Ddl Sicurezza, introdotti 20 nuovi reati: «Si rischia di intasare procura e tribunale»

LE MISURE. Aggravanti e pene più severe. Gli avvocati: «Macchina della giustizia appesantita». Il personale amministrativo: si legifera senza risorse.

Una ventina di nuovi reati (comprese parecchie aggravanti di reati già previsti dal Codice) e un deciso inasprimento delle pene. La traduzione in realtà è al momento un’incognita, persino – secondo gli addetti ai lavori – con qualche rischio: un ulteriore carico di lavoro su procure e tribunali. Il Ddl Sicurezza, il disegno di legge approvato alla Camera nei giorni scorsi e ora all’esame del Senato, vivacizza il dibattito nel mondo della giustizia.

Gli elementi principali attecchiscono nella cronaca recente. Tra i nuovi reati, ad esempio, si introducono quello di «occupazione abusiva» di case (reclusione da 2 a 7 anni), il blocco stradale o ferroviario diventa un illecito penale e non più un illecito amministrativo, si tipizza l’aggravante dell’aver commesso un reato nei pressi di una stazione ferroviaria, nasce lo specifico reato di «rivolta all’interno di istituto penitenziario» che sanziona anche la «resistenza passiva» (una norma già ribattezzata «anti-Gandhi»). Avranno presa anche in Bergamasca, queste novità? Se di occupazioni abusive se ne contano poche (tra le case di Aler ne è stata segnalata solo una) e di blocchi stradali non se ne ricordano molti, potrebbe essere invece più ampio il perimetro di applicazione dell’aggravante per i reati commessi nei pressi della stazione. Solo giovedì, ad esempio, in mattinata la maxi-operazione congiunta delle forze dell’ordine nell’area delle Autolinee aveva portato a quattro denunce, poi nella stessa serata la polizia locale aveva arrestato un uomo per detenzione di droga. Quanto alle rivolte carcerarie, a Bergamo – dove i reclusi sono 571 per 319 posti – un episodio si era verificato il 25 agosto, quando un detenuto era salito sul tetto del «cortile passeggio» e altri quattro avevano dato fuoco a dei materassi nelle celle. Sempre in materia carceraria, si rende facoltativo, e non più obbligatorio, il rinvio dell’esecuzione della pena per le donne condannate incinte o madri di figli di età inferiore a un anno. L’esecuzione non è rinviabile ove sussista il «rischio di commissione di ulteriori delitti».

Avvocati «freddi»

Il penalista Paolo Botteon, consigliere dell’Ordine degli avvocati di Bergamo, parte dalla lettura delle «radici» del Ddl: «Per buona parte introduce dei nuovi reati, dimostrando per l’ennesima volta che c’è effettivamente la percezione di un’esigenza di tutela maggiore da parte del cittadino e di chi fa parte delle forze dell’ordine – premette l’avvocato –. Resta però ferma la necessità che il diritto penale debba restare un’extrema ratio, cioè arrivare quando nessun altro strumento risulti essere possibile per arginare fenomeni che sono anche di tipo sociale e sfociano poi in reati». In punta di diritto, si pongono però delle questioni da approfondire: «Colpisce parecchio l’introduzione di reati di resistenza di tipo passivo – spiega Botteon –. Un reato normalmente si compone di un’azione che porta a una conseguenza, la resistenza passiva è invece una non-azione».

Messo a sistema l’insieme dei provvedimenti, per l’avvocato Enrico Pelillo, presidente della Camera penale di Bergamo, «il giudizio non può che essere negativo: da sempre siamo schierati contro il “panpenalismo”, perché non fa altro che rendere più farraginosa la macchina della giustizia. Introdurre continuamente nuovi reati e inasprire le pene è dimostrato che non ha l’efficacia preventiva sperata». Quanto alle carceri, prosegue Pelillo, «la situazione è ormai fuori controllo, come avevamo facilmente pronosticato: dopo i suicidi, sarebbero cominciate le rivolte. Ma il nuovo reato non è la soluzione, perché non ha alcuna efficacia sotto il profilo della prevenzione. Occorre affrontare la questione dell’alta incidenza di disagio psichico e dipendenze».

Addetti ai lavori preoccupati

Anche il personale degli uffici giudiziari non intravede particolari benefici dal Ddl. «La proliferazione dei reati – ragiona Francesca Mezzanotte, coordinatrice territoriale dell’Flp Bergamo, la Federazione lavoratori pubblici e pubbliche funzioni – può soltanto portare a un’ulteriore inefficienza del sistema. Legiferare senza strumenti e senza risorse non porta risultati. La carenza degli organici amministrativi resta il problema di fondo: la giustizia soffre una fuga di personale verso altre amministrazioni pubbliche che hanno meno carichi di lavoro, più flessibilità, migliori condizioni salariali».

«Populismo penale»

È «populismo penale». Introdurre nuovi reati – o aggravare le pene per quelli già esistenti – in risposta a problemi sentiti dall’opinione pubblica, ma senza intervenire alle radici di quelle criticità. Lo pensa Pierpaolo Astorina Marino, professore associato di Diritto penale all’Università degli Studi di Bergamo, che consegna un giudizio critico sul pacchetto di misure approvato dalla Camera e ora atteso dal voto finale del Senato: «Il punto fondamentale è che si è intervenuti ancora una volta in maniera molto compulsiva sulle fattispecie di reato per ragioni che sembrano più legate alla propaganda, al populismo penale, che non alle reali necessità», premette il giurista.

«Questo utilizzo simbolico del diritto penale - esemplifica - non corrisponde a un aumento della sicurezza. Facciamo un esempio per il nuovo reato di blocco stradale: oggi è una sanzione amministrativa che parte da mille euro, col Ddl si passa alla reclusione fino a un mese; ciò implica che non verrà mai scontata, perché si tratta di una pena sostituita con lavori socialmente utili o altro simile. Non c’è alcuna utilità: in certi casi è più efficace la sanzione amministrativa».

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