Cresce il consumo di alcol
«Aumento diffuso con la pandemia»

Riglietta (Serd): «È l’effetto di stati di ansia e depressione causati dall’emergenza». Ma diminuiti gli accessi dei giovani al pronto soccorso.

«Sicuramente nel periodo del Covid c’è stato un incremento generale dei consumi di alcol, anche come conseguenza di un incremento di alcuni disturbi, come ansia e depressione. Il problema riguarda tutti, non solo i giovani». Marco Riglietta, il direttore dell’unità operativa Dipendenze dell’Asst Papa Giovanni XXIII, con il supporto dei dati, racconta il fenomeno del consumo e abuso di alcolici negli ultimi anni, con una particolare attenzione al periodo 2019-2020, che da questo punto di vista è stato sicuramente uno spartiacque decisivo proprio perché dalla primavera dello scorso anno il Covid ha stravolto le nostre vite, cambiando molte delle nostre abitudini. Così, se da una parte le restrizioni e le chiusure dei locali del divertimento sembrano aver limitato l’abuso di alcolici tra giovani e giovanissimi, dall’altra c’è stato un aumento dei consumi diffuso in tutta la popolazione.

Dottore, in generale com’è la situazione dal punto di vista del consumo e abuso di alcolici?

«Sicuramente il Covid ha impattato pesantemente su alcuni aspetti importanti della vita e della socialità delle persone e sono aumentati una serie di disturbi, quali l’ansia e la depressione, con l’alcol che per alcune persone diventa una sostanza utilizzata a scopo auto terapeutico. In generale, quindi, i consumi sono aumentati. Ma su questo tema non faccio un discorso specifico sui giovani, perché riguarda tutti».

Quindi non è aumentato l’abuso di alcol fra i giovani?

«Se guardiamo i dati dell’Istat sul fenomeno del binge drinking (assunzione di più bevande alcoliche in un intervallo di tempo più o meno breve, ndr) non è vero che è un disastro rispetto ad alcuni anni fa, anzi tendenzialmente c’è stata una riduzione di questi fenomeni dal 2006 al 2019: ad esempio, per la fascia d’età 25-29 anni in generale passiamo dal 16,1% nel 2006 al 13,9% nel 2019 e queste percentuali diminuiscono per tutte le fasce d’età: l’unica categoria che si discosta da questo andamento sono le donne tra i 25 e i 29 anni, che passano dal 7,8% all’8,7%».

Su chi ha impattato di più il periodo del Covid?

«Sicuramente molte persone che avevano già prima un problema con l’alcol l’hanno peggiorato e altri hanno incrementato il consumo, anche se questo non vuol dire che abbiano sviluppato una dipendenza».

Per quanto riguarda l’abuso di alcolici, c’è stato un aumento di accessi al pronto soccorso dell’ospedale Papa Giovanni XXIII tra il 2019 e il 2020?

«Il totale degli accessi di persone con età inferiore ai 25 anni è diminuito da 81 a 67, mentre per quanto riguarda i giovani con età inferiore ai 18 anni, sono rimasti pressoché stabili, passando da 29 a 32».

Come è invece la situazione al Serd?

«Nel 2020 c’è stata una lieve riduzione degli accessi, ma dobbiamo anche tenere in considerazione il fatto che con il lockdown hanno chiuso per alcuni mesi tutta una serie di agenzie che ci mandano i pazienti per la valutazione e quindi, in quel periodo, questi ultimi sono venuti solo spontaneamente. I pazienti in carico per alcol al nostro servizio sono stati 575 nel 2020, mentre erano 635 nel 2019».

Chi deve segnalare e inviare queste persone?

«Tutti quelli che sospettano che ci sia un problema: dai colleghi del pronto soccorso, ai servizi sociali dei Comuni, i consultori e i servizi sul territorio. il fatto, però, è che spesso non ci vengono mandate le persone più giovani, che hanno iniziali comportamenti a rischio, che invece dovrebbero arrivare ai servizi specialistici, non per una presa in carico ma per una valutazione, perché rappresentano casi in cui c’è un campanello d’allarme e bisogna subito comprendere se ci sono situazioni di rischio per le quali potrebbe “succedere” ancora. Rivolgo quindi un appello a tutte le persone che hanno dei sospetti: chiedo loro di segnalare al Serd perché prima si interviene e prima si risolve la problematica».

A causa delle restrizioni, nell’ultimo anno i gruppi di auto mutuo aiuto hanno sospeso i loro incontri in presenza. Come prosegue la loro attività?

«È vero che la chiusura di questi gruppi legata al Covid rappresenta un problema di gestione di una serie di situazioni e questo è davvero un peccato. Molti di loro, però, non si sono fermati e hanno deciso di attivarsi in maniera brillante con vari supporti web, organizzando incontri on line, e in questo modo stanno riuscendo a mantenere aperte le attività del gruppo. In ogni caso, è chiaro che la tecnologia è sicuramente utile, ma non ha certo tutti i valori della presenza: questi incontri, infatti, sono basati sulla relazione, i rapporti di fiducia, il contatto e la parte affettiva-emozionale. Tutto questo c’è in presenza e molto meno on line, quindi diventa un vero problema coinvolgere più persone».

Per concludere, come riassume i cambiamenti dal punto di vista del consumo e abuso di alcolici nel periodo del Covid?

«Quello che dico è: non scarichiamo questo problema sugli adolescenti perché le questioni dell’abuso di alcol, gli accessi al pronto soccorso, l’alcolismo cronico e l’aumento dei consumi riguarda tutti. Sicuramente nel periodo del lockdown c’è stato un aumento di consumi di alcol diffuso: per i pazienti che avevano già un problema tendenzialmente questo è stato un periodo di aggravamento della situazione. Poi la popolazione in generale ha bevuto di più e potrebbero (ma su questo non ho elementi certi) anche essersi palesate situazioni che erano in equilibrio precario. Ci tengo a concludere sottolineando che non c’è un “caso giovani” e lo dico da tempo, anche perché le continue informazioni e gli interventi che vengono fatti hanno cambiato i loro comportamenti sicuramente in meglio».

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