Covid, nuove regole dal primo maggio: «Manteniamo le mascherine al chiuso»

L’intervista Il professor Santus (ospedale Sacco): «Occorre uno sforzo ulteriore, si continui con l’obbligo». «Lieve rialzo della curva, prossimi giorni decisivi». E sulla quarta dose: «Anziani e fragili devono vaccinarsi».

«Nella Bergamasca la percentuale dei vaccinati coperti con due dosi (91,4%) è superiore al dato nazionale (90%), eppure i contagi hanno ripreso a correre. Dopo il plateau abbiamo visto un rialzo dei numeri nella curva epidemica e individuerei due fattori: la gente sta più all’aperto considerando le mascherine quasi superflue e le feste hanno aumentato le occasioni di contatto. I prossimi giorni saranno decisivi per capire se queste occasioni di promiscuità incideranno ulteriormente su una curva che si era assestata». Pierachille Santus (nato a Bergamo e cresciuto a Gromo) è direttore della Pneumologia all’ospedale Sacco di Milano e docente di Malattie respiratorie all’Università degli Studi di Milano. Parte dai dati bergamaschi nell’analisi di questa fase epidemica, per evidenziare come «l’incidenza dei casi settimanali ogni 100mila abitanti oscilli in provincia tra 300 e 340, mentre in Lombardia è superiore ai 500 casi. Numeri confortanti, da corroborare con la terza dose per chi ancora non l’ha fatta e la quarta dose per anziani e fragili, anche se la risposta finora è stata tiepida».

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Professor Santus, perché Bergamo presenta numeri migliori rispetto alle altre province italiane in termini di contenimento della curva epidemica?

«Le spiegazioni possono essere varie: innanzitutto la prima grande ondata devastante di marzo 2020 ha prodotto quasi un’immunizzazione naturale dei bergamaschi entrati in contatto con il virus; la massiccia campagna vaccinale ha provocato una risposta del sistema immunitario più attiva (immunizzazione legata a infezione e vaccinazione); nella Bergamasca inoltre ci sono tanti piccoli paesi in cui c’è maggiore possibilità di stare all’aperto, ambienti arieggiati con minore possibilità di contagio rispetto ad altri contesti ed evidenzierei anche la grande capacità dei bergamaschi di aver seguito le regole anti-Covid».

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Ma la curva resterà stabile o ci saranno ulteriori rimbalzi?

«Siamo al plateau, era iniziata una fase di discesa e ora un lieve rialzo dei numeri. Non dimentichiamo che il periodo di incubazione del virus è di quattro giorni con queste ultime sottovarianti Omicron, settimana prossima sarà decisiva per capire l’evoluzione. Le sottovarianti Omicron sono prevalenti, hanno elevata infettività e la capacità di trasmissione del virus è 15-20 volte superiore rispetto al ceppo originario, che aveva un R0 di 3-4, mentre queste varianti hanno un R0 di 15-20. L’indice R0 certifica quante persone il virus riesce ad infettare quando nasce come tale e quindi esprime la sua infettività. Però ora siamo più tranquilli».

In che senso?

«La patogenicità è molto più ridotta, visto che l’espressione clinica ricorrente della malattia è quella di un raffreddore o una parainfluenza. E ciò è legato a due fattori».

Quali?

«Il virus è mutato e i vaccini sono stati decisivi, con tre dosi è poco probabile l’espressione grave di malattia. Le forme gravi sono ricorrenti nei soggetti non vaccinati e nei pazienti molto fragili con età avanzata e molte malattie (comorbilità). All’ospedale Sacco ospitiamo una cinquantina di ricoverati, tutti ultra 80enni».

Perché le quarte dosi procedono a rilento?

«Il dato di 11.500 somministrazioni di quarte dosi in Lombardia per over 80, over 60 fragili e ospiti delle Rsa è al di sotto delle aspettative. L’importanza della dose booster (seconda di richiamo) non è stata ancora percepita anche per le contingenze della guerra in Ucraina, che ha un po’ oscurato il tema delle vaccinazioni. Dopo l’estate arriveremo a quarte dosi estese a tutti, la prospettiva è quella di una somministrazione con un vaccino attualizzato che copra le varianti Omicron, probabilmente in associazione con il vaccino antinfluenzale. In sostanza due vaccini con un’unica iniezione. Ci sono sperimentazioni in corso con dati confortanti in termini di sicurezza».

Cosa ne pensa delle mascherine? Serviranno obblighi o semplici raccomandazioni per continuare a indossarle negli ambienti chiusi?

«Sono conservatore su questa tematica: negli ambienti chiusi e affollati (mezzi pubblici, cinema, teatri, treni, aerei, supermercati) manterrei l’obbligo di indossarle perché così si riduce la circolazione del virus, mentre all’aperto lo scenario è diverso. E anche il senso civico fa la differenza, perché bisogna essere flessibili e capire i contesti in cui ci si trova. In questo delicato momento storico conviene fare uno sforzo ulteriore. Parliamo in ogni caso di un dispositivo di protezione individuale al quale siamo abituati e che contribuisce a preservare la salute collettiva insieme ai vaccini. E mi soffermerei sui dati dei ricoveri, gestibili proprio grazie ai vaccini».

Qual è la tipologia di ricoverati Covid?

«Nel nostro ospedale non si vedono più pazienti vaccinati con meno di 60 anni. Tuttavia i pazienti muoiono anche nei reparti ordinari, non solo in Terapia intensiva, perché le comorbilità rappresentano un fattore di rischio e aumentata mortalità. A maggior ragione sono i fragili e gli anziani i soggetti che ora devono correre a vaccinarsi con la quarta dose».

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