Borghi, la sofferenza dei negozi di vicinato. Santa Caterina resiste

COMMERCIO. Nel 2024 più chiusure (89) che aperture (71): ora sono 1.428 In Borgo Palazzo 20 locali fermi in pochi metri, San Leonardo cambia pelle. Santa Caterina il più vivace. Due pagine di analisi su L’Eco di Bergamo.

Il caso più emblematico è quello che balza all’occhio nel primo tratto di via Borgo Palazzo, tra l’incrocio con via Camozzi e piazza Sant’Anna: in appena trecento metri di strada le serrande abbassate sono quasi una ventina, tra i locali che da anni non trovano una nuova vita e quelli che si sono svuotati solo di recente. I dati raccontano di un nuovo arretramento del numero dei negozi di vicinato in città; una situazione che si percepisce un po’ ovunque, soprattutto nei borghi, con poche, pochissime eccezioni.

I numeri

Alla fine del 2024 le botteghe a Bergamo erano 1.428 (i dati sono di Confcommercio), a fronte delle 1.446 attive un anno prima. Il commercio di vicinato continua a perdere pezzi e chi resta molto spesso lo fa soffrendo una situazione sempre più difficile. Negli ultimi 12 mesi le chiusure (89) hanno superato le aperture (71): c’è meno voglia di scommettere e chi chiude molto spesso lo fa perché, in famiglia o tra i possibili acquirenti, non trova nessuno che intenda prendere in mano la bottega.

a Pignolo a via Masone, da Borgo San Leonardo a Borgo Palazzo, i quartieri storici stanno cambiando pelle; con essi anche le merceologie: meno botteghe e più esercizi pubblici, più negozi etnici e di servizi e meno commercio di vicinato tradizionale

Le storie dei commercianti raccontano ancora meglio dei numeri una sofferenza di tutto il settore che dalla grande crisi finanziaria del 2009 fino a oggi – passando per il Covid – non ha più conosciuto anni di vera ripresa economica. I borghi si spopolano, il caro affitti costringe i commercianti a rivedere i loro piani, il boom delle case vacanze allontana i residenti e i negozi di vicinato perdono così una parte importante della loro funzione e della loro clientela. Da Pignolo a via Masone, da Borgo San Leonardo a Borgo Palazzo, i quartieri storici stanno cambiando pelle; con essi anche le merceologie: meno botteghe e più esercizi pubblici, più negozi etnici e di servizi e meno commercio di vicinato tradizionale. Con una sola eccezione, quella di Borgo Santa Caterina, dove invece il tempo sembra essersi fermato.

Negli ultimi 12 mesi le chiusure (89) hanno superato le aperture (71): c’è meno voglia di scommettere e chi chiude molto spesso lo fa perché, in famiglia o tra i possibili acquirenti, non trova nessuno che intenda prendere in mano la bottega

Le associazioni di categoria

Il puzzle è complesso anche per le associazioni di categoria: «Dopo il Covid si registra una mobilità esasperata che, anche a causa dell’aumento del traffico, diventato un deterrente per fare la spesa in centro per via dei tanti cantieri molto pesanti, porta le persone a uscire dalla città e a rifornirsi fuori», spiega Oscar Fusini, direttore di Confcommercio Bergamo. Traffico chiama traffico insomma, e tutto in direzione, ancora una volta, delle medie strutture di vendita. «Un circolo vizioso», dice Fusini, che però si può interrompere: «Bisognerebbe partire dalla modifica della legge quadro sulle strutture di media superficie: basta con il guadagno di tutti, proprietari delle aree, costruttori e amministrazioni, dove a perdere sono i cittadini che si trovano solo più traffico, più inquinamento, e meno negozi di prossimità». La sofferenza di questo o quel borgo «evidenza la fragilità tipica di alcune aree urbane che, pur essendo a ridosso del centro storico, soffrono la mancanza di connessione con i principali flussi commerciali e turistici», dice Filippo Caselli, direttore di Confesercenti Bergamo, per il quale complice la crescita dei centri commerciali si è creata «una geografia dei consumi che penalizza gli esercizi di vicinato». La dinamica si può invertire solo innescando «piccoli processi di riqualificazione urbana che rendano questi spazi più attrattivi e integrati ai flussi principali».

