Dalla perdita del gusto all’ictus
Ecco i danni neurologici del Covid

Uno studio dell’ospedale Papa Giovanni, l’Istituto Negri e From: analizzati 1.760 pazienti. Per l’8% un vasto spettro di patologie. «Passi avanti in prevenzione e cura».

Che l’infezione da Sars-CoV-2 provochi danni non solo all’apparato respiratorio, ormai, è appurato. È un dato, solido: una certezza che non si aveva nei primissimi giorni dello tsunami, ma che nel giro di qualche settimana la comunità medica ha acquisito, dovunque. Una consapevolezza che ha spalancato le porte alla ricerca: lo sanno bene i team del Papa Giovanni XXIII, dell’Istituto Mario Negri e della Fondazione per la ricerca dell’ospedale di Bergamo (From) unite dalla scorsa primavera in un lungo e articolato progetto finanziato grazie a una cospicua donazione – un milione di euro – messa sul piatto da Brembo.

Lo studio

Un progetto di ricerca che viaggia su più direttrici e che approfondisce diversi aspetti della patologia: dalle conseguenze polmonari a quelle cardiache passando per gli aspetti neurologici. E proprio a proposito di neurologia, Francesco Biroli – neurochirurgo, responsabile dell’area neuroscienze di From - Maria Sessa, direttore di Neurologia del Papa Giovanni XXIII e Simonetta Gerevini, alla guida del reparto di Neuroradiologia dell’ospedale cittadino, hanno da poco presentato il progetto di ricerca che li vede coinvolti, insieme.

Una ricerca che, in estrema sintesi, indaga tutte le correlazioni fra infezione da Sars-CoV-2 e disturbi neurologici, con l’ambizioso obiettivo di trasformare i risultati dello studio in informazioni strategiche per prevenzione e terapia.

I risultati

Con ordine: i gruppi di ricerca sono partiti col definire chi studiare. Impresa ardua, visto che c’era da individuare con esattezza chi fra i pazienti positivi al virus avesse a tutti gli effetti sviluppato un sintomo neurologico. Basta avere una vertigine per far parte del campione? E un semplice mal di testa? «La letteratura internazionale ci ha fornito dati molto discordanti – spiega Maria Sessa –. Siamo stati i primi, almeno in Italia, a studiare su un’ampia platea di pazienti come quelli ricoverati all’Ospedale Papa Giovanni XXIII la prevalenza dei disturbi legati a un coinvolgimento del sistema nervoso centrale e periferico. Ebbene, siamo arrivati a un primo importante risultato riuscendo a stabilire che, nei primi 1.760 pazienti studiati, l’8% ha subito danni neurologici a causa dell’infezione da Sars- CoV-2». Si tratta di uno spettro molto vasto di patologie: dall’assenza di olfatto e gusto a mal di testa, da dolori diffusi o paralisi agli arti dovute a infiammazioni dei nervi periferici, passando alle sindromi più gravi fra cui crisi epilettiche e ictus. Sindromi di cui i team hanno studiato e stanno ancora studiando (con un lavoro di follow up) caratteristiche cliniche e strumentali: un lavoro reso possibile anche grazie agli esami neurofisiologici e alla neuroradiologia, e che sta già dando informazioni preziose. «Adesso sappiamo che la capacità di questo virus di creare coaguli nel sangue è dieci volte superiore a quella mostrata dagli altri coronavirus noti, penso alla Sars o alla Mers – anticipa Simonetta Gerevini –. Dalle tac prima e dalle risonanze poi, siamo riusciti a individuare quadri tipici e peculiari di Sars-Cov-2, quadri che non sempre erano attesi, né chiari inizialmente nella loro presentazione».

Quanto durano i disturbi

L’individuazione del campione e lo studio clinico sono seguiti da un terzo step del progetto, altrettanto prezioso: capire se, in che misura e per quanto tempo i disturbi neurologici permangono dopo la dimissione. Una valutazione che viene fatta dal team con monitoraggi e indagini specifiche a tre e sei mesi dal rientro a casa del paziente. «È chiaro che i risultati di questa importante ricerca, resa possibile dal grande lavoro di squadra fra i tre attori della ricerca e grazie al generoso investimento di Brembo, avrà un impatto diretto sulla cura dei pazienti – osserva Francesco Biroli –. L’obiettivo ultimo è infatti quello di approfondire la conoscenza dell’impatto che il virus ha sulla sfera neurologica, e quindi individuare parametri specifici che mettano in allarme i medici, in modo da riconoscere precocemente il pericolo e prevenire danni neurologici nei pazienti positivi». Prevenzione, quindi, ma anche terapia: conoscere nel dettaglio i disturbi neurologici causati dall’infezione aiuterà il team a definire piani terapeutici mirati. Informazioni dal valore inestimabile, in attesa del vaccino

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