Chorus Life al giro di boa: per la cittadella del futuro servirà ancora un anno - Foto

Bergamo Il sogno di Domenico Bosatelli sta prendendo forma: il maxi cantiere buon punto nonostante la pandemia. A pesare ora è la carenza di materiali.

«Qui facciamo anche 25 mila passi al giorno». Forse il numero che, assieme alle sette gru allestite sull’area dove un tempo si trovava l’Ote, rende di più le dimensioni del cantiere a cui ti trovi di fronte, una volta superato il varco di via Serassi, è questo. Una ventina di chilometri, su per giù una mezza maratona che quotidianamente gli addetti alla sicurezza del cantiere stesso si lasciano alle spalle per svolgere il proprio lavoro. Chorus Life è così. Una città nella città che sta crescendo a vista d’occhio. E se da fuori la scala non è così evidente, all’interno tutto assume le proporzioni che l’intervento, su una superficie di 70mila metri quadri, sta assumendo.

Chorus Life è così. Una città nella città che sta crescendo a vista d’occhio.

E non solo dal punto di vista infrastrutturale e architettonico. Ciò che si respira allargando lo sguardo su questo enorme formicaio brulicante di operai, travi e armature, ma soprattutto parlando con quanti ci lavorano, è la futuristica visione di chi l’ha immaginato inizialmente: il patron di Gewiss Domenico Bosatelli. Una visione sposata da chi nel tempo si è unito al progetto - a partire da Francesco Percassi, presidente di Costim, la holding che si sta occupando della realizzazione dell’intervento voluta dallo stesso Bosatelli con al proprio interno tre società controllate (Impresa Percassi, Elmet e Gualini) e al cui vertice si trova l’ad Jacopo Palermo - e che è riassumibile in un concetto molto semplice: offrire un nuovo stile di vita a quanti si affacceranno a questo microcosmo.

La filosofia

Senza scomodare gli Adriano Olivetti o gli Steve Jobs, stiamo parlando di una filosofia imprenditoriale mossa dalla volontà di lasciare un segno: «Chorus Life - aveva spiegato lo stesso Bosatelli in un’intervista a L’Eco - è un modello di città per il terzo millennio dove le tre generazioni possono vivere, socializzare e crescere insieme condividendo lo stesso spazio. È una coralità intesa come insieme di servizi, ma soprattutto come insieme sociale, per favorire l’integrazione fra gli individui, nel rispetto dell’ambiente, attraverso una stretta integrazione tra le funzioni e la moltiplicazione delle occasioni di incontro e socializzazione. Un progetto che nasce a Bergamo, ma che guarda a tutte le città europee come modello per rivitalizzare le periferie senza consumo di suolo».

Chorus Life è un modello di città per il terzo millennio dove le tre generazioni possono vivere, socializzare e crescere insieme condividendo lo stesso spazio

E quel gesto che, lo scorso ottobre, con il lancio della medaglia commemorativa in occasione del getto del primo solaio nella piazza del Sagittario, cuore della cittadella, si consumò come un rito di buon auspicio, in fondo, aveva anche un po’ il sapore della sfida: un simbolico «testa o croce» col futuro che per il momento sembra aver dato ragione a chi ha avuto il coraggio di farsene carico. Perché nonostante le difficoltà, nonostante i due anni di pandemia durante i quali il cantiere non si è praticamente mai fermato se non nei primissimi mesi di lockdown, i lavori procedono spediti. Certo, ora di pandemia ce n’è un’altra, ed è quella che, a causa della guerra, ha reso l’acciaio e i derivati del petrolio introvabili, ma lo sforzo è comunque quello di tenere la barra diritta. E se il prossimo 24 settembre non sarà la data di inaugurazione inizialmente annunciata, per il taglio del nastro non si dovrebbe comunque andare molto più in là. Si parla della primavera 2023, ovvero tra un anno esatto.

