Carcere, 583 in cella: mai così tanti reclusi negli ultimi 15 anni

VIA GLENO. Tasso di affollamento al 182,8%, i posti sono 319. Venerdì 6 dicembre la visita della Commissione del Consiglio regionale: «In cantiere un protocollo per l’inserimento lavorativo».

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Da tempo, la situazione s’è fatta cronica. Ora, però, in questo 2024 «nero» per le carceri di tutta Italia, si colgono ulteriori segnali acuti. Di peggioramento: è questo, anche per il carcere di Bergamo, il momento di maggior sofferenza da un quindicennio a questa parte.

Lo raccontano i numeri, quelli periodicamente diffusi dal ministero della Giustizia, secondo un’aspra contabilità umana. Prendendo a riferimento la situazione al termine di ogni anno dal 2010 in poi, ora si è vicini a toccare un nuovo picco: a venerdì 6 dicembre la casa circondariale di via Gleno ospitava 583 reclusi a fronte di 319 posti regolamentari, il tasso di affollamento ha raggiunto il 182,8%. A fine 2023 i reclusi erano invece 562, a fine 2019 erano «solo» 486: in cinque anni, si sono aggiunti quasi 100 detenuti in più. La situazione attuale s’appresta così a battere il primato precedente – sempre guardando agli ultimi 15 anni, quelli per cui sono disponibili dati puntuali – rappresentato dai 572 ristretti del 31 dicembre 2016. L’altra faccia della medaglia è nelle carenze d’organico: a fronte di un organico teorico di 243 unità, la polizia penitenziaria conta solo 170 effettivi.

La visita della Commissione regionale

È partendo dalle cifre, e dal grido d’allarme degli operatori, che la Commissione carceri del Consiglio regionale lombardo venerdì 6 dicembre ha fatto tappa a Bergamo. Guidata dalla presidente Alessia Villa (Fratelli d’Italia), una delegazione composta anche dai consiglieri bergamaschi Michele Schiavi (Fratelli d’Italia), Davide Casati (Partito democratico) e Jacopo Scandella (Partito democratico) ha varcato il cancello di via Gleno, ha incontrato il direttore Antonina D’Onofrio, la comandante della polizia penitenziaria Letizia Tognali e diversi operatori, per poi visitare i reparti, le celle, i laboratori.

Il problema dei «giovani adulti»

Nel mosaico delle cifre si distende l’immagine dei bisogni penitenziari. Dei 583 reclusi, 290 sono stranieri; le donne sono in tutto 37. Una problematica emergente è quella dei 46 «giovani adulti», i detenuti tra i 18 e i 24 anni, fascia d’età in crescita e con nuove criticità. Sono complessivamente circa 300 i detenuti con problemi di dipendenza da sostanze. Il futuro passa da formazione e lavoro: 284 detenuti frequentano il Cpia (l’istruzione per gli adulti che consente di ottenere la licenza media), 20 sono iscritti all’Istituto alberghiero, 3 a quello per la moda, 11 all’Università.

Alessia Villa: «Stiamo lavorando su uno specifico protocollo che a livello regionale metta allo stesso tavolo più soggetti, dall’amministrazione penitenziaria alle associazioni imprenditoriali e gli enti locali, per incentivare l’inserimento lavorativo»

Da Antonina D’Onofrio, direttore del carcere, giunge «il ringraziamento alla Commissione per l’attenzione mostrata alla casa circondariale. Quando un’istituzione si accosta al carcere, evidenzia un senso di grande disponibilità». «Il sovraffollamento è significativo – rileva Alessia Villa, presidente della Commissione carceri – e anche il personale è in sofferenza. Abbiamo tracciato il quadro sulle progettualità che ci stanno a cuore, in particolare la formazione e il reinserimento lavorativo. Stiamo lavorando su uno specifico protocollo che a livello regionale metta allo stesso tavolo più soggetti, dall’amministrazione penitenziaria alle associazioni imprenditoriali e gli enti locali, per incentivare l’inserimento lavorativo. I dati del Cnel lo indicano chiaramente: i detenuti che fanno esperienze lavorative hanno una recidiva di appena il 2%, senza lavoro invece sale al 70%. A Bergamo i detenuti in articolo 21 (cioè in lavoro esterno, ndr) non sono moltissimi: 17 uomini e una sola donna, speravamo in numeri maggiori. Abbiamo chiesto che si lavori maggiormente in questa direzione».

Tante criticità

Nelle due ore di visita, i consiglieri hanno toccato con mano la realtà di chi vive ristretto e del personale in sofferenza d’organico: «La situazione ha delle criticità – commentano Davide Casati e Jacopo Scandella, esponenti del Partito democratico –: occorre insistere sull’ampliamento degli articoli 21, mettere al centro progettualità per affrontare l’aumento dei giovani adulti, sostenere il personale che qui lavora con ritmi elevati, poco turnover e gli straordinari non pagati. Risulta fondamentale il sostegno sanitario, la collaborazione con l’Asst Papa Giovanni è preziosa e occorre rafforzare l’attenzione sulla salute mentale».

Per Michele Schiavi, consigliere di Fratelli d’Italia, «sono tre gli aspetti su cui concentrare l’attenzione. Il primo è quello delle condizioni igienico-sanitarie dei bagni e delle docce delle celle, su cui un miglioramento è necessario: ci è stato assicurato che i fondi sono disponibili e che a breve si interverrà. Il secondo aspetto è l’inserimento lavorativo, i numeri al momento sono troppo bassi: bisogna aprirsi di più al mondo dell’impresa e alle opportunità che anche i Comuni possono dare. Infine, l’organico di polizia penitenziaria è insufficiente e la caserma interna ha bisogno di interventi strutturali: abbiamo preso l’impegno di riferire questa situazione ai nostri rappresentanti di governo».

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