«Dalla scrivania sapeva leggere il mondo». Oggi l’ultimo saluto a Gino Carrara

I RICORDI. Sabato 29 giugno alle 11 nella parrocchiale di Nembro i funerali dell’ex direttore de L’Eco di Bergamo. Il Vescovo: «Un testimone di saggezza e fede». Monsignor Pelucchi: «Una grande apertura culturale». La vicesindaca di Nembro: «Era appassionato della vita». L’ex ad Manzoni: «Un maestro del giornalismo».

Sono tanti i ricordi della figura di Luigi «Gino» Carrara, direttore de «L’Eco di Bergamo» tra il 1989 e il 1995, spentosi all’età di 88 anni nella tarda serata di giovedì 27 giugno all’ospedale di Piario, dov’era ricoverato da alcuni giorni. Ma c’è un comune denominatore che li tiene tutti insieme: il profondo legame intessuto con il giornale, a cui ha dedicato la sua intera vita professionale, e lo spirito, la generosità e la profonda umiltà che hanno sempre animato il suo operato, teso solamente al bene del giornale e del lettore, che rispettava profondamente. Un instancabile lavoratore che, nell’ombra, ha saputo conservare, tramandare e irrobustire la tela tessuta dal suo predecessore, monsignor Andrea Spada, che resse il giornale per 51 anni. E poi, tra le tante memorie, c’è un’immagine: il direttore Carrara sempre in sella alla sua bicicletta, con ogni condizione metereologica, lungo la strada tra Bergamo e Nembro, il suo paese d’origine, al quale era legatissimo.

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«Condivido il dolore per la morte di Gino Carrara – dice il Vescovo Francesco Beschi, in questi giorni impegnato nel pellegrinaggio diocesano in Austria e Ungheria –. Ho avuto occasione di scambiare qualche riflessione con lui, ricevendo testimonianza di profonda saggezza, grande e vera umiltà, fede e generosità».

Il Vicario generale della Diocesi di Bergamo, monsignor Davide Pelucchi, lo ricorda per i suoi articoli che portavano sulla carta «un respiro ecclesiale genuino e una grande apertura culturale, dando attenzione ai fenomeni politici e socioculturali e allo sguardo che aveva la Chiesa su questi temi. Porto nel cuore le confidenze di monsignor Giambattista Busetti e monsignor Antonio Pesenti che mi raccontavano di Carrara come di un uomo in grado di raccontare la grandezza di Dio, dai grandi eventi cittadini con il Vescovo alla realtà delle parrocchie».

Anche il Vescovo di Lodi, il bergamasco mons. Maurizio Malvestiti, ricorda con affetto «l’indimenticabile Gino».

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Don Antonio Guarnieri, parroco di Nembro, è il primo che vuole dare il suo ricordo: «Tutti l’hanno conosciuto come direttore de L’Eco, ma ha gestito anche la nostra rivista parrocchiale (“Il Nembro”, ndr) dando un contribuito e un impulso importante con la sua alta professionalità. È sempre stato molto riservato, umile e semplice, ma molto galante e sapeva il fatto suo. Una bella persona, nel senso interiore del termine. Pieno di valori profondamente cristiani, che metteva passione e amore in tutto quello che faceva, senza distinguere, a livello di impegno, tra L’Eco e il giornale della parrocchia».

Tra le voci di Nembro che lo vogliono ricordare, quella dell’Amministrazione comunale. «Siamo cresciuti nello stesso quartiere. Lo incontravo spesso agli eventi con la sua immancabile macchina fotografica al collo» dice il sindaco Gianfranco Ravasio. Anche lui ricorda la penna di Carrara nel giornale della parrocchia in cui «metteva la stessa cura che aveva messo a L’Eco» aggiunge Ravasio, anticipando che, come amministrazione comunale, progetteranno come ricordare il loro «concittadino illustre». Al suo ricordo, si aggiunge anche quello della vicesindaca Sara Bergamelli: «Anni fa, quando frequentavo l’oratorio come animatrice, ricordo che aveva proposto l’idea di creare un gruppo di giovani per un percorso di giornalismo. Ciò che mi aveva stupito era il fatto che non gli importasse tanto della capacità di scrivere (come a primo acchito pensavamo), ma soprattutto che i ragazzi fossero appassionati, o comunque disposti ad appassionarsi, alla vita del nostro paese, delle persone, delle dinamiche che rendono vera e autentica la vita. Per raccontarle, ci avrebbe regalato lui il segreto per riuscire a scriverle bene!».

