Caritas, primo ascolto a 981 persone: «Quasi un terzo sono italiani over 50»

Il 55% è in condizione di grave marginalità: senza fissa dimora, povertà, dipendenze. Gli stranieri che chiedono aiuto sono fra i 18 e i 50 anni. La maggior fragilità tocca le donne.

Il Centro primo ascolto e coinvolgimento di Caritas in via del Conventino è il luogo di accesso e filtro per i servizi per la grave marginalità e bassa soglia, persone senza fissa dimora. Nel 2021 sono arrivate 981 persone, di cui 763 uomini e 218 donne, 276 di nazionalità italiana che per età rappresentano maggiormente la fascia oltre i 50 anni; gli stranieri sono compresi tra i 18 e 50. Analizzando i bisogni si può evincere che circa il 55% sia in condizione di grave emarginazione (senza un alloggio, in condizione di estrema povertà, con problematiche legate alle dipendenze e/o all’irregolarità).

Rispetto alla grave marginalità il Centro è il primo accesso ai servizi in rete, che operano in co-progettazione attraverso l’Ati (Associazione temporanea di imprese) fra Comune, Fondazione Opera Bonomelli (accoglienza e accompagnamento educativo di persone senza dimora), Fondazione Diakonia, espressione della Caritas diocesana, Il Mosaico cooperativa sociale, nata dall’esperienza dell’Opera Patronato San Vincenzo, e Cooperativa Sociale Ruah .

Da parte del Comune c’è un impegno di quasi 1,4 milioni di euro per tre anni dal primo giugno 2021. «Arrivano qui per diversi motivi: perdita del lavoro, uso di sostanze, abuso di alcol, ma anche disagio generico, con mancanza di relazioni. Quando viene a mancare un elemento come il lavoro, la salute, la famiglia, queste persone si trovano sole, con fragilità sociale, non riescono ad andare avanti e si ritrovano in strada», dice Laura Vitali, coordinatrice del Cpac. La richiesta principale è sempre l’alloggio: «La prima risposta possibile - continua Vitali - è il dormitorio del Galgario, dove ci sono poche regole di base: rispetto degli orari, niente droga, armi, violenza, non più di tre assenze ingiustificate. La maggior parte riesce a starci, poi si costruisce insieme il passo successivo: il dormitorio è una sistemazione solo temporanea. I primi colloqui aiutano a conoscere la persona, la sua storia; se è possibile un percorso si passa alla fase progettuale per un dopo-dormitorio. Ad oggi le persone non rimangono più di 4 mesi, periodo in cui si sperimenta la tenuta; ma i tempi dipendono dalle disponibilità per le seconde accoglienze, per esempio comunità terapeutiche: hanno in genere liste d’attesa, così come gli appartamenti, oltre a tempistiche legate ad aspetti burocratici che riguardano permessi o residenza. Noi collaboriamo con gli altri enti che si occupano di grave emarginazioni e ai servizi come Cps, Serd servizio sociali».

Richiedenti asilo in crescita

Negli ultimi tempi il fenomeno più evidente riguarda i richiedenti asilo, usciti dai centri di accoglienza temporanea: «Sono per lo più pakistani, fuori dai canali prefettizi, perché arrivano a Bergamo dalla rotta balcanica. Qui fanno la prima domanda di asilo politico, ma le tempistiche sono lunghe. Il loro bisogno è legato a burocrazia e lingua. Non c’è spazio nei Cas». Maggior fragilità tocca le donne, che in strada sono esposte a violenze ed aggressioni; il dormitorio femminile Palazzolo ha sette posti, di cui due in emergenza; le donne possono entrarci anche se consumatrici di sostanze, ma anche in questo caso si cerca di avviare un progetto; la maggior parte sono italiane, spesso arrivano attraverso il servizio bassa soglia del Drop presente in stazione. «I percorsi sono lunghi, non lineari, con ricadute. Molto complessi soprattutto per le persone che hanno vissuto per anni in strada: qualcuno che alla fine ottiene un alloggio popolare continua a vivere come fosse ancora in strada. È difficile decostruire certe abitudini. Bisognerebbe evitare la cronicizzazione delle situazioni, si rischia che la strada diventi la casa, e solo quella sentita come tale. Decostruire quello che è stata una vita è complesso e lungo, ma possibile. Comunque al Centro ascolto è sempre possibile tornare, anche dopo mille ricadute, a meno che ci siano stati agiti violenti».

Altro aspetto che viene garantito la sanità : «Oltre alla convenzione con l’Istituto Palazzolo per l’ambulatorio di prossimità, alcuni sono sostenuti nell’acquisto dei farmaci, con convenzione con farmacie della città e dell’Opera Bonomelli; inoltre c’è lo sportello “Poveri, ma cittadini” per il sostegno legale». Al Cpac operano sei volontari per l’accoglienza e suor Chiara dell’Istituto delle Poverelle che fa servizio al Centro e a Casa Samaria; dopo il primo contatto avviene la presa in carico da parte di cinque operatori Caritas.

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