Covid, I giovani i più colpiti? No, è la fascia 40-60 anni

Secondo Ats l’andamento bergamasco si discosta da quello nazionale. Fra i non vaccinati 1,6 positivi ogni mille abitanti, fra gli immunizzati 0,4.

Dove viaggia, oggi, il contagio in provincia di Bergamo? La prima risposta è nota, quasi scontata: decisamente tra i non vaccinati. Nei primi quindici giorni di novembre, il tasso di positività dei non vaccinati è stato di quattro volte superiore rispetto a quello dei vaccinati. La seconda indicazione, che scava più in profondità nei dati, traccia una tendenza che si discosta dalla narrazione nazionale: le fasce d’età più interessate non sono i giovanissimi, ma ancora i 40-60enni.

È la sintesi dell’ampia mole di dati elaborati dal Servizio epidemiologico aziendale dell’Ats di Bergamo. Nella prima metà di novembre, in Bergamasca tra i non vaccinati sono emersi 1,6 positivi ogni mille abitanti; in questa «galassia», l’andamento più spedito del contagio è tra i 40-49enni, che hanno contato 2,2 casi ogni mille abitanti, mentre i 50-59enni non vaccinati viaggiano a 1,9 casi ogni mille abitanti. Di contro, gli under 12 - cioè la fascia non vaccinabile - si fermano a 1,5 casi ogni mille abitanti.

La differenza rispetto ai vaccinati è lampante: tra chi ha scelto l’immunizzazione, si sono contati solo 0,4 casi ogni mille abitanti. «Si conferma il rischio aggiuntivo in tutte le classi d’età dei non vaccinati – spiega Alberto Zucchi, direttore del Servizio epidemiologico aziendale di Ats Bergamo -, e non c’è uno sbilanciamento forte sui giovani». Chiaramente, con la vaccinazione non ancora autorizzata per gli under 12, «in quell’età l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile ai dati degli over 12 non vaccinati, e qualche criticità è emersa in alcuni cluster scolastici. Ma i valori non sono eccessivamente più alti», prosegue Zucchi. Tra l’altro, «la copertura vaccinale è molto omogenea in tutte fasce: tra i 16 e i 19 anni, per esempio, solo il 14% non è vaccinato, mentre tra i 20-24 anni solo l’11% non ha aderito – riepiloga l’epidemiologo -. Con una distribuzione uniforme, la protezione è più forte». Se i giovani e giovanissimi hanno una sintomatologia più sfumata e ciò può ridurre la corsa al tampone, dal 15 ottobre l’obbligo di Green pass sui luoghi di lavoro ha impennato la richiesta di test tra gli adulti.

«La popolazione non vaccinata è più soggetta alla tracciatura tramite antigenico (il test rapido, ndr). Ciò - spiega Zucchi - può determinare, anche per il livello di incertezza sul risultato del tampone antigenico rapido rispetto al molecolare, una diluizione del reale tasso di positività nei non vaccinati». Per questo la lente degli epidemiologi ha indagato anche sul tasso di positività con specifico riferimento ai soli test molecolari, escludendo in una seconda analisi i test rapidi. Emerge così ancor più chiaramente che «il tasso di positività al tampone molecolare dei non vaccinati è di 4,5 volte quello dei non vaccinati», sintetizza Zucchi: ogni mille test molecolari eseguiti tra 1 e 15 novembre, tra i non vaccinati ne sono risultati positivi 98,4 (con un’incidenza di 180,9 ogni mille nella fascia 40-49 anni), contro i 22,2 dei vaccinati con ciclo completo, i 31,7 dei vaccinati con una sola dose e i 43,6 degli under 12 (non vaccinabili).

«Terza dose fondamentale»

La «forbice» tra non vaccinati e vaccinati sembra però assottigliarsi nei 70-80enni, cioè coloro che hanno ricevuto l’inoculazione da più tempo. «Sta emergendo una riduzione dell’immunità tra chi si è vaccinato da più di sei mesi – riflette Zucchi -, e per questo anziani e fragili devono assolutamente fare la terza dose. La vaccinazione resta fondamentale, e si deve ancora una volta cercare di scalfire la quota residuale di persone che non hanno aderito». Anche perché, ribadisce l’epidemiologo, «i posti letto in Bergamasca sono occupati per l’85-90% da non vaccinati». Sull’attuale fase pandemica, «Bergamo ha valori migliori rispetto alla media nazionale, però sono in peggioramento. Le raccomandazioni sono sempre le stesse, siamo in allerta. Se si prosegue così, se non si aumenta l’adesione alla terza dose e se non si prosegue nel rispetto delle regole, credo che qualche azione più forte vada intrapresa. Riuscire a limitare il contagio è fondamentale anche per gli ospedali: in questi mesi è stato fatto uno sforzo importante per recuperare l’attività specialistica, un incremento dei ricoveri Covid avrebbe riflessi negativi sull’attività ordinaria».

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