«Amore e dedizione per il giornale»

Ai tempi della direzione di Carrara, l’amministratore delegato dell’editrice de «L’Eco» era Federico Manzoni. «I sentimenti si moltiplicano – esordisce –. Mi ricordo un bel periodo di collaborazione, grazie al suo “bello stile”, l’umiltà che lo contraddistingueva dietro cui, però, c’era anche tanta forza. Era un maestro di giornalismo. Possedeva un amore e una dedizione totale verso il giornale, dove prestava tutta la sua competenza lavorando dentro un orizzonte di servizio al giornale stesso e alla comunità, nonché di obbedienza al suo Vescovo. Non era un frequentatore dei salotti. Il suo stile era la bicicletta. E questo suo essere non convenzionale gli dava la capacità di saper interpretare la comunità bergamasca». Un «sesto senso» nel guardare e capire il mondo che ricordano tutti coloro che l’hanno conosciuto. «Certo, aveva un modo tutto suo di vedere il mondo – fa presente Manzoni –. Arrivava in redazione ad inizio serata e andava via alle tre di notte. Ma anche se spesso sembrava isolato nel suo studio, era ben piantato dentro il mondo bergamasco».

Mario Ratti (membro del Cda di Sesaab) confessa «una certa emozione nell’apprendere la notizia. Mi sono subito tornate in mente le molte riunioni fatte insieme la sera. Era una bella persona e un bravo giornalista».

«La sua parola d’ordine è sempre stata umiltà»

Dei suoi orari d’ufficio e della sua routine si ricorda bene Luciano Capoferri, storico segretario di Don Spada e segretario per sei anni anche di Carrara. «Arrivava la sera e andava via a tarda notte. Sempre in sella alla sua bicicletta, con la pioggia, la neve e la nebbia. Spesso era tutto fradicio e doveva cambiarsi in ufficio. Immancabile il suo panino imbottito che mangiava poco prima di mezzanotte» ricorda Capoferri. Tra i ricordi l’avversione di Carrara per i computer. «Non potevi nemmeno nominarglielo a differenza di Don Spada che dalla tecnologia era comunque affascinato. Carrara assolutamente no. È sempre rimasto fedele alla macchina per scrivere. Me lo ricordo nel suo ufficio a correggere tutti i pezzi. Era un gran perfezionista. La sua parola d’ordine è sempre stata umiltà».

Monsignor Andrea Paiocchi, che fece il suo percorso di praticante giornalista mentre Carrara era direttore, ricorda la sua dedizione al lavoro: «Prendeva così a cuore il giornale che era disposto persino a litigare con chi parlava male de L’Eco».

Della fase di trasformazione dalle macchina per scrivere ai computer si ricordano bene Gabriella Suardi e Ornella Franchioni, dell’ufficio di Segreteria. «Avevo 18 anni quando l’ho conosciuto - dice Gabriella - e negli anni è sempre rimasta una grande amicizia. Andavo spesso a trovarlo e ci sentivamo al telefono. L’ho chiamato venerdì scorso (il 21 giugno) per fargli gli auguri di compleanno ma non mi aveva risposto. A Pasqua però ci eravamo fatti gli auguri. Lo ricordo con piacere, stima e riconoscenza». Anche Ornella gli stata molto vicino, ma preferisce tenere per se «i mille ricordi che ho di lui. Era una bella persona, umile, educato, un grande professionista. Lo porterò sempre nel cuore».

Commosso anche Roberto Teani, storico tipografo: «Gigi per me era un amico. Ho pianto quando ho letto della sua scomparsa, gli ho voluto molto bene».

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