Chirurgia maxillo-facciale, 40 interventi complessi in attesa per colpa del Covid

Ospedale Papa Giovanni XXIII Il primario Cassisi: «C’è la necessità di ridurre le liste, soprattutto quelle pediatriche». Il ds Pezzoli: «Per tutti i reparti nel 2022 programmate 800 operazioni in più».

Il Covid ci ha messo del suo e ora l’attesa per un’operazione può sfiorare persino i due anni. Quaranta interventi «complessi» da eseguire al più presto, più una serie di altre operazioni urgenti che arrivano quasi ogni giorno da tutta la Lombardia e, in coda, un’altra lista di interventi di routine. Il reparto di Chirurgia Maxillo-facciale del «Papa Giovanni XXIII» scoppia, i bambini che aspettano un’operazione per correggere una deformazione congenita aumentano, e i medici - che pure non mancano - non riescono a operare come e quanto vorrebbero. Il motivo? Per il primario del reparto, Antonino Cassisi, è la mancanza di infermieri, anestesisti e altre figure professionali che lavorano in sala operatoria. Risultato: nelle tre sedute settimanali concesse al reparto, si riescono ad effettuare in media 4-5 operazioni; raramente si riesce ad arrivare alle 9 che potrebbero essere effettuate, a pieno regime, se si trattasse solo d’interventi di routine.

«Il problema – dice Cassisi – è che manca il personale ed essendo il nostro centro l’unico riferimento regionale per la traumatologia pediatrica, ogni giorno arrivano traumi di persone che hanno subito incidenti gravi e che hanno bisogno di essere operate con urgenza».

«Il problema – dice Cassisi – è che manca il personale ed essendo il nostro centro l’unico riferimento regionale per la traumatologia pediatrica, ogni giorno arrivano traumi di persone che hanno subito incidenti gravi e che hanno bisogno di essere operate con urgenza». I sei chirurghi dell’équipe medica potrebbero operare molto di più, e «invece si devono adeguare al ritmo delle presenze del personale di sala operatoria, che non basta mai», aggiunge Cassisi.

La riduzione degli slot per gli interventi durante la pandemia non ha che acuito un problema che si era già posto qualche anno fa. A Bergamo arrivano casi complessi da tutta Italia e anche dall’estero; a fine giugno è atteso un giovane paziente anche dagli Stati Uniti: «Oggi abbiamo in attesa almeno 40 interventi complessi sui bambini, per ognuno dei quali servono in media 6-7 ore, vale a dire tutta la seduta – spiega Cassisi –. Dovremmo operare tutti i giorni per riuscire a smaltire l’attesa, ma purtroppo non è possibile». E una soluzione pare non essere neppure all’orizzonte: «Senza personale non si può operare – insiste Cassisi –. Il personale di sala operatoria è una parte importantissima: bisognerebbe puntare molto di più, per esempio, sulla formazione. Con gli anni la professionalità si è persa; un tempo ogni reparto aveva il proprio personale anche infermieristico, oggi invece ognuno deve fare tutto, a discapito della specializzazione». Impossibile, così, quantificare anche quante persone servirebbero a un reparto per funzionare meglio. Quello di Antonino Cassisi è considerato un’eccellenza a livello nazionale, eppure il rischio è che molti pazienti, soprattutto per le operazioni di routine, possano rivolgersi altrove: «D’altronde – dice – dobbiamo fare delle scelte. Abbiamo a che fare con la salute e con persone che soffrono, e questo rende le cose ancora più difficili».

«Dobbiamo recuperare l’arretrato creatosi purtroppo in questi due anni di Covid in tutte le discipline – spiega Fabio Pezzoli, direttore sanitario del “Papa Giovanni” –. Per farlo, la Regione ci ha chiesto di eseguire il 10% di operazioni in più rispetto al 2019, pari a circa 800 interventi in più nel 2022».

«Dobbiamo recuperare l’arretrato creatosi purtroppo in questi due anni di Covid in tutte le discipline – spiega Fabio Pezzoli, direttore sanitario del “Papa Giovanni” –. Per farlo, la Regione ci ha chiesto di eseguire il 10% di operazioni in più rispetto al 2019, pari a circa 800 interventi in più nel 2022. Ciò non basterà a cancellare le liste d’attesa, ma è senz’altro un contributo importante, e tra i reparti ai quali abbiamo dato un maggior numero di sedute c’è anche la Chirurgia Maxillo-facciale. Non si tratta tanto di una mancanza di personale infermieristico, piuttosto abbiamo la necessità di garantire a tutti i reparti di recuperare l’arretrato in maniera proporzionale, dando la priorità alle patologie tumorali».

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