Delitto di via Novelli, l’avvocato in appello: «Fu legittima difesa»

IL PROCESSO. In primo grado Alessandro Patelli è stato condannato a 21 anni per l’omicidio del tunisino Marwen Tayari. Il nuovo legale: «Colpì alla cieca».

«Spero nel buonsenso della Corte d’assise d’appello perché Alessandro Patelli non è un assassino ma un ragazzo spaventato che forse ha soltanto reagito eccessivamente e non merita il trattamento che ha avuto». Ne è convinto Ivano Chiesa, noto legale milanese difensore tra gli altri di Fabrizio Corona, nuovo avvocato del giardiniere di 21 anni che l’8 agosto 2021 – tra pochi giorni sarà il secondo anniversario – uccise a coltellate il tunisino di Terno d’Isola Marwen Tayari nel corso di una lite scoppiata sotto casa in via Novelli, davanti a moglie e figlie della vittima. L’appello a Brescia è fissato per il 22 settembre.

Condannato a 21 anni in primo grado

In primo grado, il 18 novembre 2022, Patelli è stato condannato a 21 anni. La Corte d’assise gli ha concesso le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alle due aggravanti contestate: i futili motivi e il fatto di aver commesso il reato in presenza di minorenni (le figlie di 2 e 12 anni di Tayari). Il precedente difensore Enrico Pelillo aveva chiesto l’assoluzione invocando la legittima difesa, perché il giovane aveva «menato fendenti alla cieca» durante la colluttazione scoppiata dopo che il tunisino l’aveva gettato a terra. Anche nell’appello la nuova difesa è sulla stessa linea: nel ricorso si spiega che Patelli, dopo essere stato atterrato con uno sgambetto da Tayari, si sarebbe spaventato colpendo alla cieca con il coltello impugnato nella mano destra e solo per uno sfortunato caso la lama è arrivata al cuore del tunisino. Patelli avrebbe potuto aggredire Tayari subito dopo essere sceso in strada e anche quando il tunisino aveva messo a terra la bottiglia di birra che aveva in mano, invece aveva sferrato fendenti solo dopo essere stato fatto cadere a terra. Il pm Paolo Mandurino, che per il giovane aveva chiesto 21 anni, aveva escluso la scriminante della legittima difesa perché «non c’è mai stata un’offesa da parte di Tayari».

L’omicidio

Quell’8 agosto Patelli era sceso in strada per prendere il motorino in garage ma si era accorto di non avere il casco. Nel salire i gradini per ritornare a casa aveva urtato la figlia maggiore del tunisino, che lo aveva invitato a stare attento. Il ragazzo aveva avuto una reazione stizzita perché spesso c’era gente seduta sui gradini davanti all’uscio. Il presidente della Corte Giovanni Petillo, nelle motivazioni della sentenza aveva sottolineato l’aspetto della provocazione da parte di Patelli, che sceso la seconda volta da casa con il casco e il coltello in pugno aveva detto al tunisino: «Vieni qua adesso se hai i co…» innescando la colluttazione. La legittima difesa era quindi caduta perché «la scriminante non può essere invocata se la situazione di pericolo è volontariamente cagionata dal soggetto che reagisce». Inoltre, per la Corte, non c’era proporzione tra offesa e difesa.

In appello la difesa tornerà a insistere su questo punto, chiedendo in subordine l’eccesso colposo di legittima difesa, che sia riconosciuta l’attenuante della provocazione e tolta l’aggravante dei futili motivi che aveva impedito l’accesso al rito abbreviato. E in ogni caso, una pena meno severa dei 21 anni che Patelli, descritto come preoccupato e angosciato, non riuscirebbe a spiegarsi perché «non era sua intenzione uccidere».

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