Cronaca / Bergamo Città
Lunedì 30 Maggio 2022
Capitale della cultura:«Bergamo e Brescia sono i cuori pulsanti dell’Italia moderna»
L’intervista Stefano Baia Curioni, «mente» del dossier: «Le due città potenze industriali e civili, si devono far conoscere come tali nel 2023».
Stefano Baia Curioni, il docente della Bocconi esperto di «art and heritage management» che ha tirato le fila del dossier di Bergamo e Brescia Capitale italiana della Cultura 2023, ha presieduto la giuria che ha assegnato a Procida il titolo di quest’anno. «Va fatta una premessa – esordisce – : il lavoro della giuria è valutare il dossier e il suo programma culturale. Noi non giudichiamo la bellezza, la politica culturale, la gestione delle città». Che certo hanno un ruolo importante una volta assegnato il titolo. «Inizialmente Capitale italiana della Cultura, pensata come derivazione di Capitale europea della Cultura, prevedeva un programma di eventi finalizzato all’attrattività turistica e alla “promozione” della città. Nel tempo ci si è resi conto che, per non avere effetti transitori, il titolo deve lasciare delle eredità di carattere istituzionale che si colleghino ai processi di sviluppo più complessi del territorio».
La cultura come motore di un progetto di trasformazione del territorio urbano?
«Sì, si chiama sviluppo a base culturale, nel quale il turismo gioca una partita importante, che però non è l’unica. Capitale Cultura nel determinare l’aumento di flussi turistici deve anche includere una serie di percorsi che si collegano a una visione politica, economica e sociale del territorio. Nel bando abbiamo inserito richieste collegate a questa componente; il programma di attrattività culturale va collegato a politiche giovanili, politiche formative, coinvolgimento delle associazioni culturali del territorio, inclusione, sostenibilità e così via.I progetti progressivamente si sono adattati a questa nuova formula. La componente culturale specifica va tenuta in equilibrio con azioni più infrastrutturali».
Professore, torniamo a Procida. Perché l’avete scelta?
«C’erano tanti dossier interessanti per il 2022. Ancona aveva un progetto di ridefinizione di accesso al mare, un piano di rigenerazione urbana molto articolato. Anche L’Aquila e Taranto avevano bei progetti. Parma (capitale nel ’20-’21, ndr) ha vinto perché ha collegato processi di rigenerazione urbana a processi culturali. Procida ha tirato fuori una componente aggiuntiva, che riguarda il tema complessivo delle piccole isole in Italia. Realtà importanti e molto marginalizzate, che spesso sono interessate da flussi turistici dagli effetti dirompenti sul tessuto sociale, ma che non hanno politiche di sostegno. Il progetto di Procida aveva un’anima, una visione poetica, e ha convinto la giuria per questa ragione, per quel qualcosa in più sul piano progettuale».
Procida ha potuto contare su cospicui finanziamenti dalla Regione Campania. Bergamo e Brescia, invece, puntano molto sui privati.
«Il tema va considerato in due dimensioni: i finanziamenti e la composizione delle fonti di finanziamento, che poi definiscono anche le dimensioni dei progetti. Nel caso di Procida, che non ha un tessuto industriale locale specifico, era importantissimo per la sostenibilità del progetto sapere che la città metropolitana di Napoli e quindi la Regione erano fortemente integrati sul progetto. Un’alleanza determinante. Ma questa condizione non è sempre necessaria. Nel caso di Bergamo e Brescia, considerato il tessuto manifatturiero industriale delle due città – la cui potenza è paragonabile se non superiore a quella della Ruhr – è evidente che il peso del sostegno pubblico è meno fondamentale anche se importantissimo. Qui c’è meno bisogno di una coralità ampia del sostegno pubblico, anche se poi la Regione Lombardia fa la sua parte. Questo territorio ha saputo esprimere una rete di solidarietà con molta vitalità imprenditoriale e associazionistica, un altro aspetto che ci ha fatto pensare che il tessuto locale non abbia bisogno di una forte iniezione di capitale pubblico. Tessuto industriale e Terzo settore, entrambi molto attivi e fortemente innovativi, sono stati inclusi nel dossier di Capitale Cultura perché fanno parte del Dna di questi territori».
Il tema della rigenerazione è centrale e sembra accomunare tutti le Capitali italiane della Cultura.
«Non ci sono modelli che valgono per tutti. Nel caso di Procida il Palazzo d’Avalos è talmente incombente e in un luogo così spettacolare che è difficile immaginare di non metterci le mani. L’equivalente di Città Alta per Bergamo. Vediamo se riusciranno a fare un progetto sostenibile. Brescia ha la necessità di guadagnare visibilità, di mettersi sulla mappa culturale; Bergamo invece ha già una capacità attrattiva molto forte, soprattutto legata a Bergamo Alta, e bisogna riuscire a distribuire sul territorio questa attrattività. Il progetto sul centro piacentiniano e sulla ciclovia della cultura vanno in questa direzione. Sotto c’è un’idea di rigenerazione, sostenibilità, buone prassi e di città evolutiva. Senza alterare gli equilibri che ci sono, immaginare che le due città possano essere poli di un’area urbana in cui il rapporto con la campagna e la periferia sia meno sbilanciato e più integrato, è un bel sogno per la Lombardia, altrimenti finiamo tutti in pancia a Milano. Se la Lombardia diventa la periferia di Milano, questo è un problema. L’idea è di realizzare un’area di collaborazione tra Bergamo e Brescia giocando la partita di Capitale Cultura come scintilla. Ci vorranno anni e risorse ma è un passo importante».
Non crede che nel dossier di Bergamo-Brescia ci sia tanta carne al fuoco? Forse troppa?
«Il dossier è un modo per fissare l’asticella, vedremo come risponderanno gli sponsor. Queste due città meritano una visione ricca, sono cuori pulsanti dell’Italia moderna anche se non si rappresentano così, ma la verità è questa. Con la loro componente industriale e civile sono un pezzo della spina dorsale del Paese, e Capitale Cultura deve essere un evento ambizioso. Si arriverà dove si potrà, si aprono delle prospettive, l’auspicio è di un orizzonte di lavoro decennale. Il dossier raccoglie molte sollecitazioni arrivate dal territorio, ci siamo confrontati con centinaia di associazioni culturali, abbiamo selezionato cento progetti. E non ci siamo inventati nulla».
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