Più servizi e beni per la persona

In Borgo Palazzo resistono 68 negozi di vicinato, molti dei quali sono concentrati nella zona di piazza Sant’Anna e nei dintorni di viale Pirovano. La parte alta è quella che soffre di più ed è anche il tratto dov’è concentrato il maggior numero di strutture d’accoglienza (ne abbiamo contate 23). «Si sono aperti progressivamente sempre più servizi e beni per la persona – ragiona Domenico Giordano, presidente delle Botteghe di quartiere –. Chiusi i negozi storici, non c’è più un ricambio commerciale, perché non c’è la propensione ad aprire nuove attività. Questo è il vero problema, perché con il passare del tempo s’impoverisce il tessuto commerciale». Serve un cambio di passo, un’inversione di tendenza: «Bisognerebbe, anche da parte delle istituzioni pubbliche, investire sul sostegno all’artigianato e alla residenzialità – continua Giordano –. La concorrenza non aiuta e in campo residenziale c’è una sacca di speculazione dovuta anche al fatto che la zona è molto appetibile per i turisti, perché non distante da Città Alta. Si dovrebbe fare in modo di evitare che determinate attività crescano in maniera incontrollata».

Il cambiamento di Borgo San Leonardo

Borgo San Leonardo, nel cuore pulsante della città, è tra quelli che ha cambiato maggiormente pelle negli ultimi anni, al punto che iniziano a passare di mano anche le prime insegne di prodotti etnici. Il turnover non risparmia nessuno: sotto i portici di via San Bernardino la metà delle serrande sono abbassate, in via Moroni entro marzo chiuderà L’Iride Ottica, uno dei negozi storici del quartiere: «Sono qui dal 1988 – racconta –. Lascerò dopo 50 anni di lavoro e mi dispiace. Purtroppo però non trovo nessuno che sia disposto a ritirare l’attività; i giovani non vogliono responsabilità. Così, se sarò costretto a interrompere l’attività, regalerò il mio magazzino fatto di occhiali, accessori e strumentazioni ad alcuni medici che prestano il loro servizio negli ospedali dell’Africa».

«Servono più incentivi»

Uno sguardo generale sullo stato di salute dei negozi di vicinato prova a fornirlo Luca Bonicelli, presidente di gastronomi e salumieri di Confcommercio: «La disaffezione dei clienti è dovuta a tanti fattori – dice –. La riuscita dei negozi è legata al passaggio e alla presenza di servizi e istituzioni. Tanti quartieri si ripopolano solo la sera e le persone preferiscono fare la spesa fermandosi ai supermercati, dove trovano più parcheggio o nei “parchi commerciali”, dove c’è di tutto, spostandosi in auto da un negozio all’altro. I Comuni dovrebbero incentivare di più le aperture e il sostentamento delle attività commerciali, che rappresentano anche un punto luce di sicurezza e di ritrovo, che però sta venendo sempre meno». E questo è un problema diffuso: «Le insegne non sono sufficienti, bisogna dare più sicurezza – dice ancora Bonicelli –. Tanti colleghi sono preoccupati. Dopodiché, sta cambiando anche la domanda: oggi aprono tanti esercizi pubblici, anche in ragione dell’aumento del turismo. Insomma, bisognerebbe sedersi a un tavolo per iniziare a ragionare su un’idea comune».

L’eccezione di Borgo Santa Caterina

Eccezione in uno dei borghi più antichi del capoluogo, dove passeggiando per la via si vedono a ogni ora persone che camminano portandosi dietro trolley e sacchetti della spesa. Proprio come in un supermercato.

Il Borgo d’oro è senz’altro quello che in città concentra il più alto numero di botteghe in minor spazio

I numeri dell’offerta, del resto, parlano chiaro: nella sola via Borgo Santa Caterina «resistono» 40 negozi di vicinato (e c’è pure un piccolo supermarket all’incrocio con piazzale Oberdan); ce n’è abbastanza per trovare tutto quel che serve, e pure per scegliere: con le sue tre macellerie (una delle quali offre soprattutto prodotti di gastronomia), i tre fruttivendoli e le due panetterie, il Borgo d’oro è senz’altro quello che in città concentra il più alto numero di botteghe in minor spazio. E si contano anche ben tre librerie (quasi come in via XX Settembre, abbracciando però anche largo Rezzara), un ciabattino, una sartoria, la lavanderia, il parrucchiere e un persino un restauratore di mobili. Ha chiuso di recente l’ultimo tappezziere, ma quella vetrina a due passi dalla farmacia è una delle poche che si vedono chiuse.

«Il borgo è ancora molto richiesto per lavorare – spiega Ettore Coffetti, macellaio, anche lui da una vita in Santa Caterina –. Qui si viene volentieri e si vive bene; la gente lo trova bello, anche per le passeggiate del sabato pomeriggio. Ed è un quartiere anche a misura di ragazzi». E poi ci sono le botteghe, merce rara per i residenti: «Ci conosciamo tutti – racconta Coffetti –, sia tra colleghi che con i clienti. Conosciamo i loro gusti, possiamo consigliarli e vediamo sempre più spesso che si fermano anche per la strada a parlare. Ormai con molti di loro c’è anche un rapporto di amicizia».

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