Il cantiere al giro di boa

Eccolo lì Chorus Life al suo giro di boa. A un anno abbondante dall’avvio del cantiere (era la fine di gennaio del 2021), dopo le imponenti operazioni di bonifica, si coglie ormai distintamente, almeno nei suoi volumi fondamentali, il disegno pensato dall’architetto Joseph di Pasquale.

Dalla cosiddetta «area base», gli uffici e gli spazi di rappresentanza allestiti ai margini del cantiere vero e proprio, dove ci accolgono i suoi responsabili (oltre a Carlo Crosa, project director di Costim, Aldo Franzetti direttore tecnico operativo dell’Impresa Percassi, Ruben Maffeis project manager di Costim e Savino Vendola tra i responsabili della sicurezza del cantiere per l’Impresa Percassi), lo sguardo cade subito sull’edificio che svetta all’incrocio tra le vie Ghislandi e Santi Maurizio e Fermo, quell’hotel che nella sua porzione superiore è già sigillato dalle vetrate destinate a offrire l’affaccio più spettacolare su Città alta al roof top, mentre ai piani inferiori si distinguono le terrazze delle 110 stanze che sono già a buon punto. Te ne accorgi, una volta attraversata l’area di cantiere, e risalite le scale che collegano i tre piani sotto il grande volume del ristorante: pur essendo ancora al grezzo, il loro allestimento finale non sembra affatto lontano.

Tutto interconnesso

Proseguiamo il tour che, pur tra i percorsi di cantiere, rende evidente come tutto sia estremamente interconnesso. Una delle chiavi di lettura del progetto è proprio questa. Dall’hotel si passa così alla stecca residenziale che corre lungo via Ghislandi; anche qui siamo a buon punto e gli 87 alloggi, tutti bi e trilocali da affittare si trovano più o meno allo stesso stato di avanzamento delle stanze dell’albergo. Il collegamento più spettacolare però è sul tetto dello stesso complesso. La lunghissima copertura è destinata infatti a diventare un giardino pensile con un percorso di sky-jogging che proseguirà fisicamente sull’edificio del centro wellness affacciato su via Bianzana. Manca ancora il gigantesco disco metallico che connetterà fisicamente i due comparti e quando arriverà sarà un altro piccolo-grande show d’ingegneria cantieristica: le 800 tonnellate verranno infatti portate sopra le due torri destinate a sorreggerle attraverso un sistema di tiranti che solleveranno la struttura durante una notte intera. E poi c’è la «permeabilità» che si intravede anche ai livelli inferiori. Sempre dall’alto, il disegno delle piazze che si intrecciano su due piani appare già chiaro grazie alle grandi strutture in calcestruzzo prefabbricato che formano gli «oculus», le aperture ovoidali realizzate per dare luce al livello ipogeo.

L’arena da 6.500 posti, dove oltre agli eventi sportivi, grazie alle gradinate modulari, si potranno ospitare concerti e fiere

È da qui che si potrà accedere alle attività commerciali, oltre che al piano interrato con oltre mille posti auto, ma soprattutto è da qui che si accederà all’altro grande volume del progetto. L’arena da 6.500 posti, dove oltre agli eventi sportivi, grazie alle gradinate modulari, si potranno ospitare concerti e fiere. In questo momento si tratta del comparto progettuale che più soffre per la carenza di materiali, ma nonostante questo la sagoma della cavea con la prima struttura metallica destinata a ospitare le gradinate riesce già a restituirne tutta l’importanza. Infine, c’è l’altra interconnessione. Quella che il cantiere non mostra ma che sta alla base della sua impostazione. Una piattaforma digitale sviluppata da Gewiss in collaborazione con Siemens e Microsoft, che consentirà di sovrintendere all’intero asset: per l’utente finale significherà accedere ai servizi della cittadella - dai parcheggi agli eventi, al proprio alloggio - con una sola app; per il gestore invece, vorrà dire governare l’habitat, con un modello predittivo e gestionale inedito. Anche qui, i dati acquisiti daranno la misura di tutto. E, c’è da scommetterlo, anche in questo caso, non saranno numeri da poco.

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