dipendenti è di Bergamo e sarebbe stato più comodo per loro avere il posto di lavoro in provincia».

«Ma ho dovuto purtroppo prendere atto che ai Comuni contattati non interessava nulla avere sul loro territorio un’azienda innovativa come la nostra – aggiungeva –, che tra l’altro punta a espandersi e ad assumere personale. Ho dovuto così sconfinare fuori provincia, a Caponago, nell’ex area AstraZeneca da 30 mila metri quadrati». Il trasferimento definitivo avviene nell’agosto del 2012. Nove anni dopo ecco l’opportunità di operare in prima linea nel contrasto al Covid, con il primo accordo europeo stretto con il Fondo russo (Rdif) che commercia lo Sputnik V, sulla cui efficacia c’è tuttavia ancora grande perplessità da parte dell’Ema. L’accordo parla di 10 milioni di dose prodotte a Caponago a partire da giugno ed entro la fine dell’anno. A darne l’annuncio, martedì, la Camera di commercio Italo-Russa sul proprio sito.

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