Cronaca / Bergamo Città
Sabato 02 Novembre 2024
Carrara, dopo otto mesi l’addio di Bagnoli: «Sono mancate fiducia e trasparenza»
L’INTERVISTA COMPLETA. A vuoto anche l’ultimo tentativo di ricucire lo strappo dopo le dimissioni presentate dalla direttrice. «Poteri troppo sbilanciati sul general manager, nessuna delle mie richieste è stata accolta». Ora mostre a rischio.
La fumata nera sull’ultimo tentativo di scongiurare le dimissioni della direttrice dell’Accademia Carrara Martina Bagnoli, è uscita da Palazzo Frizzoni giovedì sera, dopo che il Cda straordinario della Fondazione ha scelto di proseguire nell’impostazione data al museo dall’ex sindaco Giorgio Gori (pieni poteri al general manager Gianpietro Bonaldi) che, dicono i bene informati, nei giorni scorsi avrebbe pressato la sindaca Carnevali perché tenesse Bonaldi e lasciasse andare Bagnoli. Anziché provare a far convivere l’anima aziendalista con quella culturale del museo, la governance della Carrara ha dunque puntato sulla prima, sacrificando la seconda. Accettando le dimissioni di Martina Bagnoli il Cda mette fine a una collaborazione nata appena otto mesi fa. «Sono mancate trasparenza e fiducia – dice la direttrice dimissionaria –. Nessuna delle mie proposte è stata accettata».
Direttrice Bagnoli, da tempo si parlava di una situazione «tesa» alla Carrara. Si è tolta un peso?
«Non è questione di togliersi un peso, sono molto tranquilla della mia decisione. Mi fa piacere poter sgombrare il campo su alcune questioni che mi toccano personalmente: nei miei tanti anni di esperienza ho sempre lavorato benissimo con i miei colleghi. Quello che si è voluto rappresentare in questo caso, e cioè che ci fosse un problema di ordine caratteriale, non corrisponde né ai fatti né alla mia esperienza pregressa. Io sono una persona che di natura costruisce ponti, non muri».
E non le è stata data la possibilità di farlo?
«C’è stato un malinteso di fondo. In questo dualismo per la gestione del museo c’era un rapporto di subordine che non era stato rappresentato al momento della mia assunzione, ma che nei fatti esisteva. E ciò ha creato malesseri e disagi».
Non erano chiari i ruoli?
«Diciamo che da una parte c’è un general manager che ha una sorta di carta bianca anche in aree di competenza del direttore scientifico. Mi riferisco alle acquisizioni di opere e ai progetti di collaborazione di ordine artistico. Dall’altra parte c’è un direttore che non ha neppure le facoltà minime, come quelle della rappresentanza e della comunicazione. C’è uno sbilanciamento sulla posizione del general manager che di fatto non è più un dualismo, ma una vera e propria subordinazione. Questo non era trasparente all’inizio e perciò ha creato dei dissapori».
Quando si è accorta di trovarsi in un ambiente diverso da quello che si aspettava?
«Da diversi mesi sono in contatto con l’Amministrazione e con il Cda, che però ha ritenuto di continuare con lo status quo. Non ho avuto né un ascolto sincero su queste questioni, né c’è stata una risoluzione di certi problemi. Il Cda è rimasto sulle posizioni di salvaguardia di questo sistema che, nell’atto pratico, è sbilanciato sul ruolo del general manager. Una posizione che non si confà con quella della direzione di un museo».
Si è sentita sola?
«Sola no, perché in questi mesi sono stata supportata da tutto lo staff della Carrara. Sono stati mesi in cui si sono preparati progetti di mostre, progetti scientifici di largo respiro, come cataloghi on line, convegni e altro ancora. Da sola non mi sono sentita neppure dal punto di vista dei miei rapporti con la città e con i rappresentanti delle altre istituzioni culturali, che mi sono stati vicini. Con loro ho ottimi rapporti e continuerò ad averne così come con tutte le istituzioni con cui ho lavorato in passato. Non c’è stata comprensione con il Cda, perché sono stati interessati a difendere una struttura che a mio avviso non può funzionare».
Qual è stato il ruolo della sindaca come presidente del Cda?
«Io posso parlarle di come ho percepito il suo intervento come presidente del Consiglio d’amministrazione e dico che il Cda non è venuto incontro alle mie richieste».
E quali erano le sue richieste?
«Per un direttore di museo erano richieste basilari, cioè poter gestire la comunicazione, la rappresentanza e l’immagine del museo. Nessuna di queste è stata accolta. Non ho mai voluto, né richiesto che fossero sovvertiti i ruoli e non è mai stata una questione di aut aut: ho sempre cercato di interloquire su questioni pragmatiche, ma mi sono trovata spesso esclusa. Dal punto di vista della ricucitura, forse a mio avviso si poteva ascoltare un po’ di più».
Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
«Si è trattato di un accavallarsi di situazioni, ma certo la gestione dell’acquisizione delle opere nel bistrot senza la mia partecipazione, e la continua interferenza in questioni relative a collaborazioni artistiche con altri enti, mi sembra non diano spazio al ruolo di direttore».
Quando a inizio ottobre scrisse l’articolo su «Domani» criticando i «manager della cultura», la frattura per lei era già insanabile?
«No, non direi. Ho scritto un articolo che parlava di questioni di professionalità museali, in cui raccontavo come lo storico dell’arte e direttore del museo utilizza spesso le strategie aziendali per arrivare al compimento dei piani strategici e degli obiettivi. Questo perché chi fa il direttore del museo è anche un manager. Quindi io parlavo di professionalità museali, che in Italia sono un po’ dimenticate. Ciò ha suscitato molta ansia in ambito bergamasco perché effettivamente la situazione locale rispecchia tanti di questi punti dolenti. Ma mi preme ribadire che quell’articolo non è stata affatto la causa scatenante. Il vero problema è che c’è stata poca trasparenza sulla suddivisione dei ruoli».
C’era bisogno, secondo lei, di cambiare i contratti?
«Questo sarà un problema per il futuro, nel mio caso sarebbe bastato accogliere le mie richieste. Non si è voluto fare neanche quello, per cui per me la partita è chiusa. Come loro dovranno cambiare i contratti, lo vedranno più avanti. Io questo non l’ho mai chiesto».
Lei ha parlato del lavoro che avete fatto in questi mesi. C’era anche una mostra in programma a cui lei stava lavorando. Che ne sarà?
«Non lo so. Alcuni progetti saranno portati avanti dall’ottimo personale dell’Accademia Carrara. In merito alla mostra di cui facevo la curatela non ho ancora avuto la facoltà di discuterne con il Cda. Vedranno loro».
Dunque potrebbe saltare?
«Non ne ho idea, io mi sono messa a disposizione per lavorare su questo progetto fino al suo compimento, ma a questo punto da esterna. Spetterà al Cda decidere cosa fare».
Qual è l’idea di Carrara che non è riuscita a portare avanti?
«La Carrara è un museo con una grande tradizione e speriamo con un brillante futuro. Auspicavo che potesse essere un museo partecipato e condiviso, ma è chiaro che tutto ciò deve partire dall’interno. La conduzione del museo c’è ed è nelle mani del general manager, quindi possono continuare tranquillamente così».
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