Carcere di via Gleno, il disagio psichico riguarda un detenuto su cinque

IL FENOMENO. La garante Lanfranchi: non si tenga in cella chi deve stare altrove. Ex ospedali giudiziari: nuova residenza con 40 posti nel 2025.

Lì dentro, ristretti tra le quattro mura, è come se tutto rimbombasse e aumentasse di volume. Se il disagio psichico cresce ovunque nella società, tra i detenuti è amplificato; se sul territorio si soffre la carenza di personale sanitario e di servizi, in carcere s’avverte in maniera ancora più forte. Succede ovunque, e lo racconta il drammatico inizio anno delle carceri italiane: 19 suicidi tra gennaio e metà febbraio, mai così tanti da quando sono disponibili dati puntuali. Anche la casa circondariale di Bergamo, pur senza gesti estremi in questo avvio di 2024, sconta una quotidianità scandita dal diffuso disagio psichico dei detenuti: ne soffrirebbe quasi il 20% di loro, secondo le stime. Vorrebbe dire oltre un centinaio di reclusi sui 559 totali presenti in Via Gleno – secondo gli ultimi dati del ministero della Giustizia – al 31 gennaio.

«Il disagio psichico è una delle criticità principali, strettamente legata al sovraffollamento – riflette Valentina Lanfranchi, garante dei detenuti di Bergamo –. È un problema che si vive anche qui, come in tutte le carceri: si può stimare, secondo il lavoro degli operatori in carcere, che ne soffra circa il 20% dei detenuti di Bergamo. A chi ha problemi psichici si affiancano poi gli altri casi problematici di diversa natura, per esempio chi ha problemi di dipendenza».

L’approccio al problema

Il disagio vissuto dai detenuti si riflette sulle condizioni di lavoro di tutto il «mondo carcere»: «La polizia penitenziaria fa grandi sforzi per gestire la situazione, pur con un organico sottodimensionato – rimarca Lanfranchi –, così come da parte degli operatori c’è grande impegno. Ma c’è un problema di fondo legato alle carenze di personale, andrebbero rafforzate le presenze e i servizi». Un problema di fondo ancor più rilevante è nell’approccio al disagio psichico in carcere: «Le criticità delle carceri non si risolvono costruendo nuove strutture: si devono affrontare evitando di mettere in carcere quelle persone che in carcere non dovrebbero starci perché dovrebbero essere invece accolte da strutture dedicate al disagio psichico – ribadisce la Garante –. Sono questi i problemi da affrontare ».

Nuove strutture

È questo, in fondo, uno dei nodi – tra i più difficili da sciogliere – che strozzano il sistema della giustizia. Se le carceri sono affollate da reclusi con problemi psichici è perché mancano le strutture dedicate a quella delicatissima missione che dovrebbe saldare la salute mentale all’espiazione della pena. Con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) nel 2015, si è passati al modello delle Rems, le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza: sono queste, oggi, le strutture sanitarie che devono accogliere gli autori di reato affetti da disturbi mentali e giudicati socialmente pericolosi. Ma sono poche, e le capienze insufficienti. L’unica Rems al momento operativa in Lombardia è quella di Castiglione delle Stiviere, nel Mantovano, con una disponibilità di 160 posti. È la più grande d’Italia, e non basta. La Regione – le Rems fanno capo alle Regioni, perché inquadrate nell’ambito delle competenze in materia di sanità – sta però lavorando alla realizzazione di una seconda struttura in Lombardia: sorgerà a Limbiate, nel Milanese, in un ex ospedale, avrà 40 posti e potrebbe essere attivata nel corso del 2025. I lavori sono iniziati nei mesi scorsi, ravvivando un iter ormai di lungo periodo: la sottoscrizione del contratto per l’affidamento della progettazione risale ad agosto del 2017, l’approvazione del progetto esecutivo a marzo 2020.

La situazione delle Rems e degli autori di reato con disturbi mentali è inclusa nel documento sulle «Linee di programmazione 2024» approvato dalla giunta regionale, su proposta dell’assessore al Welfare Guido Bertolaso. In questo ambito – si legge nel dossier – «tra gli obiettivi prioritari da perseguire» ci sarà anche l’«attività di raccordo (con le istituzioni della giustizia, ndr) per la riduzione della lista d’attesa per l’accesso in Rems, nonché per l’agevolazione delle dimissioni tenendo conto di collocazioni alternative». Contestualmente, annota la Regione, «verrà ripreso il percorso di accreditamento della struttura per l’esecuzione delle misure di sicurezza in regime di licenza-esperimento e per l’esecuzione penale esterna della libertà vigilata», la cosiddetta Sliev, una «struttura intermedia da e verso il territorio», che deve operare in raccordo con la Rems.

Fondi e personale

Capitolo risorse economiche: «Per potenziare l’attività assistenziale dedicata a pazienti psichiatrici autori di reato – si legge sempre nelle Linee di programmazione per il 2024 – le risorse previste nel Piano di sviluppo saranno così destinate: fino a 1,1 milioni di euro per l’implementazione dei posti nella Sliev (a Gonzaga, nel Mantovano, ndr), in una logica di continuità con l’attività della Rems; fino a 2,01 milioni di euro per lo sviluppo di comunità ad alta assistenza dedicate a pazienti adulti autori di reato». Quanto alle risorse umane, il documento parla anche di «adeguamento dei fabbisogni di personale delle Asst di riferimento degli istituti penitenziari e delle Rems». Per alleviare, almeno parzialmente, un disagio sempre più diffuso. Anche – e soprattutto – in carcere.

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