Covid, invito alla prudenza
«Risultato negativo non esclude l’infezione»

L’intervista ad Anna Odone (Università di Pavia) che invita a fare attenzione: i test non rilevano il virus in incubazione.

Dopo il test, scatta il via libera agli abbracci e alle feste? No, assolutamente: anche con l’esito negativo di un tampone, il rischio di essere veicolo di contagio resta alto. «L’ idea del tampone come “tagliando di sicurezza” per trascorrere festività natalizie senza limitazioni è da disincentivare», commenta la professoressa Anna Odone, ordinaria di Igiene all’Università di Pavia e direttrice della Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva. «Il tampone molecolare diagnostico deve essere eseguito quando previsto dai protocolli – prosegue la docente, co-autrice tra l’altro di un recente studio con Ats Bergamo e Università San Raffaele sulla seconda ondata in terra orobica –, e la tempistica di esecuzione deve tenere conto del periodo di incubazione di Covid-19 (ossia del periodo che va dal momento del contagio alla comparsa degli eventuali sintomi, ndr), stimato in media di 5-6 giorni ma che può estendersi da 2 a 14 giorni. Questo spiega perché il tampone deve essere eseguito dopo 72 dall’ultimo contatto a rischio».

E i test rapidi? Sono spesso al centro del dibattito.

«Per quanto riguarda i cosiddetti test antigienici rapidi, è bene notare che un risultato negativo non esclude la possibilità di infezione, che, qualora sospettata, dovrebbe essere confermata con test molecolare».

Qual è lo scenario attuale della pandemia?

«È indubbio che si sia avviata una fase di rallentamento dell’epidemia legata alle misure di contenimento adottate, ora da mantenere e consolidare; così come non ci sono dubbi che le misure di contenimento debbano essere calibrate sulla base del rischio epidemico nei diversi contesti. Rischio epidemico a sua volta legato alla capacità di gestione sanitaria dell’emergenza, al rispetto delle regole e dei comportamenti di prevenzione. È importante che i criteri per la stima del rischio epidemico siano ben definiti, i dati utilizzati per stimarlo raccolti in maniera corretta, e, soprattutto, che l’allentamento delle misure restrittive conseguente alla riduzione del rischio non sia interpretato come un “liberi tutti”».

Le feste natalizie sono un rischio concreto per la recrudescenza dei contagi?

«Sì, tutte le occasioni di aggregazione sociale favoriscono la circolazione del virus, anche in contesto famigliare. Come abbiamo dimostrato in uno studio recentemente pubblicato, oltre il 90 per cento dei contagi in novembre è avvenuto in ambiente domestico. In particolare, la tradizione delle feste natalizie di riunirsi tra più generazioni potrebbe esporre al rischio di contagio le persone più anziane, più vulnerabili al Covid-19».

Nella seconda ondata, anche le province lombarde meno toccate nella prima hanno avuto un alto impatto: in vista di una possibile terza puntata del virus, la Lombardia avrebbe una maggiore protezione?

«Non è possibile fare questo tipo di proiezioni con certezza. Certamente l’andamento dell’epidemia e la circolazione del virus nella popolazione nei mesi a venire saranno influenzati dall’immunità raggiunta naturalmente dopo aver contratto l’infezione e artificialmente dopo aver fatto il vaccino. Noi abbiamo analizzato come nelle aree lombarde, come Bergamo, più fortemente colpite durante la prima ondata in cui più del 40% della popolazione è entrato a contatto col virus si siano registrati tassi di incidenza minori rispetto ad altri territori durante la seconda ondata».

Capitolo vaccino: qual è il modo migliore per convincere gli scettici?

«Già in epoca pre-Covid avevamo lavorato molto per combattere il fenomeno dell’esitazione verso i vaccini, identificato come importante problema di sanità pubblica dall’Oms e legato, tra le altre cose, a una mancata percezione del rischio delle malattie infettive. I dati italiani ci dicono che anche nei confronti della vaccinazione contro il Covid-19 molte persone sono esitanti. Sarà importante nei mesi a venire avere a disposizione e comunicare in maniera corretta i dati di efficacia e sicurezza e promuovere il valore della vaccinazione».

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