Caritas, bussano in 1.980 per un aiuto: «Allarme povertà, triplicate le richieste»

CENTRI DI ASCOLTO. In 10 anni aumento di utenti a cui la paga non basta per vivere. Don Trussardi: «È in crescita anche la grave marginalità».

Quando si bussa a quella porta è perché le difficoltà pesano. Pesano sempre più, impattano sulla vita di tutti i giorni, raccontano di una fragilità da cui si fatica a uscire. Quando si parla di povertà, però, occorre forse usare il plurale: perché le povertà mostrano più sfaccettature, vanno dalla fascia grigia – a volte persone insospettabili, chi un lavoro ce l’ha ma non basta per una vita dignitosa – alla marginalità più grave, incidendo nel profondo della quotidianità.

Anche in una terra ricca come Bergamo la povertà è una realtà diffusa, magari carsica, a volte solo mimetizzata e a volte invisibile o nascosta, però sempre concreta. Con due direttrici: a crescere nell’ultimo periodo sono soprattutto i «working poor» – chi fa i conti con un «lavoro povero» – e la marginalità più grave. Nei numeri della Caritas Bergamasca, quelli confluiti anche nel Rapporto nazionale presentato nei giorni scorsi, si disegna il quadro di questa vulnerabilità sociale. «Anche in un territorio laborioso come il nostro ci sono persone in situazione di difficoltà – riflette don Roberto Trussardi, direttore della Caritas Bergamasca -. Nel 2023 abbiamo registrato un aumento delle richieste soprattutto per la grave marginalità». Ma «non c’è solo la povertà materiale – ricorda don Trussardi -: occorre riflettere anche sulla povertà educativa, culturale, relazionale, abitativa, lavorativa. Oggi si convive con più povertà».

Anche in una terra ricca come Bergamo la povertà è una realtà diffusa

La zona grigia

I Centri di ascolto parrocchiali e interparrocchiali, 74 in tutta la Bergamasca tra città e provincia, punteggiano una rete capillare di riferimento per chi cade in queste fragilità. Nel 2023 hanno incontrato 1.980 persone, andando a tratteggiare il profilo delle persone più a rischio. Il 65,6% degli utenti è donna, mentre a livello di nazionalità gli stranieri rappresentano il 65%. L’età media è di 48 anni, il 30% dei richiedenti ha un lavoro o una pensione. Sono variegati, questi bisogni, e sommano i problemi che più impattano sulla vita delle persone: nel 46% dei casi alla base ci sono problemi economici, per il 24% degli utenti i problemi sono occupazionali, l’8% delle persone racconta invece di problematiche abitative. «I dati dei Centri di ascolto sono in linea con il quadro emerso dal Rapporto nazionale – osserva Livia Brembilla, responsabile dei Centri di ascolto della Caritas Bergamasca -. Il problema che sta sempre più emergendo è quello dei lavoratori poveri: in dieci anni, sono triplicati gli utenti che vivono questa situazione».

Ne parla anche il Rapporto nazionale: tra le fragilità alla base del fenomeno ci sono ad esempio «l’ampia diffusione di occupazioni a bassa remunerazione e bassa qualifica, soprattutto nel terziario» e poi «il mancato rinnovo contrattuale e la proliferazione dei contratti nazionali, la diffusa precarietà, la forte incidenza dei lavori irregolari e dei contratti non standard soprattutto tra i giovani, il forte incremento del part-time involontario, la stagnazione dei salari, la forte incidenza delle “nano imprese”, il basso tasso di occupazione femminile che incide sui modelli di famiglia monoreddito, le marcate differenze territoriali Nord-Sud, il dualismo tra insider (lavoratori con contratti stabili, ndr) e outsider (lavoratori precari, ndr)».

La povertà «ereditaria»

«C’è poi un’altra questione, quella della trasmissione intergenerazionale della povertà:

Quante persone convivono con la povertà ma non hanno la forza per chiedere aiuto?

abbiamo utenti che arrivano da famiglie che seguiamo da due o tre generazioni», aggiunge Brembilla. La povertà allora diventa una trappola ereditaria, una cronicità sociale da cui si fatica a uscire. Oltre i numeri resta un interrogativo: quante persone convivono con la povertà ma non hanno la forza per chiedere aiuto? «A Bergamo c’è anche questa difficoltà – riflette don Trussardi -: nel carattere della nostra gente s’incontra a volte una resistenza e una difficoltà a chiedere aiuto, perché si vuole conservare una certa dignità. Questo però rischia di aggravare le situazioni».

Aumenta soprattutto la grave marginalità

I tempi recenti consegnano però un altro ambito in cui i bisogni crescono. È l’ambito più delicato, la situazione più compromessa: «Se nei centri di ascolto i numeri sono sostanzialmente in linea col 2022, l’aumento maggiore di richieste è soprattutto per la grave marginalità – segnala don Trussardi -. Il nostro dormitorio da 80 posti è pieno, c’è la lista d’attesa, e stimiamo che fuori restino 40-60 persone a notte».

I numeri tracciano il perimetro. Il Centro di ascolto diocesano dedicato alla grave marginalità – senza fissa dimora, povertà estrema – ha incontrato 1.099 persone nel corso del 2023, 35 persone in più del 2022. Se si contano però le richieste totali d’aiuto (a una persona possono essere associate più richieste), i numeri s’allargano: nel 2023 il Centro s’è fatto carico di 2.864 richieste, il 16% in più rispetto alle 2.462 del 2022. «Le richieste di aiuto – specifica Livia Brembilla – sono state soprattutto di ascolto e relative all’ambito sanitario per erogazione di farmaci o cure a cui queste persone non riescono ad accedere». In questo caso il 74,7% delle richieste al Centro diocesano arriva da uomini, mentre a livello di nazionalità il 74,1% è rappresentato da persone straniere (quella marocchina è la nazionalità più frequente).

«Povertà ai massimi»

Il Rapporto nazionale presentato da Caritas nei giorni scorsi consente di ampliare lo sguardo. Sommando i diversi tipi di povertà, in tutta la Lombardia nel 2023 la Caritas ha incontrato 34.145 persone, contro le 31.383 del 2022 (+8,8%). «La povertà oggi è ai massimi storici ed è da intendersi come fenomeno strutturale del Paese», si legge nel documento. Altri numeri, più grandi ancora, ne danno conferma: in tutto il Paese lo scorso anno la Caritas ha assistito 269.689 persone, in aumento del 5,4% rispetto alle 255.957 del 2022. Mai così tanti, da quando Caritas rendiconta con precisione questi dati.

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