Csi, Bosio confermato presidente
«La riforma dello sport? Così è inutile»

Il bergamasco confermato al vertice nazionale con il 99% dei voti. «Proseguirò con grande impegno. Esenzione totale dei compensi sbagliata».

Vittorio Bosio è stato confermato ieri presidente nazionale del Centro sportivo italiano (Csi) per il quadriennio 2020/24 (le elezioni erano calendarizzate l’anno scorso, poi rinviate per la pandemia). La 22ª assemblea nazionale, che si è svolta in via telematica con il motto «Generare futuro. Il dovere di costruire una nuova realtà», ha votato il candidato bergamasco quasi all’unanimità, con il 99,14%. Insieme a Bosio è arrivata anche la conferma di Gaetano Paternò, presidente del Csi di Bergamo da gennaio scorso, che rimane così nel consiglio nazionale per i prossimi 4 anni. «È sicuramente una grande soddisfazione, ma anche un’enorme responsabilità – commenta Bosio -. Non mi aspettavo una risposta di questo tipo, anche perché l’ultimo anno è stato molto complicato e abbiamo dovuto condividere tante decisioni importanti con il territorio. C’è un clima di grande condivisione e il risultato ottenuto, oltre a riempirmi di orgoglio, mi porterà ad andare avanti con grande impegno, sapendo di poter contare sulla collaborazione e la fiducia di tutti. Lavoriamo uniti per il bene comune mettendo da parte i personalismi e ripartendo come nel dopoguerra». Con Bosio abbiamo discusso delle problematiche che riguardano il mondo dello sport, dalla riforma governativa sub judice alle criticità causate dall’emergenza sanitaria che ha sostanzialmente azzerato tutte le attività: «Da anni c’è la reale necessità di mettere mano alle normative che riguardano le società sportive e tutto il nostro mondo in generale – prosegue -. Ma fatta così la riforma dello sport non serve a nulla. Abbiamo avuto un’audizione con la Commissione Sport e Cultura della Camera e speriamo che le istituzioni ci stiano vicine in questo difficile momento, tenuto conto che lo sport è trasversale e non ha colore politico».

Le criticità della riforma

Uno degli aspetti più critici riguarda paradossalmente l’aspetto del volontariato, un elemento su cui si regge la sopravvivenza delle società sportive: «La formula relativa all’esenzione totale dei compensi non va per niente bene, proprio perché nello sport lavorano tanti ragazzi ed è ingiusto non tutelarli – continua Bosio -. Per fare un esempio, gli arbitri del Csi secondo la riforma dovrebbero essere assunti e pagati con il cedolino come i dipendenti, ma bisogna tener conto del fatto che un ragazzo che va ad arbitrare una partita a Sant’Omobono prende 20 euro e investe 4 ore tra arbitraggio e trasferimenti. Le società riescono ad andare avanti grazie al volontariato, che ha tenuto in piedi il mondo dello sport di base. Chi ha scritto la legge purtroppo conosce poco la nostra realtà e probabilmente ha parlato con qualcuno che si occupa di professionismo». Sul tavolo ci sono diversi problemi e incognite, in un periodo non certamente facile: «Il Csi è stato tolto dal Coni e trasferito in un dipartimento del ministero, di conseguenza anche le società sportive dovrebbero passare in un registro che ad oggi non esiste. Prima di fare le riforme bisognerebbe ascoltare chi opera sul campo, perché il rischio concreto è di mettere in ginocchio le società sportive piccole, fino a farle chiudere».

Una problematica che riguarda anche il sociale, tenuto conto che lo sport di base è fondamentale per i ragazzi: «Bastava ragionare e normare con un semplice “chi fa cosa”, oltre a riconoscere alcune figure sul piano del lavoro. Oggi si avvicinano al mondo dell’associazionismo anche i ragazzi dell’Isef, ai quali va assicurato un futuro. Ma allo stesso tempo bisogna tener conto che c’è un mondo sportivo di base legato ad associazioni sportive, oratori, parrocchie e circoli sportivi che hanno investito molto, anche per continuare l’attività nel rispetto delle regole. I nostri 230 oratori hanno all’interno una società sportiva sponsorizzata e portata avanti anche con fini educativi e sociali nell’interesse dei ragazzi e della comunità. Speriamo che il Parlamento senta la base e metta mano alle norme per trovare la giusta quadra».

«Molte società sportive sono in ginocchio a causa della pandemia - conclude Bosio -. Noi stiamo lavorando giorno e notte per cercare di ridare entusiasmo al sistema. Tra agosto e settembre abbiamo veramente pensato di poter ripartire e le iscrizioni non erano diminuite, ma la seconda chiusura ha demotivato parecchio molti di noi. Il dato positivo arriva dalle nostre riunioni, a cui partecipano assiduamente quasi tutte le realtà. Prima del lockdown il Csi contava 1,3 milioni di iscritti con 13.500 società sportive e Bergamo è sempre stata un modello all’avanguardia, da prendere ad esempio per altruismo e generosità. Purtroppo il Covid-19 ha portato via molti nostri dirigenti volontari, che andranno sostituiti, in modo da proseguire il lavoro ricordando il loro immenso impegno profuso negli anni. Oggi i ragazzi sono chiusi in casa e alla ripartenza dovremo verificare chi manca all’appello, perché lo sport è uno strumento fondamentale e indispensabile, fatto di relazioni e socialità. Se ci teniamo per mano e camminiamo tutti insieme, probabilmente ne usciremo».

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