Bimba siriana ferita da una bomba
Salvata a Bergamo dalla tecnologia in 3D

L’innovativa strumentazione acquistata grazie alla donazione della Fondazione Ubi. La piccola aveva una scheggia conficcata nei polmoni.

Stava giocando nel cortile di casa, a Idlib, in Siria: un boato improvviso, le bombe, e lei è finita a terra, in un lago di sangue, ferita, con una scheggia conficcata nei polmoni. Era il 2012, a quell’epoca Shaymaa aveva solo 5 anni. La mamma Shifak e il papà Omar la portarono di corsa in ospedale: «Il medico le incise un fianco: aveva l’addome gonfio di sangue per una emorragia interna – spiega la mamma –: Siamo poi andati in un ospedale vicino ad Aleppo, dovevano operarla, ma le bombe hanno distrutto anche l’ospedale. Abbiamo peregrinato in campi profughi, fino a essere salvati in Italia, e solo adesso grazie all’intervento all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e siamo grati di questo a tutti i medici e infermieri e alle associazioni che ci hanno aiutato, la mia piccola è fuori pericolo».

Le traversie

Shaymaa oggi ha 13 anni e frequenta la seconda media a Caravaggio, dove vive con altri tre fratelli e i genitori, ora tutti con lo status di rifugiati riconosciuto: «Ho una vita nuova, grazie all’operazione», racconta. La ragazzina siriana è stata una delle prime pazienti a essere operata con l’ausilio di una colonna chirurgica con tecnologia 3D, per interventi pediatrici in laparoscopia e toracoscopia: per l’acquisto della strumentazione è stato determinante il contributo di 20 mila euro arrivato dalla Fondazione Ubi Banca Popolare di Bergamo al Comitato per il Dipartimento di Chirurgia Pediatrica onlus. La strumentazione, ottenuta anche grazie ad altri benefattori - l’investimento complessivo è di oltre 80 mila euro - è diventata operativa a giugno, perché l’emergenza della pandemia Covid ha inevitabilmente rallentato le procedure di acquisizione.

Il corridoio umanitario

E proprio allo scoppio della pandemia Shaymaa era appena approdata in Italia, a Caravaggio, con la sua famiglia: lo spiraglio per uscire dall’inferno siriano e dei campi profughi si è aperto dopo lunghe attese. «Nel 2013, Shaymaa e la sua famiglia si sono spostati in un campo profughi in Libano. Lì li ho incontrati io, durante una spedizione come volontaria – spiega l’interprete Elona Aliko, albanese, da 20 anni in Bergamasca, e da sempre impegnata nel volontariato – .Shaymaa è stata portata in un ospedale anche in Libano, le avevano detto che andava operata, ma la famiglia non aveva soldi: in Libano la sanità è a pagamento». Da lì, la famiglia di Shaymaa ha cercato, attraverso le associazioni di volontariato, in particolare la Giovanni XXIII, di arrivare in Italia, per curare la piccola e anche il papà che aveva riportato gravi traumi dalla guerra in patria. Per avere l’ok dell’Unhcr all’accesso a un corridoio umanitario la famiglia siriana ha dovuto attendere 2 anni: alla fine, solo l’inverno scorso è scattata l’operazione, sotto l’egida della Comunità di Sant’Egidio, della Chiesa Valdese, della Caritas, della Congregazione delle Chiese evangeliche. Un ruolo fondamentale, per l’accoglienza, è stato giocato da don Angelo Lanzeni, parroco di Caravaggio. «Abbiamo costituito un comitato, con il contributo di varie associazioni di volontariato, con la Consulta parrocchiale. E l’apporto fondamentale, per la parte sanitaria, della Croce Rossa. Ora Shaymaa e la sua famiglia posso costruirsi un futuro».

Usata per i neonati

Ed è stato il dottor Luigi Re, ora volontario della Croce Rossa, a sottoporre il caso di Shaymaa a Maurizio Cheli, direttore della Chirurgia pediatrica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «Ho visitato la piccola in piena pandemia: la scheggia andava tolta, era nell’area bronchiale e con la crescita avrebbe costituito un grosso pericolo. A giugno l’intervento, che è stato piuttosto complicato: la bimba è rimasta anche alcuni giorni in Rianimazione. Ed è stato fondamentale l’apporto di questa colonna 3d, rivoluzionaria per la chirurgia mini-invasiva. Ora la usiamo praticamente in modo quotidiano, e in questi giorni anche per interventi su neonati. È un sistema di riproduzione delle immagini intraoperatorie pediatriche ad alta definizione in 3D, di altissima tecnologia. È particolarmente utile su neonati, bambini molto piccoli e in interventi particolarmente complessi, soprattutto in campo oncologico, urologico e traumatologico. E per i piccoli pazienti significa anche un minore dolore posto operatorio e ridotti tempi di ricovero. Anche i colleghi della chirurgia per adulti vorrebbero poter avere a disposizione una strumentazione simile».

I ringraziamenti

Grande soddisfazione viene espressa da Mimma Montanelli, presidente del Comitato per il Dipartimento di Chirurgia Pediatrica onlus: «Grazie alla generosità di molti, tra cui la Fondazione Ubi, molte patologie potranno essere affrontate preservando il più possibile il benessere dei bambini». E altrettanta da Armando Santus, presidente della Fondazione: «Il nostro contributo rende concreto l’impegno che ci anima per la promozione e la tutela della salute sul territorio». Un grazie di cuore arriva da Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII: «L’acquisto di una tecnologia così importante è un grande aiuto per l’attività chirurgica sui nostri pazienti più piccoli. Quella pediatrica è una vocazione storica per l’ospedale di Bergamo»

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